La Conferenza dei sindaci dell'Asl 3 genovese, capofila il Comune di Genova, è fra le prime a partire con una nuova forma di collaborazione fra pubblico e privato nella fornitura di servizi di contrasto alla violenza di genere. Facciamo il punto
Sarà regolato da un patto di sussidiarietà il nuovo modo di rispondere alle esigenze delle donne che hanno subito violenza e dei minori che le accompagnano. Un percorso mai sperimentato prima che prevede la co-progettazione e la co-realizzazione di iniziative a sostegno della lotta alla violenza di genere. Ne abbiamo parlato con le associazioni coinvolte e con il Comune di Genova.
Dove eravamo rimasti? Su Era Superba avevamo raccontato la distribuzione dei finanziamenti 2013 e le azioni future che si erano prospettate, partendo dal presupposto che sul territorio genovese gli enti che si occupano di lotta alla violenza di genere sono più di uno e che il sistema di assegnazione di risorse (tramite bando pubblico) ad un solo ente non fosse più funzionale. Da questo punto, e dalle indicazioni che ha dato la Regione nel Testo Unico delle norme del Terzo Settore (LR 6 dicembre 2012 N 42), ripartiamo; la soluzione individuata è quella dei patti di sussidiarietà come formula per la gestione dei servizi alla persona.
Dopo la Commissione pubblica, in cui si sono incontrate associazioni e Comune, è stato emesso un avviso pubblico per l’attuazione del patto, sono stati individuati gli enti che avrebbero potuto partecipare alla co-progettazione e co-realizzazione del progetto per le azioni contro la violenza di genere (un sistema di interventi di prevenzione, informazione, consulenza e sostegno) e si è costituita una ATS (Associazione Temporanea di Scopo) fra le diverse onlus che hanno, poi, presentato un progetto alla Conferenza dei sindaci di Asl3 (che riunisce i sindaci o i loro rappresentanti dei 40 Comuni, compreso quello di Genova, che fanno parte del territorio dell’Asl3 genovese). In questo momento si sta attendendo che la Conferenza emetta un atto ufficiale, si sta preparando la delibera e, a quanto ci dicono dalla Direzione Politiche Sociali di Tursi, si sta definendo l’accordo che dovrà essere sottoscritto dal Comune stesso (come capofila della Conferenza dei sindaci di Asl3) e dal capofila dell’ATS. Questo sancirà in modo formale un patto che, tuttavia, è già sancito in maniera non formale. Il documento prevede come anticipato la progettazione congiunta di servizi a sostegno della donna maltrattata e la co-realizzazione degli stessi attraverso l’impiego congiunto di risorse umane e finanziarie da parte di pubblico e privato. Al momento non ci sono ancora i numeri ufficiali per quanto riguarda l’ammontare del finanziamento pubblico che tuttavia dovrebbe aggirarsi intorno ai 70.000 euro complessivi (quel che è certo è che il contributo non potrà superare il 70% del costo totale del progetto che arriva sino a settembre 2015). Se questa anticipazione dovesse trovare conferma, i fondi riservati al patto sarebbero inferiori rispetto a quelli che fino al 2013 venivano affidati ad una sola struttura. Ma sulle risorse a disposizione non si sbilancia Barbara Carpanini dalla Direzione Politiche Sociali del Comune di Genova «in corso d’opera si capirà meglio quali risorse economiche serviranno. Non bisogna dimenticare che in questo patto la pubblica amministrazione non mette a disposizione solo risorse economiche, ma anche alcuni locali, oltre al centro già esistente di via Mascherona (dove si trova attualmente il centro antiviolenza gestito dall’associazione il Cerchio delle Relazioni, ndr) anche alcuni spazi sul territorio comunale laddove sono stati avviati sportelli».
Le associazioni coinvolte, sono quelle che vi abbiamo già raccontato a cui si aggiungo altre due realtà. Dell’ATS, costituita ufficialmente il 29 luglio 2014, fanno parte Mignanego Società Cooperativa Sociale Onlus, Il Cerchio delle Relazioni, il Centro per non subire violenza onlus da UDI, Associazione U.D.I. Genova, l’Aurora società cooperativa sociale onlus e C.I.R.S. Genova. Aurora e CIRS avranno il compito di prendersi in carico le utenti con problemi psichiatrici. Il CIRS si occupa del reinserimento in particolare di giovani donne che si trovino in situazioni di disagio psico-sociale. La cooperativa Aurora raccoglie in sé l’esperienza di più di trent’anni di interventi sociali a favore di donne in gravi difficoltà, è nata dall’iniziativa di tre enti di volontariato tutti impegnati in questo campo (L’Ancora – il C.I.R.S. di GE.- La Tenda).
Dunque l’ATS è costituita e il progetto presentato è in attesa di firma ufficiale. Ora le associazioni che già operano tutti i giorni nella lotta alla violenza hanno un compito in più: quello di incontrarsi e cercare di trovare un modo per uniformare al meglio la raccolta dati, le pratiche, le modalità di rilevazione, le schede anagrafiche. «Si vuole cercare una metodologia comune di lavoro, una sinergia fra i diversi soggetti», racconta Paola Campi del Centro Pandora seguita a ruota da Olmi del Centro per non subire violenza «definire tutti gli aspetti “tecnici” per avere una metodologia comune fermo restando la specificita’ di ogni centro. In questo modo si eviteranno sempre più sprechi di risorse sia umane che economiche». Oltre al lavoro sui centri ricordiamo che dell’ATS fanno parte CIRS e L’Aurora che nel progetto (che speriamo presto di leggere per esteso) si occuperanno di sostegno psichiatrico, ma non solo. È stata infatti ipotizzata la creazione di un punto di ascolto per il maltrattante in modo da agire anche in questo senso per contrastare la violenza di genere. Il progetto prevede per il 2014 la formazione di personale per l’attuazione. C’è poi l’UDI (che quest’anno festeggia i 70 anni di attività) che si occuperà di una serie di iniziative di tipo culturale e informativo soprattutto con incontri nelle scuole.
Insomma da quello che ci è sembrato di capire le risorse umane ed economiche disponibili per questo primo patto permettono per il momento di concentrarsi principalmente su due aspetti: una fase di raccolta dello status quo insieme all’uniformazione dei dati e la formazione di due nuove risorse per il maltrattante. «Stiamo già lavorando e raccogliendo spunti, emergono spontaneamente altre attività e servizi che avranno bisogno di una futura programmazione per un nuovo patto», chiosa Carpanini.
È ancora presto per dare giudizi su questo ambizioso progetto, lo affermano anche associazioni e Comune. La strada sembra quella giusta, l’importanza di fare rete e sistema e di dare nuova linfa e organizzazione alla lotta alla violenza di genere è fuori discussione. Il percorso intrapreso tuttavia è in salita, le risorse finanziarie restano le medesime degli anni passati (o addirittura si riducono) mentre le realtà coinvolte aumentano, basta questa affermazione per capire che qualche cosa non torna. Il sospetto è che il contributo del 30% chiesto alle associazioni potrebbe rivelarsi troppo oneroso in risorse umane ed economiche. Staremo a vedere.
Claudia Dani