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La protesta è iniziata a dicembre davanti allo storico jazz club Blue Note: i musicisti chiedono un adeguamento dei contributi versati e un salario minimo
In questo periodo di scioperi, riforme delle pensioni e profonda crisi del mercato del lavoro anche un settore che all’apparenza sembrerebbe escluso da questi avvenimenti sta facendo sentire la propria voce con forza: sono i jazzisti newyorkesi, che protestano da più di un mese contro i proprietari dei famosi jazz club della grande mela, rei di non aver ancora attuato un adeguamento dei contributi versati nei fondi pensione e un salario minimo, così come spetta ad altre categorie di artisti.
Sono circa 8000 i musicisti iscritti al sindacato Local 802 AFM (American Federation of Musician), una categoria che ha fatto la storia di New York contribuendo in maniera importante a aumentare il fascino della cosidetta “città del mondo”, che però, secondo il New York Times, è la meno tutelata.
La protesta è iniziata a metà dicembre, con una manifestazione davanti allo storico club Blue Note, nel Greenwich Village, al grido di “giustizia per i musicisti jazz”, anche se il malcontento degli artisti ha radici molto più profonde.
Nel 2005 gli imprenditori e i proprietari dei locali chiesero allo Stato di New York di ridurre le imposte sui biglietti di ingresso dei jazz club. Le associazioni dei lavoratori appoggiarono la proposta, chiedendo che però i soldi risparmiati fossero utilizzati per pagare i fondi pensionistici e sanitari per i jazzisti.
L’agevolazione fiscale è stata approvata nel 2006, ma ad oggi nessuno dei club ha ancora firmato un accordo di contrattazione collettiva e rimangono divisi sui diritti dei musicisti, anche perché ritengono che a risparmiare siano i clienti e non chi possiede un locale notturno. Alcuni proprietari sono favorevoli all’idea di una pensione per i jazzisti ma lamentano guadagni in costante riduzione a fronte di costi di mantenimento del club in perenne ascesa. Altri definiscono la richiesta dei musicisti un vero e proprio “incubo” per le casse dei club, altri ancora sostengono che la maggior parte degli artisti preferirebbe ricevere una somma extra per la prestazione, invece che un adeguamento della pensione.
I leader della rivolta si sono posti come obiettivo quello di ottenere un accordo con i sei maggiori club di New York, il Blue Note, il Village Vanguard, il Birdland, il Jazz Standard, l’Iridium, e il Dizzy’s Club Coca-Cola, per poi estendere successivamente simili accordi con altri locali nelle grandi città degli Stati Uniti.
Manuela Stella