Per realizzare il cortile la cooperativa Il Rastrello ha lavorato 6 mesi e sono stati impiegati anche i detenuti
Nel carcere di Pontedecimo il progetto di area giochi per bambini e spazio colloqui fra genitori-detenuti e figli, grazie alla collaborazione fra amministrazione penitenziaria, Provincia di Genova e la Cooperativa sociale Il Rastrello, si è trasformato in realtà.
“L’iniziativa – racconta Milò Bertolotto, Assessore della Provincia di Genova con delega alle carceri – è nata grazie a una coraggiosa idea del direttore della casa circondariale di Pontedecimo, la dott.ssa Maria Milano, che in precedenza aveva rivestito il medesimo ruolo presso il carcere di Chiavari dove già nel 2008 realizzò la prima area verde all’interno di un penitenziario ligure.
“E’ importante – continua l’assessore – dare la possibilità ai detenuti di incontrare i propri parenti, in particolare i figli, al di fuori della classica sala colloqui. Alcuni di loro manifestano notevoli difficoltà nell’incontrare i congiunti in carcere e di conseguenza spesso scelgono addirittura di non incontrarli”.
“È un progetto che mira ad allentare le tensioni e migliorare le condizioni delle vittime incolpevoli come i bambini figli di detenuti e gli anziani genitori dei reclusi”, aggiunge Maria Milano, direttore del carcere di Pontedecimo e ideatrice dell’iniziativa.
La realizzazione dei lavori ha previsto la collaborazione di 5 detenuti, individuati dall’amministrazione carceraria, inseriti attraverso progetti formativi di borsa lavoro finanziati dalla Provincia e affiancati da operatori specializzati della Cooperativa Il Rastrello che ha seguito la loro formazione professionale nell’uso delle attrezzature e nell’esecuzione delle varie operazioni.
“Tutto è partito da un lavoro di potatura all’interno del carcere che la cooperativa stava svolgendo – spiega Lorenzo Monteverde, responsabile tecnico della Cooperativa sociale Il Rastrello – è nata così una collaborazione che ha portato all’individuazione del progetto”. Parliamo di un’area verde di circa 200 metri quadrati, precedentemente individuata dalla direzione del carcere e resa fruibile all’attività ludica dei bambini e per i colloqui con i famigliari. Una superficie che è stato necessario livellare con la realizzazione di un’opera di contenimento del terreno mediante sistemi di ingegneria naturalistica quali palizzate e palificate in legno di castagno. E poi la sistemazione del manto erboso e la piantumazione di alcuni cespugli e arbusti di oleandro a completare l’aspetto estetico.
“Considerando anche le attività di manutenzione, per concludere l’area sono stati necessari 6 mesi di lavoro – continua Lorenzo Monteverde – Ma sfruttando l’occasione, grazie alla formazione di 5 professionalità, si è pensato di impiegare i detenuti per ripulire tutta la vasta superficie verde della casa circondariale, circa 30 mila metri quadrati. Operazioni di raccolta, sfalcio e decespugliamento, lavori che per mancanze di risorse venivano procrastinati nel tempo e che finalmente sono stati eseguiti”.
Ma quali risultati si ottengono a livello individuale e collettivo promuovendo esperienze di questo genere?
“Questa esperienza ha indubbiamente generato nei 5 partecipanti un beneficio psicologico. Ma soprattutto ne hanno ricavato un benessere a livello fisico grazie all’impegno profuso nelle ore lavorative – racconta Roberto Perugi, presidente Cooperativa sociale Il Rastrello – Ma ci sono stati riscontri positivi anche nell’intero universo carcerario. La creazione di un opportunità per alcuni di loro, la prospettiva di migliorare le proprie condizioni detentive è vissuta positivamente da tutti i carcerati”.
Uno dei 5 lavoratori che ha dimostrato di aver acquisito una buona professionalità a breve verrà inserito nella cooperativa con un normale contratto e lavorerà presso le aree verdi dell’ospedale San Martino, grazie all’applicazione dell’articolo 21 che consente al detenuto di lavorare di giorno e far rientro in carcere la sera.
Ma purtroppo non sono tutte rose e fiori.
“Per realizzare progetti simili ci vuole la forza di volontà di persone come la dott.ssa Milano – continua Roberto Perugi – Ci si scontra con l’eccessiva rigidità delle regole mentre forse sarebbe necessaria maggiore flessibilità. Per il futuro stiamo preparando altri due progetti in collaborazione con il carcere di Pontedecimo e grazie alla conoscenza reciproca ci auguriamo di superare tutti gli ostacoli”.
“Il problema è garantire la vigilanza, si tratta di un servizio in più che vista la carenza di personale e le ristrettezze economiche attuali è difficile fornire – conclude Maria Milano – Infatti non sappiamo ancora quando l’area verde sarà inaugurata. Mancano i tavolini e i giochi per i bambini. Le risorse economiche sono insufficienti. Siamo alla ricerca di fondi o sponsorizzazioni per poter sistemare gli ultimi arredi e consegnare ai detenuti questo spazio”.
Matteo Quadrone