Non si riesce a stabilire con certezza la proprietà dell'infrastruttura; il Demanio sostiene che essa non è di sua competenza e scarica responsabilità ed oneri economici sulle realtà produttive della zona
Le imprese italiane devono fare i conti non soltanto con la pressione fiscale ma spesso pure con la burocrazia schizofrenica. Un esempio lampante è quello dell’area industriale ex Ilva-Italsider di via delle Fabbriche a Voltri, lungo il torrente Cerusa, dove attualmente sono insediate una dozzina di realtà produttive che occupano oltre 200 persone. Ebbene, i posti di lavoro potrebbero essere messi a repentaglio per colpa del ponte di accesso al sito. Secondo il Demanio, infatti, l’infrastruttura non rispetta le normative vigenti e di conseguenza è necessario realizzare un intervento di demolizione/ricostruzione del quale dovrebbero farsi carico le aziende del complesso industriale.
«Sono venuta a conoscenza di una situazione che pare paradossale vista soprattutto in questi tempi di crisi in cui le istituzioni dovrebbero facilitare la vita del tessuto produttivo e non creare continue difficoltà – spiega il consigliere regionale Raffaella Della Bianca (Gruppo Misto) che ha scritto una lettera ai competenti assessori regionali Guccinelli (Sviluppo Economico) e Paita (Infrastrutture) – La questione mi è stata segnalata dalle aziende ubicate all’interno del complesso industriale ex Italsider all’inizio di via delle Fabbriche a Voltri. Storicamente quest’area aveva due accessi, uno dei quali era stato già da tempo interdetto e successivamente demolito. Ad oggi l’unico accesso rimasto, che peraltro è un ponte stretto che non permette una facile manovrabilità di tir e mezzi pesanti, è stato ritenuto non conforme alle normative del Demanio. In sostanza la distanza tra il greto del torrente Cerusa e la parte sottostante del ponte (il cosiddetto franco idraulico) non ha i requisiti minimi a garantire le condizioni di sicurezza».
«Il Demanio afferma che il ponte è di proprietà del complesso industriale – aggiunge il consigliere – e pertanto le aziende dovrebbero sostenere la spesa per la costruzione di una nuova struttura di accesso. Anche se la questione non sembra essere di stretta competenza della Regione, ritengo doveroso che venga verificata tale situazione per poter arrivare ad una soluzione che non gravi sulle imprese presenti in zona».
Queste ultime, però, sostengono che il ponte non compare in alcun atto d’acquisto dell’area ex Ilva-Italsider. E proprio intorno alla proprietà dell’infrastruttura si gioca la partita.
Il sito di via delle Fabbriche fin dalle origini è stato destinato alla lavorazione del ferro. Tutto parte con una ferriera installata da Filippo Tassara nel 1865. L’attività fu sviluppata dai figli che nel 1879 si costituirono in ditta con la denominazione “Filippo Tassara & Figli”; questa, nel 1899, assunse la denominazione “Società Anonima Ferriere di Voltri”, che acquisì dalla società Elettrosiderurgica Camuna lo stabilimento di Darfo e dalla Siderurgica Ligure Occidentale lo stabilimento di Oneglia. Nel 1930 la società fu assorbita dall’Ilva Alti Forni e Acciaierie d’Italia.
Oggi la zona è così suddivisa: la parte a monte ospita un complesso industriale comprendente 8 aziende (Biscaldi srl, Dichtomatik srl, Ing.Ins.Int. SpA, Ghigliotti srl, Saldotecnica Ligure srl, SIC srl, S. Erasmo Zinkal SpA, Costanza Ligure Metalli S.p.A); la parte a mare ospita 3 singole ditte (Bruzzone Serafino srl, Carpenteria Bozzano Snc, Grappiolo Bruno srl) ed un altro capannone di Saldotecnica Ligure srl; infine la restante porzione a mare, di proprietà pubblica, oggi abbandonata, dovrebbe essere destinata ad una nuova realtà produttiva.
«Il ponte fu costruito dalla “Società Anonima Ferriere di Voltri” nel 1902 – spiega Michele Coco, amministratore del complesso industriale di via delle Fabbriche – A fine anni ’70 l’Ing.Ins.Int. SpA acquista l’area, la ristruttura e poi la fraziona. Abbiamo visionato gli atti d’acquisto: il ponte non viene mai nominato. Neppure nelle successive vendite quando l’area acquistata da Ing.Ins.Int. è stata suddivisa in lotti nei quali si sono insediate diverse realtà produttive».
In altri termini risulta difficile stabilire con certezza la proprietà dell’infrastruttura. «C’è un buco di descrizione nell’atto di passaggio dall’Ilva-Italsider al soggetto privato – sottolinea Coco – dove, se non è descritto il bene (ovvero il ponte) ciò potrebbe voler dire che il ponte non è stato trasferito e potrebbe essere rimasto di proprietà dell’Ilva-Italsider».
«Il Demanio dice che il ponte non è di sua competenza e scarica su di noi responsabilità ed oneri economici – aggiunge Fabrizio Magnani, responsabile di Saldotecnica Ligure srl, una delle aziende coinvolte – In passato l’altro ponte è stato demolito senza il nostro coinvolgimento. Quindi, a rigor di logica, neppure la demolizione/ricostruzione di questa infrastruttura dovrebbe spettare alle nostre imprese».
Comunque sia, a prescindere dalla diatriba sulla proprietà «Si tratta pur sempre di un problema pubblico – spiega il consigliere Della Bianca – Occorre garantire la sicurezza del corso d’acqua secondo i Piani di Bacino. Le istituzioni hanno delle responsabilità da cui non possono sottrarsi. Senza dimenticare che questa politica dello scaricabarile sortisce i suoi effetti sul tessuto produttivo sano. Le aziende di via delle Fabbriche rischiano di finire in ginocchio nel caso debbano sostenere gli oneri economici di un simile intervento».
Il Demanio, fin dal principio, come si può leggere nel “Disciplinare di rinnovazione della concessione a favore dell’Ilva”, afferma che può revocare la concessione qualora si verifichino problemi per la sicurezza. Stiamo parlando della concessione relativa all’area fisica occupata dall’infrastruttura, ovvero quella dove poggiano i piloni e quella della proiezione dell’ombra del ponte sull’alveo del torrente Cerusa. «Il Demanio ci ha comunicato che non può concederci la concessione perché il ponte non è a norma», sottolinea l’amministratore Michele Coco.
La Direzione Generale dell’Agenzia del Demanio, contattata dal cronista di Era Superba, ribadisce «Il ponte sul Cerusa non risulta un bene demaniale».
«Prossimamente andremo a parlare con il presidente del Municipio Ponente, Mauro Avvenente, per far presente la questione e chiedere il suo appoggio – conclude Coco – in ballo ci sono centinaia di posti di lavoro. Se dovessero intimarci di demolire il ponte siamo pronti a passare per le vie legali».
Matteo Quadrone
[Foto dell’autore]