I lavori del terzo lotto per la messa in sicurezza del Bisagno saranno inaugurati dalla demolizione della passerella sopraelevata, da anni in disuso. La struttura però difficilmente sarà riutilizzabile: vincoli e manutenzioni sono scogli insormontabili
Inizialmente prevista alla fine dei lavori per la messa in sicurezza del Bisagno, la demolizione della “caratteristica” passerella sopraelevata, conosciuta come il “Bruco” di Corte Lambruschini è stata anticipata ai prossimi giorni. La scelta è stata fortemente voluta dal presidente di Regione Liguria Giovanni Toti, in qualità di commissario delegato per l’emergenza, che in questo modo ha voluto fare un “regalo” alla città: «Smantellare quest’opera di “modernariato” – ha dichiarato il governatore – è un passaggio molto importante, perché da un lato è funzionale ai cantieri di messa in sicurezza del Bisagno ma soprattutto è un segno tangibile che le cose stanno cambiando, a Genova e in Liguria». I lavori si svolgeranno in due momenti: tra l’una e le 14 di domenica 11 dicembre verrà atterrata la campata di levante, mentre quella di ponente tra le 21 di lunedì 12 e le 6 di martedì 13, con conseguenti modifiche alla viabilità. «I disagi dovrebbero essere abbastanza contenuti – spiega l’assessore alla viabilità del Comune di Genova Anna Maria Dagnino – mentre in veri disagi si verificheranno quando i lavori del terzo lotto interesseranno il nodo viario di piazza delle Americhe. L’amministrazione sta già lavorando ad un piano per mitigare il più possibile le criticità».
L’assessore al Lavori Pubblici del Comune di Genova, Giovanni Crivello, a margine della presentazione dei lavori ha espresso, invece, forti perplessità riguardo la possibilità di riutilizzare in qualche modo la struttura, gelando i molti progetti che da qualche mese ipotizzavano una “conversione d’uso” del “Bruco”, tra i quali quello di utilizzarlo come ponte pedonale: «Le condizioni della passerella sono pessime – ha affermato – e bisogna fare i conti con i piani di bacino e le norme di sicurezza vigenti, non è solo questione di prendere e spostare».
Pochi giorni ancora, quindi, è i genovesi non vedranno più la verde struttura attraversare il cielo di via Luca D’Aosta: «Un esempio di come la politica possa agire rapidamente – ha aggiunto Toti – facendo funzionare in sinergia istituzioni e aziende». Rimangono invece invariati i dettagli dei lavori per il terzo lotto della messa in sicurezza della parte terminale del Bisagno: il lavori, oggi nelle fasi preliminari, termineranno tra maggio e luglio 2020, mentre quelli del secondo lotto, si chiuderanno il prossimo autunno. «L’amministrazione comunale – ha sottolineato Giovanni Crivello – nel frattempo sistemerà anche i sottopassi di Cadorna e i giardini di Brignole, sostenendo una spesa di 400 mila euro, per restituire alla cittadinanza una parte importante della città». Un tempo piazza d’arme, nella Genova di inizio ventesimo secolo, oggi i giardini di Brignole sono infatti una macchia nera nel tessuto urbanistico genovese, da anni sospesi tra cantieri e trascuratezze varie, nonostante siano uno dei primi biglietti da visita per chi arriva nel capoluogo ligure passando dalla stazione ferroviaria di Brignole. La copertura del Bisagno, però, non è l’unico intervento di messa in sicurezza che si sta facendo nell’area: anche l’autosilos interrato di Corte Lambruschini, che venne completamente sommerso nel 2011 e nel 2014, è in fase di assestamento: «In questo caso l’intervento è a carico della proprietà – ha specificato l’assessore – ma l’amministrazione ha più volte effettuato dei sopralluoghi di verifica e continua a supervisionare i lavori»
Tutti sono d’accordo a vedere nel “Bruco” un simbolo del degrado: una struttura abbandonata a se stessa, ridotta ad un blocco di ruggine e plastica rotta, ricovero di fortuna per chi non ha un tetto sotto cui dormire. Pochi però provano a ragionare come questa sia un’opera figlia di scelte urbanistiche forse sbagliate: tra gli anni ottanta e novanta, l’economia genovese era in crisi da anni, e si puntò sullo sviluppo del terziario, investendo nella costruzione di grandi quartieri dirigenziali, come San Benigno e Corte Lambruschini, quest’ultima edificata su terreno privato, a due passi da uno dei torrenti più pericolosi del paese. Il “Bruco”, nei progetti, avrebbe servito ogni giorno 20 mila persone, collegandosi direttamente con i binari della stazione. Ne venne realizzata solo una parte la cui manutenzione, inizialmente a carico di privati, finì sul groppone del “pubblico”, che in mancanza di risorse, trascurò l’onerosa manutenzione, arrivando a chiudere l’infrastruttura, senza peraltro che la cosa infastidisse nessuno. Non un simbolo, quindi, ma un vero e proprio monumento al degrado della gestione degli spazi della città la cui rimozione non dovrà cancellarne la memoria.
Nicola Giordanella