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Per la terza volta viene rinviata l'approvazione del nuovo Regolamento del Consiglio comunale. Il Pd non vuole perdere i piccoli vantaggi e il Consiglio si inceppa ancora, l'ennesimo martedì gettato al vento. Questioni ben più importanti come il Puc e il depuratore di Cornigliano rimangono in coda
Oggi le comiche, atto terzo. Dopo 25 sedute di Commissione e 3 Consigli (qui l’approfondimento), l’approvazione del nuovo Regolamento del Consiglio comunale di Genova subisce l’ennesimo rinvio alla prossima settimana. Ci sarebbe veramente da ridere se nel frattempo non venissero sprecate risorse pubbliche e sottratto tempo ad altre questioni ben più cruciali che sono costrette a rimanere in coda, come la Valutazione ambientale strategica sul Puc in seguito alle eccezioni sollevate dalla Regione o la formalizzazione dell’acquisizione delle aree per il nuovo depuratore di Cornigliano, di cui abbiamo parlato la scorsa settimana.
Questa volta, com’era ampiamente prevedibile, la discussione dei consiglieri si è arenata sulla rimodulazione degli art. 54, il question time o interrogazione a risposta immediata che, almeno finora, precede di un’ora ogni seduta ordinaria del Consiglio. In passato avevamo già dato conto delle varie anime che si sarebbero scontrate in proposito (qui l’approfondimento): la volontà emersa a larghissima maggioranza dalla Commissione era quella di procedere verso una diminuzione di discrezionalità attualmente in capo al presidente del Consiglio comunale circa gli argomenti da porre o meno in discussione. Ma il rischio sarebbe stato un po’ troppo elevato per la maggioranza e il Pd in particolare, che ha presentato in aula un emendamento alle modifiche approvate in Commissione, pur sottolineando come la tutela dell’art. 54 sia una questione fondamentale per garantire il diritto di espressione dell’opposizione.
«Premesso che anche qualora venisse bocciato l’emendamento voteremmo a favore dell’intera delibera sul regolamento – ha detto il capogruppo dei democratici, Simone Farello – la nostra modifica va nella direzione di lasciare al presidente il giudizio sull’ammissibilità e l’urgenza degli articoli 54, consentendo una gestione flessibile che offra più spazio a disposizione per le minoranze e che elimini la discrezionalità della giunta nel rispondere o meno alle varie interrogazioni».
D’altronde, è assolutamente legittimo riportare in discussione in aula quanto discusso in Commissione. Tuttavia, in casi come questo in cui i documenti prodotti avevano ricevuto un consenso quasi unanime, voler rimettere tutto in gioco rischia di essere, o quantomeno apparire, come la volontà di sfruttare i numeri forti del plenum dell’assemblea per far passare a tutti i costi la propria linea.
«Di fatto – sostiene Enrico Musso – il presidente del Consiglio comunale è espressione della maggioranza che, dunque, più o meno indirettamente può decidere essa stessa di quali argomenti si possa o meno parlare. È evidente che quando c’è una questione scomoda, dietro la scusa che vi sono infinite richieste di articoli 54, il presidente può decidere tranquillamente che di una determinata cosa non si parlerà mai. Ma attenzione a risolvere la questione a colpi di maggioranza perché cercherete e troverete uno scontro».
Risulta, dunque, difficile capire come si possa arrivare a una quadra condivisa da tutti. Eppure i consiglieri hanno chiuso i lavori di ieri sera convocando una Conferenza straordinaria dei Capigruppo per lunedì prossimo allo scopo di pervenire a una versione dell’art. 54 da approvare all’unanimità. Ma proprio nel corso della Conferenza capigruppo che ha maturato questa decisione, Alfonso Gioia (Udc) ha abbandonato i colleghi sbattendo la porta, con parole non propriamente dolci verso chi ha favorito questa evitabilissima deriva.
Tra i deliri dell’ennesimo martedì gettato al vento, va segnalato comunque che dovrebbe essere definitivamente calato il sipario su un altro aspetto molto caldo: la modifica delle norme riguardanti la presentazione degli ordini del giorno fuori sacco. Sul tema ha avuto la meglio ancora una volta l’emendamento voluto dal Partito democratico e riscritto alla nausea per cercare di recepire la maggior parte delle istanze emerse dal dibattito di queste tre settimane di lavori. Il vecchio testo, al comma 8 dell’articolo 22, prevedeva che il presidente, sentita la Conferenza dei Capigruppo, potesse mettere in votazione ordini del giorno su questioni di interesse cittadino o generale non attinenti agli argomenti previsti dal calendario della seduta. Se, un solo consigliere si fosse opposto, con motivazione, l’ordine del giorno sarebbe stato posto in votazione nella seduta successiva. Inoltre, era consentita una breve dichiarazione di voto in dissenso ai Consiglieri e alle Consigliere che avessero voluto astenersi o votare contro tale ordine del giorno. Una disposizione sostanzialmente lasciata invariata dai lavori della Commissione e che, invece, ha subito una sostanziale modifica per iniziativa del Pd che ha limitato la possibilità di presentare i “fuori sacco” a un documento per ogni consigliere, per porre un freno alle pratiche ostruzionistiche.
Decade la possibilità di opporsi alla presentazione del documento per farlo slittare alla seduta successiva e, di conseguenza, resta in capo al presidente la facoltà di non inserire mai in discussione determinati documenti, dal momento che nel dettato regolamentare non è previsto alcun vincolo in proposito. Inoltre, viene abrogata tutta la parte relativa alla dichiarazione di voto in dissenso, facendo così sorgere un dubbio: gli ordini del giorno fuori sacco dovranno solamente essere presentati e votati o potrà esserci una discussione, normata dagli articoli che regolamentano il dibattito tradizionale in aula? La parola spetterà a questo punto all’interpretazione della Segreteria generale e del Presidente del Consiglio comunale di turno: un’incertezza assurda, dopo le innumerevoli ore spese dietro a questa discussione.
«È chiaro – commenta il capogruppo del M5S, Paolo Putti – che è stato chirurgicamente individuato ed eliminato un metodo di lavoro adottato da un gruppo consigliare (lo stesso M5S, ndr) che, evidentemente, dava molto fastidio ad altri ma è inaccettabile che si tolga il potere di iniziativa ad alcuni consiglieri. Tutto ciò è avvenuto per iniziativa del Pd ma su richiesta del Pdl che, in cambio, è disponibile a offrire il proprio appoggio alla modifica degli articoli 54 voluti dalla maggioranza». Vero endorsement da larghe intese o malignità politica? Lo scopriremo la prossima settimana… forse.
Simone D’Ambrosio