Amiu illustra il piano di interventi per la gestione dell'emergenza percolato a Scarpino. I dati definitivi sui metalli pesanti non rivelano pericoli per la salute umana, ma aldilà dell'emergenza l'ad D'Alema detta le regole: nuovo impianto di digestione e compostaggio e depuratore ad hoc
Un team di esperti sta affiancando Amiu nelle operazioni di scavo per la trivellazione di otto pozzi lungo il perimetro della discarica per l’analisi approfondita del sottosuolo con l’obiettivo di intercettare in profondità le acque delle falde che hanno fatto impazzire Scarpino 1 (la vecchia discarica dismessa nel ’95, costruita senza i più banali accorgimenti in tema di impermeabilizzazione, conseguenza della superficialità delle norme dell’epoca) e che da quasi un mese fanno sì che vengano prodotte quantità fuori controllo di percolato. Le vasche a valle della discarica, è ormai storia nota, tracimano e il liquido inquinato si riversa nel rio Cassinelle, quindi nel Chiaravagna e alla fine in mare all’altezza della zona residenziale della Marina di Sestri Ponente.
Partiamo dai dati. Da che cosa è composto il percolato riversato in mare? Questa banale domanda aveva causato nelle scorse settimane forte imbarazzo in Consiglio comunale (qui l’approfondimento), quando l’assessore Valeria Garotta aveva allargato le braccia davanti ad una preoccupante mancanza di informazioni. Poi la pubblicazione dei primi dati (qui l’approfondimento) dove mancavano però i valori più pericolosi per l’ambiente, ovvero i metalli pesanti.
«I valori sui metalli che sono stati registrati da Arpal sono inferiori ai limiti previsti dalla legge – ha dichiarato l’ad Amiu Pietro D’Alema che ha convocato i giornalisti questa mattina nella sede di via D’Annunzio per illustrare la strategia di interventi sulla discarica – questo non vuol dire che non ci siano, ma stiamo parlando di un quantitativo non problematico per la salute umana. Il problema vero di questo percolato è l’ammoniaca e ognuno di noi reagisce in modo diverso al contatto con l’ammoniaca. Il rio Cassinelle fa una cascata prima di immettersi nel Chiaravagna, ed è lì che avviene l’anomalo innalzamento di fumi di ammoniaca. Leggendo i dati, parliamo di 80/85 mg per metro cubo, ovvero la stessa quantità che si registra presso allevamenti di bovini e suini in pianura padana, tanto per fare un esempio. I dati continueranno comunque a essere monitorati». Va detto che se i valori generali nell’acqua del rio Cassinelle e del Chiaravagna non non sono tali da incidere sulla salute umana, in alcuni casi lo sono eccome per quanto riguarda la vita dei pesci e quindi dell’ecosistema, un’emergenza ambientale che non sarà certo possibile arginare nel breve periodo.
«Negli ultimi tre anni sono stati effettuati investimenti importanti (4 milioni di euro) per opere idrauliche di regimazione delle acque all’interno di Scarpino finalizzate a ridurre la produzione di percolato e garantire la stabilità della discarica – ha precisato D’Alema – Non dimentichiamoci che Amiu ha ereditato la situazione di Scarpino 1 e non può fare altro che intervenire per arginare le inevitabili problematiche causate da evidenti limiti in fase di progettazione».
Poi, l’imprevedibile: le piogge di questo inverno hanno registrato un’insistenza fuori dalla norma (non per intensità, ma per costanza e progressività nel tempo creando effetto spugna nel terreno) e hanno alimentato le falde sottostanti Scarpino 1. La situazione è quindi degenerata e il grafico qui accanto lo dimostra: solo la produzione di percolato della vecchia discarica in disuso supera il quantitativo massimo sopportato dal percolatodotto e dal depuratore di Cornigliano (3000 metri cubi). «Basti pensare che durante l’alluvione del 2011 la quantità media registrata era di circa 1800 metri cubi al giorno», ha sottolineato D’Alema.
«I livelli di intervento sono due – continua D’Alema – il primo è legato alla gestione dell’emergenza e le operazioni sono ancora in corso, abbiamo innanzitutto attivato il sistema di prelievo con autobotti (ad oggi 10.000 metri cubi di liquame) che portano il percolato agli impianti di depurazione di La Spezia e Piacenza. Abbiamo posato dei teli sulla discarica di Scarpino 2 per evitare eccesiva produzione di percolato anche dalla discarica attiva (che in media nelle giornate piovose produce poco più di 1200 metri cubi al giorno, ndr) e abbiamo immesso dell’aria nel percolatodotto per abbattere i livelli di ammoniaca. Aldilà del percolato, abbiamo anche fatto analisi sul terreno per evitare brutte sorprese per quanto riguarda la stabilità del terreno della discarica, vista la situazione ligure in tema di frane, ma sorprese di questo genere sono da escludere categoricamente».
L’altro livello di intervento è quello più a lungo termine e che dovrebbe risolvere definitivamente il problema. «In questi giorni abbiamo avviato, coadiuvati da un team di esperti, attività di trivellazione per provare ad intercettare i “rivi” sotterranei che, dall’esterno della discarica, alimentano le sorgenti sotto Scarpino 1 che non è mai stata impermeabilizzata». Il che significa che i rifiuti di Sacrpino 1 (ormai mineralizzati) sono a contatto con le falde, non esiste impermeabilizzazione fra il terreno e i rifiuti. Una situazione che non si può recuperare e che non ha margini di intervento. Ma non è tutto. Per voltare davvero pagina sono necessari investimenti importanti.
«Dobbiamo intercettare l’acqua prima che entri a contatto con i rifiuti, ma questo non basterà a risolvere definitivamente le problematiche della nostra discarica – ha ammesso D’Alema – È necessario andare a monte del problema. Ovvero evitare in futuro di scaricare rifiuti organici a Scarpino. Per fare ciò proseguiremo con il percorso di crescita della raccolta differenziata grazie all’installazione di postazioni multiraccolta in città per la separazione dell’umido, che pesa un terzo dei rifiuti totali. Ma se in passato l’idea era quella di procedere prima con il potenziamento della differenziata (che ha costi relativamente bassi) e poi solo in un secondo tempo con la realizzazione di un impianto di compostaggio a Genova, ora l’iter va assolutamente velocizzato come ci impone, tra l’altro, il nuovo piano regionale e le nostre linee guida (qui l’inchiesta di Era Superba sul nuovo Piano dei rifiuti, ndr). Sono necessari investimenti anche da parte della Regione per poter compiere questo fondamentale passo in avanti. Anche perché senza investimenti non si può guardare al futuro con ottimismo».
E l’impianto di compostaggio dismesso in Val Varenna? «Era un impianto costruito all’interno di una cava – ha risposto D’Alema – e trattava 7000/8000 tonnellate di rifiuti organici ogni anno, troppo poco. Una frana aveva portato alla luce rischi per l’incolumità di chi ci lavorava e i costi per la messa in sicurezza sarebbero stati superiori rispetto a quelli sostenuti in questi anni per il trasporto di rifiuti fuori dalla Liguria. A noi serve un impianto capace di smaltire 60000 / 70000 tonnellate all’anno».
L’altro aspetto fondamentale riguarda il nuovo impianto di depurazione che Iren realizzerà a Cornigliano (qui l’approfondimento di Era Superba) e che sarà capace di trattare quantitativi superiori rispetto ai 3000 attualmente trattati. «Noi nel progetto preliminare del polo impiantistico che comprendeva anche il famoso gassificatore (ora non più realizzabile per effetto del nuovo Piano di gestione rifiuti, ndr) avevamo già previsto un impianto di digestione anaerobica a Scarpino (per la degradazione della sostanza organica, ndr) a cui ora intendiamo aggiungere il già citato impianto di compostaggio che inizialmente non era previsto (costo totale dell’operazione fra i 60 e i 70 milioni di euro, tre anni per la realizzazione) e, infine, l’impianto ad hoc per il trattamento del percolato direttamente in loco, a ridosso delle attuali vasche che sorgono proprio sopra il rio Cassinelle».
Se il piano d’azione di Amiu riuscirà ad andare di pari passo con i futuri stanziamenti regionali, potrebbe dunque aprirsi una nuova era per la gestione dei rifiuti nella nostra città. Certo, sarà fondamentale lo stanziamento di fondi da parte della Regione, ma non è da escludere che per arrivare a sostenere l’investimento previsto sia necessario passare anche da aumenti della tassa comunale che sicuramente non faranno felici i genovesi. D’altronde, come dicono i saggi, sciûsciâ e sciorbî no se pêu.
Gabriele Serpe