Dopo l'allarme sicurezza lanciato da cittadini, Comune di Genova apre ad un tavolo di lavoro con Regione, Cociv e comitati per aggiornare i requisiti della cava Pian di Carlo. A sei mesi dall'inizio dei nuovi conferimenti di materiale proveniente dagli scavi del Terzo Valico, la speranza è che non sia troppo tardi
La cava Pian di Carlo da qualche mese è diventata sede temporanea di conferimento dello smarino del Terzo Valico. Decine di mezzi pesanti ogni giorno attraversano Pegli e la Val Varenna per raggiungere il sito, tra la preoccupazione degli abitanti che chiedono chiarezza sulla sicurezza del sito e sulla tipologia di materiale scaricato. Il Comune di Genova prova a correre ai ripari, impegnandosi ad organizzare un tavolo di confronto con Regione Liguria, Municipio, Cociv e proprietà per mitigare rischi e disagi e, soprattutto, per rispondere ai comitati territoriali.
Da molto tempo i cittadini denunciano la pericolosità di questa cava, “cresciuta” negli anni mangiandosi parte dell’alveo del torrente Varenna: attiva già dal 1997, con la giunta regionale Biasotti diventa una delle discariche per le terre di scavo dei lavori pubblici e non, per un totale di 900 mila metri cubi di materiale. Nel 2015 è inserita nel “Piano Cave” per gli scavi del Terzo Valico, approvato da Regione Liguria: ad oggi si sono aggiunti circa 400 mila metri cubi di smarino proveniente dai cantieri della Val Polcevera. Un milione e 200 mila metri cubi di materiale, quindi, che incombono sul torrente: «Una bomba ad orologeria – denunciano alcuni cittadini ai consiglieri durante il sopralluogo della commissione Territorio del Consiglio Comunale di Genova – oggi non esistono certificazioni che il “piede” della cava Pian di Carlo, che insiste sull’alveo del Varenna, sia capace di reggere il nuovo carico durante una eventuale piena». Una eventualità non così remota: ancora vivi i ricordi dei danni dell’alluvione del 1993 (che provocarono in valle la morte di due persone), del 2011 e 2014: se la struttura cedesse, una montagna di fango e detriti si riverserebbe nel torrente, mettendo a rischio le abitazioni e tutta la delegazione di Pegli. «Ad oggi la cava è a norma – risponde il vice sindaco Stefano Bernini – secondo l’autorizzazione regionale, ma la concessione scadrà a fine dicembre. Per rinnovarla dovranno essere fatte nuove perizie e nuove certificazioni da parte dei geologi».
Per raggiungere la cava Pian di Carlo, i camion devono attraversare un guado sul Varenna, costruito in maniera provvisoria anni fa, non transitabile in caso di piena. Questa passerella, però, è anche l’unico accesso per alcune abitazioni sul versante ovest della vallata: «L’idea è quella di imporre a Cociv la costruzione, come onere, di un ponte vero e proprio che risolva per sempre la questione – dichiara Mauro Avvenente, presidente del Municipio VII – anche perché l’autorizzazione per utilizzare quel guado è in scadenza e questa opera può essere inserita come propedeutica per il rinnovo». La questione però principale rimane la viabilità della valle: da diversi mesi, infatti, ogni giorno decine di camion fanno spola tra cantieri e cava, appesantendo in maniera notevole il traffico e degradando la sede stradale: «Ad oggi non abbiamo una quantificazione precisa – spiega Avvenente – e le telecamere che il Comune aveva predisposto non si possono utilizzare perché secondo il ministero il luogo non è omologato. Dobbiamo capire quale è la misura massima di sopportazione e arrivare al tavolo con un dato certo e non trattabile». Un problema che riguarda anche Pegli: i “quattro assi”, infatti, passano attraverso l’abitato della delegazione, con non pochi disagi e rischi per le persone.
Diversi cittadini in passato hanno denunciato viaggi notturni sospetti di camion diretti alla cava Pian di Carlo: alcuni abitanti della zona hanno più volte assistito al passaggio di mezzi che, a luci spende, andavano a scaricare a Pian di Carlo il contenuto del loro carico. Un atteggiamento decisamente sospetto che getta pensanti ombre sull’origine di alcuni materiali finiti in discarica, soprattutto se si pensa al rischio idrogeologico e al fatto che, stando ai progetti, la Gronda di Ponente passerà proprio in questa cava, la cui attività estrattiva fu fermata decenni fa poiché la roccia era, ed è, ricca di fibre di amianto. «Abbiamo chiesto che vengano fatti dei carotaggi per vedere cosa è stato interrato – spiegano alcuni abitanti – ma non abbiamo ancora avuto risposte». È lo stesso vicesindaco Stefano Bernini a replicare: «I carotaggi sono stati eseguiti e i risultati sono in fase di elaborazione da parte degli uffici tecnici, sicuramente le nuove autorizzazioni dovranno passare anche da questi risultati».
Con la solita lentezza strutturale alla “cosa pubblica”, quindi, si sta lavorando per garantire la sicurezza della Val Varenna e di Pegli. Le questioni tecniche sul tavolo sono molte e decisamente impattanti, e si spera che i nodi vengano sciolti nel più breve tempo possibile, prima che sia troppo tardi. Rimane il dato politico: quando si tratta di grandi opere e grandi affari (e relativa grande fretta), le verifiche per la tutela dei territori e delle persone sono troppo spesso fatte “in corso d’opera” e mai ex ante, approfittando delle labirintiche pieghe della burocrazia italica. Non tutto, però, è reversibile e correggibile, e la Politica dovrebbe saperlo. Dovrebbe.
Nicola Giordanella