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Mafia alla Maddalena? No, grazie! Cittadini e commercianti contro le mafie, il nostro reportage

Vi proponiamo qui un estratto dell'inchiesta pubblicata sul numero 58 di Era Superba, un viaggio fra i vicoli della Maddalena balzata ancora una volta agli onori della cronaca dopo #lamafianonè, iniziativa di denuncia che unisce cittadini e commercianti contro le mafie


23 Febbraio 2015Inchieste > EraSuperba58

salita-quattro-canti-genova-via-maddalenaPartendo dal momento di massima visibilità che ha avuto la Maddalena nei mesi scorsi in seguito all’iniziativa #lamafianonè (che consiste in un semplice autoscatto con i negozianti o con i prodotti acquistati da diffondere sui social network tramite l’hashtag #lamafianonè terminando la frase), vogliamo fare il punto della situazione di un quartiere che da anni si racconta e agisce con dignità e coesione. Abbiamo percorso i caruggi e parlato con chi nel cuore della città vive e ha attività commerciali. Un racconto che si è arricchito ad ogni nuovo incontro, i cittadini del sestriere sono come tanti piccoli pezzi di un unico puzzle.

L’inchiesta integrale è pubblicata sul numero 58 di Era Superba (dove trovare la rivista). Sostenendo Era Superba puoi ricevere ogni uscita direttamente a casa o sulla tua email (qui maggiori informazioni).

«L’iniziativa è prima di tutto un’operazione pubblica, di apertura, l’affermazione della volontà di un’auto-formazione collettiva del quartiere sul tema, per contrastare le mafie bisogna partire da una consapevolezza collettiva – ci racconta Silvia Melloni di ARCI Genova– l’idea è stata quella di partire dal “basso”, dagli esercizi commerciali, di fare qualcosa in senso positivo e così è nata #mafianonè». I genovesi più attenti sanno che la Maddalena è da ormai diversi anni un quartiere molto attivo, forse il luogo di maggior fermento della nostra sopita città grazie al lavoro quotidiano di associazioni e cittadini. Da anni tra questi caruggi esistono più percorsi che vanno nella stessa direzione e di pari passo. L’iniziativa di cui sopra con hashtag e selfie ha unito ad oggi un gruppo numeroso (più di 30) di esercizi commerciali e, oltre ai volti della politica che si sono “esposti”, è stato firmato un disciplinare, un codice etico sul rispetto dei diritti di chi lavora nel quartiere per il contrasto alle mafie.

«La cosa positiva che sta succedendo in queste settimane è che abbiamo trovato il modo giusto di mettere in luce un tema importante e delicato – sottolinea Andrea Piccardo titolare di Mielaus e vice presidente del CIV – è la risposta pubblica di un movimento cittadino che già esisteva e che ha incontrato il sostegno delle istituzioni, che conoscevano già il problema e che insieme hanno deciso di metterci la faccia. Non vanno però confusi i due piani, quello sociale e quello istituzionale, uno di sollecitazione, l’altro politico che dovrebbe agire istituzionalmente».

La mafia alla Maddalena

In questo racconto non vogliamo fare gli investigatori, ma un po’ di segnali chiari li abbiamo raccolti. Oltre a questi ci sono delle verità giudiziarie, delle sentenze definitive che testimoniano la presenza di 97 beni confiscati alla mafia ovviamente non solo alla Maddalena ma in tutta la città di Genova. La sentenza Canfarotta (confisca definitiva, in virtù della normativa antimafia di beni alla singola famiglia da decenni attiva a Genova ndr), ad essi legata, è la prima in Liguria a confermare con le sue condanne la presenza della mafia nella nostra regione. Tuttavia quella dei beni confiscati in Liguria è una situazione ancora in via di definizione (qui l’approfondimento).

Le attività in cui sono coinvolte le famiglie mafiose presenti alla Maddalena, mirano a mantenere lo status quo attuale. Ovvero un sistema ben radicato che buona parte degli abitanti conoscono, un sistema che lavora quotidianamente per rimanere in piedi e soprattutto nel silenzio più assoluto. In alcuni casi, se è loro tornaconto, aiutano economicamente attività commerciali in difficoltà. «Qui c’è l’interesse a mantenere lo status quo, l’economia va benissimo e non c’è interesse a far troppo casino. È presente una “direzione” che se ne sta dietro le quinte – raccontano dal Manena Hostel – ad esempio, non ha interesse a venire qui al Manena e minacciarci e sta anche qui la difficoltà di fare percepire la complessità della realtà che esiste, del sistema e del suo funzionamento».

È innegabile che le istituzioni siano al corrente della presenza ormai radicata della criminalità organizzata. Tutte le persone con cui abbiamo parlato raccontano le istituzioni come presenti e l’averci messo la faccia con l’iniziativa #lamafianonè diventa automaticamente ossigeno per il quartiere; ma il motore è sempre la gente della Maddalena, le istituzioni rispondo a richieste che partono dal basso e che finiscono per “tirare per la giacchetta” i politici, che hanno risposto, hanno capito e aderito. È iniziato un percorso che non può che proseguire sulla strada tracciata. «È chiaro che ci dovranno essere azioni future – racconta Daniela Vallarino presidente del Civ – noi abbiamo cercato di sensibilizzare la città sul fatto che esiste alla Maddalena, e non solo, un insediamento mafioso da decine e decine di anni. È un fenomeno molto antico. Non è una situazione con cui è possibile convivere, ha un peso molto grande. Sono costi sociali che poi si tramutano in degrado sociale perché la criminalità che è sul territorio non è sganciata da questa fenomenologia, anzi a volte è supporto o braccio e manovalanza di chi dirige i fili».

 

Claudia Dani

L’inchiesta integrale sul numero #58 di Era Superba


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