Si è svolto a Santa Margherita il 42° Convegno dei Giovani Industriali; un'occasione di confronto tra imprenditori, politici e ministri economici del Governo Monti per parlare di crescita economica e di riforme
Colpisce immediatamente il logo scelto dai Giovani di Confindustria per il loro 42° convegno a Santa Margherita Ligure. Filo spinato in primo piano e poco sotto il motto di questo incontro «Siamo in prima linea». Si percepisce lo stato d’animo della sala, la sensazione di essere sotto tiro, da un lato per colpa della crisi economica che costringe alla chiusura 42 aziende al giorno, dall’altro per colpa della politica e della pubblica amministrazione, troppo lente e inefficienti nel dare risposte alle richieste delle imprese. Si sentono in trincea i giovani industriali, ma sarebbero pronti a suonare la carica, se solo ci fossero le condizioni per farlo. E queste condizioni dipendono non solo dalle scelte della politica nazionale, ma anche dalle decisioni prese a livello europeo.
Jacopo Morelli, presidente dei giovani imprenditori, nel proprio discorso conclusivo ha parlato di una carenza di leadership in Europa e ha evidenziato le gravi conseguenze che questo problema sta comportando per tutta l’economia dell’eurozona. Poco prima del suo intervento anche i tre big della politica, Alfano, Casini e Letta, avevano concordato sulla necessità di rinnovare le istituzioni europee per dare loro maggiore capacità decisionale. L’incapacità di risolvere la crisi della Grecia, un paese che vale solo il 2% del PIL europeo, era stato portato come esempio dell’inadeguatezza dell’attuale sistema. Con differenze quasi impercettibili tutti e tre i leader politici hanno ribadito il loro sostegno a Monti, visto come l’uomo in grado di guidare questo processo di rinnovamento dell’Unione Europea.
In particolare è stato Alfano a sintetizzare le tre riforme essenziali: i project bond (obbligazioni emesse dall’UE per finanziare opere pubbliche), gli euro bond (obbligazioni del debito pubblico dei paesi facenti parte dell’UE) e la possibilità per la BCE di creare liquidità stampando euro. Tuttavia, esiste un ostacolo difficile da superare per poter realizzare queste riforme, la ritrosia del governo tedesco. La cancelliera Merkel viene citata in più occasioni come emblema di quel rigore che si contrappone alla crescita tanto invocata dagli industriali.
La contrapposizione rigore/crescita non è solo una questione europea, ma è presente anche all’interno dello stesso Governo Monti. Infatti, nei giorni scorsi lo slittamento dell’approvazione del cosiddetto decreto sviluppo aveva portato ad attribuire questi ritardi alla scarsità delle risorse messe a disposizione dal Ministero dell’Economia. Il vice Ministro dell’Economia e delle Finanze, Vittorio Grilli, e il Ministro dello Sviluppo Economico, Corrado Passera, entrambi presenti al convegno, hanno voluto sminuire le presunte tensioni tra i due dicasteri, sottolineando la forte collaborazione. Tuttavia, l’occasione era troppo ghiotta per non approfittarne e i giovani industriali hanno voluto ribadire la propria posizione esplicitando il loro “tifo” per Passera. L’intervento di Grilli, ha sentenziato Morelli, è stato condivisibile, ma alla sua analisi mancavano delle proposte. Confindustria chiede più fatti e meno parole. Gli fa eco Francesco Sacco, docente dell’Università Bocconi, che solleva un altro dei temi centrali del convegno: le lentezze della burocrazia italiana. Non vi è stato intervento di imprenditore, professionista o politico, che non abbia fatto un accenno a questo argomento. Qualche possibile soluzione al problema è già contenuta nel decreto sviluppo. Passera ha anticipato che si renderà obbligatorio per la Pubblica Amministrazione dichiarare on-line in che modo vengono utilizzate le proprie risorse economiche. Inoltre il Ministro ha parlato anche di semplificazione: si creeranno criteri comuni per le circa ottomila diverse anagrafi italiane. Infine saranno tagliati circa cinquemila enti pubblici di scarsa utilità che sono serviti soprattutto per garantire delle cariche a esponenti politici.
Questi sono interventi che Passera ha definito di contesto, ovvero interventi in grado di creare le condizioni per favorire la ripresa economica. Altre misure sono state previste per agevolare direttamente e nell’immediato le aziende. Innanzitutto lo sblocco di cinquanta miliardi di pagamenti che lo Stato doveva alle imprese e, in secondo luogo, la facilitazione dell’accesso al credito per le aziende in difficoltà, perché possano avere un rapido aiuto economico.
Ma il tema che ha animato di più la discussione è senza dubbio quello relativo al debito pubblico. A sollevare l’argomento è stato l’intervento del Direttore Generale del Censis, Giuseppe Roma, il quale, nella sua interessante analisi, ha sostenuto che la mancanza di fiducia degli investitori nel nostro paese dipende soprattutto dal peso del suo debito. A fronte di ciò esiste però una disponibilità finanziaria privata che, secondo il direttore del Censis, potrebbe essere utilizzata proprio per appianare in parte questo enorme buco. In altre parole l’idea sarebbe di utilizzare il capitale privato per ridurre il debito. Una patrimoniale quindi? Roma non si è espresso in merito lasciando la decisione ai politici. Sia Alfano sia Letta hanno concordato sulla necessità di agire sul debito attraverso privatizzazioni e liberalizzazioni, ma nessuno ha parlato di una tassa sui patrimoni. L’unico a farlo è Casini, che ha sottolineato la propria estrema contrarietà ad una proposta del genere perché comporterebbe una fuga di capitali dall’Italia.
E i giovani? Restano un po’ sullo sfondo. L’analisi del Censis rivela che la grande differenza tra l’Italia e gli altri paesi non è tanto la quota di disoccupati, quanto la percentuale di coloro che entrano e escono dal mondo del lavoro, quelli che non hanno quindi un’occupazione stabile. Sono persone che non hanno una formazione professionale specifica e che non sanno bene quale mestiere fare. Questa situazione sarebbe il risultato del cattivo rapporto tra formazione e lavoro tipico del nostro paese. Purtroppo nessuno ha avanzato possibili soluzioni a riguardo.
Anche la formazione dei giovani industriali sarebbe un tema da affrontare. In sala sono presenti anche gli studenti di un Master in Management e Imprenditorialità organizzato dall’Università di Genova e Confindustria Genova. Per loro il concetto di creazione d’impresa è il pane quotidiano, ma purtroppo in Italia la cultura imprenditoriale non sembra essere particolarmente avanzata in questo senso. Meglio tradurre il termine in Inglese ed ecco salire sul palco Emma Jones a parlare di Start-Up Britain. Si tratta di un progetto totalmente finanziato da fondi privati che dal 2011 sta cercando di diffondere la cultura d’impresa nei giovani inglesi, garantendo anche prestiti agli under-25. I risultati della campagna di sensibilizzazione ha portato molte persone ad interessarsi al tema, ma non vi sono dati sul numero di imprese nate da questo progetto, anche perché esiste da soli dieci mesi.
Nonostante le tante mani tese e i tentativi di dialogo tra imprenditori, politica e governo, la sensazione è che questo 42° Congresso dei Giovani Industriali si sia chiuso lasciando tutti nascosti nelle proprie trincee. La crisi è forte e i passi avanti fatti con le riforme del nuovo esecutivo non sembrano ancora aver dato quella svolta che ci si attendeva. Un paese non si cambia in sette mesi, ha detto Passera, ma, verrebbe da dire, nemmeno la mentalità imprenditoriale. È ormai chiaro che in Italia vi è un problema legato alle classi dirigenti e questo vale per tutti i settori, nessuno escluso. Varrebbe quindi la pena cercare di attenuare la conflittualità e le prese di posizione per collaborare proficuamente ad una profonda trasformazione del nostro paese.
Federico Viotti