Il comitato, ricevute le chiavi dall'amministrazione nell'ambito dell'accordo di programma, è al lavoro da mesi per la pulizia dei 27mila metri quadrati di serre e orti urbani in pieno centro, alle spalle dell'Albergo dei Poveri. Arriva così la prima apertura al pubblico, il sogno dei cittadini diventa realtà
Valletta Carbonara, anche conosciuta come Valletta San Nicola, riapre le porte al pubblico. Solo per mezza giornata, sabato 23 maggio dalle ore 10 alle ore 15, i cittadini potranno vedere da vicino e toccare con mano il prezioso lavoro che i volontari del comitato “Le Serre” stanno realizzando negli spazi alle spalle dell’Albergo dei Poveri che, finalmente, il Comune ha reso accessibili. Dopo aver ricevuto le chiavi dall’amministrazione, una sessantina di volontari, quasi tutti abitanti tra San Nicola e Castelletto, ha dato vita a un intenso lavoro di pulizia e di rimessa in sesto dell’area. «Quello che vedranno i genovesi – ci racconta il portavoce del comitato, Franco Montagnani, che continua a ramazzare anche mentre parla con noi – è senza dubbio un cantiere aperto ma una valletta finalmente accessibile, pulita da una quantità immane di rifiuti e, in buona parte, potata». Quello di sabato sarà soprattutto un evento simbolico, a meno di due mesi dall’ingresso dell’associazione nelle terrazze ai piedi dei giardini Pellizzari di corso Firenze: nessuno è mai entrato in maniera così libera tra i viali della Valletta, quasi sempre osservata dall’alto. «I lavori – prosegue Montagnani – dureranno per tutto l’anno ma siamo arrivati a un punto tale da poter iniziare la prima semina nelle aiuole di prodotti orticoli e fiori».
Antica sede delle serre comunali, la Valletta torna a piccoli passi alla sua vocazione originaria dato che il nuovo Piano urbanistico ne conferma la destinazione agricola e a verde pubblico, mettendo definitivamente fine alle mire espansionistiche del settore edilizio che, con i passati cicli amministrativi, puntava a realizzare un silos di parcheggi e, probabilmente, anche nuove abitazioni.
L’intera area (circa 27 mila metri quadrati), di proprietà dell’Istituto Brignole, è in affitto al Comune di Genova fin dal 1970. Nel 2001 l’amministrazione ricevette una lettera di sfratto ma non abbandonò mai definitivamente l’area, dando vita a un contenzioso di non semplice soluzione, considerando anche che il Brignole è stato messo in liquidazione dalla Regione a fine 2012. Per il momento, in attesa di una soluzione del pregresso, un nuovo accordo siglato a fine 2014 lascia le chiavi in mano a Tursi fino al 31 dicembre 2015, per 40 mila euro all’anno. Ma che cosa succederà dal primo gennaio? «Le rispondo come farebbe un allenatore – sorride Montagnani – e cioè vediamo come va il campionato. È ancora troppo presto: noi cerchiamo di fare bella figura e raggiungere gli obiettivi dell’accordo, poi vedremo. Non credo ci saranno mai i presupposti per mandarci via, anche perché vorremmo creare una vera e propria rete fruttuosa con altre associazioni interessate alla valletta. Vorremmo evitare i soliti bandi fratricidi ma dare vita a un’opera collettiva».
«Due sono le strade percorribili – ricorda il vicesindaco, Stefano Bernini – o sigliamo un nuovo contratto di locazione con la Regione o procederemo all’acquisto del diritto di superficie per un arco di tempo il più lungo possibile. Si tratta solo di capire quale sia la strada migliore e su cui si riuscirà a trovare l’accordo più vantaggioso ma il contrasto con i proprietari dell’area si può considerare rientrato».
La speranza dei cittadini è di veder nascere un piccolo polmone verde pubblico a gestione partecipata, un nuovo luogo di aggregazione sociale che dia spazio ad attività ricreative, didattiche e turistiche, oltre naturalmente alla produzione floro-orticola-vivaistica. «Secondo la convenzione – entra più nel dettaglio Montagnani – al momento abbiamo a disposizione solo l’anello superiore della Valletta che comprende le cinque serre più grandi». La restante parte, quella più a ridosso dell’Albergo dei Poveri, è ancora in stato di abbandono. «Solo dopo aver messo a pieno regime la prima parte, potremo allargare l’attività a tutta la Valletta, come d’altronde previsto dal nostro progetto». Un progetto che, sostanzialmente, potrebbe essere suddiviso in tre fasi: pulizia, preparazione del terreno e inizio coltivazione, lancio delle attività a carattere sociale. «Dopo esserci dedicati alla ripresa della parte botanica – sottolinea il portavoce del comitato Le Serre – passeremo all’organizzazione di eventi, compreso un grande festival sul tema della valorizzazione del verde e dei beni pubblici che ospiteremo in autunno».
La prime due fasi, come visto, sono in stato piuttosto avanzato avendo superato le difficoltà più grosse: una legata alla scarsa disponibilità di terra, risolta proprio ieri con la sigla di un accordo per l’ottenimento di una parte del materiale scavato per la copertura del Bisagno, che tanto spazio ha trovato nella cronaca locale degli ultimi giorni; l’altra legata allo smaltimento dei rifiuti. «Abbiamo avuto qualche difficoltà con Amiu – ammette Montagnani – per il recupero dei rifiuti che, naturalmente, abbiamo raccolto in maniera differenziata. Ma, adesso, con l’azienda abbiamo iniziato un percorso di stretta collaborazione che speriamo ci porti a diventare il punto di riferimento per la raccolta dell’umido quando, in autunno, arriveranno i cassonetti marroni anche nel nostro quartiere».
Un po’ più complicata, invece, la realizzazione degli spazi dedicati alla terza fase, quella della socialità. «Nell’area più pianeggiante, dove in futuro dovrebbe sorgere una sorta di agorà – spiega Montagnani – è crollata la volta del rio Carbonara in seguito alle alluvioni dello scorso autunno (esattamente come la ben più famosa voragine di via Ausonia, poche centinaia di metri più in su, ndr). La zona, dunque, è stata recintata e non sarà accessibile fino al completo ripristino e messa in sicurezza». Un vero peccato perché il cantiere impedirà ai cittadini, che sabato faranno visita alla Valletta, di ammirare anche la splendida collezione di felci storiche collocata negli spazi più a sud, oltre i lavori.
Simone D’Ambrosio