I due candidati in corsa per Palazzo Tursi non hanno ancora firmato la carta di impegni per l'acqua pubblica
Un mese fa il comitato Acqua Bene Comune sottopose a tutti i candidati una carta di impegni per l’acqua pubblica, accolta con entusiasmo da molti. Oggi, a distanza di pochi giorni dal ballottaggio, i cittadini impegnati nel richiedere a gran voce il rispetto dell’esito del referendum, lanciano l’ultimo appello ai due candidati in corsa per Palazzo Tursi che, a differenza di altri, non hanno ancora firmato la carta.
«Cogliamo quindi l’ultima occasione per chiarire alcuni aspetti e chiediamo pubblicamente ai professori Doria e Musso di pronunciarsi su un tema tanto rilevante per la nostra città – scrive il Comitato – Gli elettori che domenica andranno alle urne sono gli stessi che un anno fa votarono i referendum e oggi pretendono il rispetto del loro voto. Per inciso, l’anno scorso al referendum votarono 30.000 genovesi in più rispetto a queste comunali, un 6% in più che dovrebbe far riflettere, e molto, i candidati».
«Innanzitutto vogliamo chiarire che gli impegni richiesti non sono certo per avere “tutto subito” – sottolinea Acqua Bene Comune – sappiamo che alcuni obiettivi sono lunghi da raggiungere, ma non per questo possiamo sentirci dire “No, perché non ci sono i soldi…” oppure l’ormai superato e ideologico “Il privato è meglio”».
«Non è detto che per rientrare in possesso delle dighe si debba per forza pagarle, non è detto poi che nel caso si debbano pagare così tanto – sottolinea il comitato – Non è detto che il privato sia più efficiente (sappiamo ormai, dati facilmente reperibili in rete, che anni di privatizzazione del servizio idrico hanno prodotto enormi aumenti delle bollette senza un corrispondente miglioramento del servizio). Non è vero che per togliere la remunerazione del capitale, che pesa il 22% sulla bolletta, si debba aspettare una nuova legge nazionale. Non è vero che le fusioni societarie portano vantaggi ai comuni (vedi i debiti di Iren, la perdita di valore delle azioni, i dividendi dimezzati, la perdita di controllo sulla società)…».
«Insomma, non pretendiamo che lunedì prossimo come primo atto il sindaco di Genova riacquisti le dighe vendute nel 2003 e faccia risorgere la vecchia AMGA al posto di Mediterranea delle Acque. Sappiamo che questi sono obiettivi a medio o lungo termine, pertanto noi chiediamo semplicemente una rassicurazione sul fatto che si voglia iniziare un percorso per arrivare agli obiettivi che gli italiani hanno votato col referendum. Dire “NO” senza neppure verificare approfonditamente le fattibilità ci pare poco intelligente, così come dire “NO” in contrapposizione alla volontà degli italiani ci pare arrogante».
«L’istanza di partecipazione della società civile attiva è stata un segnale di speranza in questo ultimo anno, questa voglia dei cittadini di impegnarsi ci potrà salvare dalla crisi più di qualsiasi manovra finanziaria. Anche la gestione pubblica dell’acqua che noi proponiamo deve prevedere la partecipazione della cittadinanza, che aiuti i politici nel vigilare sulla correttezza dell’operato delle società e delle persone. E la trasparenza va messa in pratica rendendo facilmente disponibili ai cittadini tutte le informazioni».
Infine il comitato espone alcune questioni su cui vorrebbe sentire una risposta: «Quali strumenti di partecipazione quindi i candidati intendono adottare nel loro mandato? I consigli comunali come saranno “partecipati”? E le commissioni? Nelle società partecipate come verranno gestite trasparenza e partecipazione?».
Se i candidati non avranno il coraggio di slegarsi davvero dagli interessi economici forti e di partito, per sposare l’interesse esclusivo dei cittadini, ebbene, chiunque vinca sarà sempre una vittoria a metà, con troppo pochi che voteranno, molti dei quali senza convinzione – conclude Acqua Bene Comune – Entro sabato invece, in seguito alle loro risposte, vorremmo poter dire “Vinca il migliore!” e non “Vinca il meno peggio”».