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Marianna, vent'anni, ha parlato con noi della sua esperienza in consiglio comunale a quasi un anno dall'elezione. Le principali difficoltà riscontrate, i buoni propositi e il percorso politico del consigliere più giovane dell'Aula Rossa
Il suo interesse per la società e le forme di politica attiva è cominciato quando era giovanissima, al liceo, con il ruolo di rappresentante d’istituto, ed è proseguito con l’esperienza consiliare, della quale – con la praticità e la voglia di concretezza tipiche della persona giovane e piena di entusiasmo – ci racconta aspetti positivi e negativi, a quasi un anno di distanza dall’elezione in consiglio comunale.
Un po’ della tua storia. Come è cominciato il tuo interesse per la politica attiva?
La mia storia è quella di molti candidati nelle liste civiche: sono sempre stata interessata alle scelte e alle politiche della mia città, posso dire di aver avuto una gavetta extra partitica e nonostante io creda che il partito debba continuare ad essere, assieme ad altre forme di rappresentanza, il mezzo con cui fare politica, sono felice della mia formazione dal momento che non ho mai sentito rappresentate a dovere le mie istanze da alcun partito purtroppo.
Il mio interesse per la politica scaturisce innanzitutto dall’attività studentesca attiva come rappresentante degli studenti all’interno del mio liceo e dalla quotidianità appunto con un sistema scolastico spesso inadeguato a ricoprire il ruolo di formazione e palestra di vita quale dovrebbe essere. È cresciuta di pari passo con la partecipazione a manifestazioni e organizzazione di autogestioni contro tutti quei ministri che uno dopo l’altro hanno cercato di smantellare la scuola pubblica, dalla riforma Moratti, al re-inserimento dei debiti introdotto da Fioroni (condivisibile di per sé ma discriminatorio se non si garantiscono un numero adeguato di ore di corsi di recupero), agli scellerati tagli della Gelmini da 8 miliardi di euro e 90.000 unità di personale, all’aziendalistica e pericolosa manovra di Profumo, il ddl Aprea. Nasce dall’associazionismo, dal volontariato nel centro storico, da dei valori di giustizia sociale e laicità profondamente radicati nella mia famiglia.
Come sei arrivata alla candidatura? E’ stata una sorpresa? Hai in qualche modo avuto paura del ruolo che “rischiavi” di andare a ricoprire?
Il percorso che mi ha portato ad essere candidata in una lista civica parte da lontano, in tempi non sospetti, con un incontro con Marco Doria avvenuto nel mio liceo durante un’autogestione. Un anno dopo con un gruppo di amici abbiamo cominciato a seguire e guardare con interesse a questo candidato sindaco slegato dai partiti, che intendeva la politica come servizio, che portava istanze di rinnovamento, rigore, trasparenza e che era riuscito a mobilitare così tante persone nei comitati territoriali, stufe dei soliti meccanismi di poltrona e di spartizione di potere e che chiedevano a gran voce un rinnovamento all’interno del centro sinistra cittadino. Siamo rimasti tutti sbalorditi quando ci hanno chiesto di scegliere una persona del nostro gruppo per rappresentare la fascia liceale e universitaria all’interno della sala rossa. Sono stata scelta io ma supportata per tutta la campagna elettorale, fatta praticamente a costo zero, dal gruppo di ragazzi che si era formato attorno alla candidatura di Marco. Non ci aspettavamo di riuscire a raggiungere abbastanza preferenze per poter varcare le soglie del consiglio comunale, per me è stata sicuramente una sorpresa e sarebbe una bugia dire che non ho provato un grande senso di responsabilità e di preoccupazione nel comprendere la portata dell’impegno che mi ero assunta, tutte emozioni che avevo già provato nel momento in cui avevo deciso di candidarmi in ogni caso, in cui tutti insieme avevamo deciso di accettare una sfida importante, che un po’ faceva paura ma in cui credevamo profondamente senza riserve.
Quali sono le difficoltà maggiori con cui ti sei scontrata una volta giunta in consiglio comunale? Hai avuto l’impressione di trovarti in un qualcosa di più grande di te o ti sei trovata subito a tuo agio?
Le difficoltà maggiori credo di averle trovate di fronte ad una serie di procedure formali e rituali a cui è soggetto il consiglio per me incomprensibili (non voglio qui negare l’importanza della forma, che spesso determina la bontà ed efficacia o meno del contenuto, la mia è una disapprovazione verso il teatro e la retorica in cui rischia di cadere a volte la discussione) e sicuramente anche di fronte alla complessità ed ai meccanismi lenti e farraginosi della macchina comunale. E’ facile in campagna elettorale e nelle piazze o all’opposizione trovare problemi e soluzioni,inevitabilmente un po’ semplicistiche, diverso è governare e riuscire ad incidere e raggiungere gli obiettivi che si erano prefissi di fronte alla complessità e alle variabili in gioco, ai meccanismi di alleanza e di fattibilità burocratica. Sono una cittadina di vent’anni, è ovvio che non conosca a menadito problematiche sulle quali Genova dibatte da decenni e questo è stata sicuramente una difficoltà iniziale che posso aver trovato; tuttavia proprio perché vengo da contesti di associazionismo in cui si è molto più concreti, non volendo dimenticare da dove vengo ma considerandolo invece valore aggiunto, c’è la volontà di continuare a scandalizzarmi per la macchinosità del nostro assetto burocratico, per la politica fatta da influenze e da tempi così lunghi che lo scopo perde valore e c’è la volontà di non farmi assorbire da una realtà che ha portato i partiti e di conseguenza le persone a perdere la freschezza e l’entusiasmo che ti spinge a volere essere determinante nei processi e lasciare il mondo un po’ migliore di come lo si è trovato.
Per quanto riguarda il sentirsi a proprio agio, ecco, non è proprio il termine che userei. Per onestà intellettuale sarebbe scorretto affermare di non aver avuto dubbi e incertezze e preoccupazioni di fronte all’importanza del ruolo che ricopro. Quello che però di certo so è che i dubbi e le paure sono per me continuo sprone a fare meglio, a dimostrare che anche se giovani si ha il diritto e il dovere e le capacità per contribuire alla costruzione di una visione di città diversa, che ci prenda come unità di misura, che modifichi il suo grado di appetibilità per gli under 35 e che veda le politiche giovanili non come un problema ma come una risorsa per lo sviluppo di Genova.
Com’è l’atteggiamento dei colleghi nei tuoi confronti? Ti trattano come la ragazzina inesperta o ascoltano quello che hai da dire?
Per quanto concerne i miei colleghi di lista devo dire che fin da subito si è verificata una convergenza di intenti, è nata un’amicizia e una stima reciproca fra tutti noi e sono sempre stata trattata in maniera paritetica. All’interno del consiglio ovviamente le cose sono diverse, sono giovane, sono donna, non ho esperienza di atti politici provenendo da una lista civica e quindi traete voi le conclusioni. Questi sono stati per me mesi di ascolto sulla maggior parte delle tematiche, come è fisiologico che sia, ma devo dire che però ho sempre ricevuto attenzione sulle tematiche di cui posso dire di essere competente, dalle pari opportunità, alle politiche educative e giovanili. Purtroppo gli atteggiamenti nei miei confronti sono permeati spesso da un buonismo paterno a tratti fastidioso ed ho dovuto mantenere la calma quando mi è stato chiesto da un consigliere di opposizione alla terza seduta di consiglio cosa ci facevo in aula così giovane e carina e se avevo accompagnato qualcuno.
Nella tua candidatura affermavi di voler portare l’attenzione sui giovani liceali e universitari, così poco rappresentati in questa città, anche perché sono una netta minoranza in una popolazione per la maggior parte anziana. Stai riuscendo a far sentire la voce di questa fetta di cittadinanza?
Non so se ci sto riuscendo ma sto lavorando in questa direzione. Uno degli errori più gravi che vedo compiersi riguardo le politiche giovanili è, a mio parere, il seguente: il Comune, non avendo le competenze scolastiche ed educative sulle scuole superiori, quando progetta (ed ahimè non co-progetta) le politiche giovanili della città, non interloquisce e non entra nei licei. Quello delle scuole superiori, invece, credo sia il bacino d’utenza specifico a cui dovrebbe rivolgersi e, per intercettarlo, l’unica maniera è entrare nelle scuole superiori, ancor più che nelle università, per certi versi: se all’università si hanno già le idee un po’ più chiare e si hanno dei confini più definiti, la fase dell’adolescenza è una fase fluida, con enormi problematiche ma anche enormi potenzialità. Si è in tempo, in questa fase di sviluppo della personalità, di influenzare percorsi e rendere i ragazzi futuri cittadini migliori. La mia proposta, della quale sto parlando con l’assessorato, è quella di fare come a Torino, in cui si è fatto un accordo partenariato tra comune e provincia per far sì che il comune si interfacci anche con la consulta degli studenti provinciale per co-progettare le iniziative. Al di là della consulta provinciale, il comune, il sindaco, l’assessorato devono avviare un dialogo con i ragazzi utilizzando i collettivi liceali, i rappresentanti d’istituto, le assemblee di istituto; sulle modalità stiamo discutendo e costruendo proposte con il gruppo di ragazzi della campagna elettorale. Assieme ad Informagiovani dobbiamo trovare le modalità per entrare nei licei ad informare i ragazzi di tutte le agevolazioni, proposte, iniziative a loro indirizzate: non devono essere i ragazzi a cercare Informagiovani ma informagiovani a intercettarli, si deve ribaltare la prospettiva. Per quanto riguarda la realtà universitaria genovese ho collaborato e facilitato un incontro istituzionale tra assessorato e una rete universitaria genovese che si propone di candidarsi alle prossime elezioni universitarie per contrapporsi a Comunione e Liberazione, realtà che scandalosamente continua ad avere il monopolio in molti organi di rappresentanza studentesca.
Personalmente, credo che il primo anno di vita di questa amministrazione, per quanto concerne le politiche giovanili, dato che siamo indietro rispetto ad altre realtà, dovrebbe essere improntato alle trasferte: basterebbe prendere un buon progetto per città, con le giuste modifiche e adattamenti, per partire tra qualche mese con una serie di iniziative ben collaudate e dare un segnale di svolta. A questo proposito sono andata in trasferta più volte a Milano e Torino, entrambe all’avanguardia sull’argomento per diversi motivi: la prima in quanto capitale della moda e molto viva dal punto di vista culturale – associativo, la seconda in quanto capofila di progetti giovanili di scambi europei, capitale dei giovani 2010 e perché ha una storia che parte da lontano, essendo quello di Torino il primo informa-giovani strutturatosi a livello nazionale. Appena riuscirò, andrò ad ascoltare ciò che si è fatto in Puglia, che, con i suoi progetti (consultabili al sito “bollenti spiriti”), è regione che delle politiche giovanili ha saputo fare il primo fattore di crescita del PIL regionale. Sto prendendo contatti con l’università di Padova che sta tenendo un master sulle politiche giovanili e siamo interloquendo con la città di Cagliari che organizza una scuola di partecipazione politica per giovani. Quello che abbiamo intenzione di fare come gruppo consiliare è organizzare con l’assessorato entro l’estate un forum sulle politiche giovanili aperto alle associazioni, organi di rappresentanza giovanili e a tutta la cittadinanza in cui ci vengano illustrati progetti di altre città e che si concluda con tavoli di lavoro che facciano poi pervenire all’amministrazione proposte dal basso.
Ti sei proposta come anello di congiunzione tra giovani cittadini e istituzioni, per portare in consiglio proposte culturali che vengano proprio dai ragazzi, grazie ai canali di comunicazione offerti dalla rete: c’è stata finora interazione in questo senso? Hai ricevuto proposte, ne hai presentata qualcuna?
Devo dire che in questo primo periodo più che ad incontri in rete ho avuto incontri dal vivo con le associazioni culturali, giovanili e le giovanili di partito. Utilizzando facebook è successo fisiologicamente che molti ragazzi nel momento in cui si dovevano interfacciare con l’amministrazione mi abbiano contattato per avere consigli ed informazioni. È il caso questo ad esempio di un gruppo di ragazzi che mi ha chiesto informazioni ed esposto proposte sull’utilizzazione dello spazio verde abbandonato della Valletta di San Nicola e con cui, assieme al Comitato le Serre, adesso stiamo portando avanti delle istanze di riappropriazione dello spazio da parte della cittadinanza per l’attuazione di orti urbani. La mia presenza in rete non è ad oggi sufficiente e ne sono conscia, dopo un periodo di assestamento iniziale siamo pronti anche come lista Doria ad uscire pubblicamente con un sito di informazione costante sulle documentazioni, atti, tematiche trattate in sala rossa. Con Maddalena Bartolini, collega e amica che ha seguito il processo dagli inizi, stiamo portando all’attenzione dell’amministrazione un collettivo di artisti indipendenti genovesi, Arbusti, che ha creato un sito dinamico e interattivo che mappa gli eventi culturali della città e promuove le attività artistiche nei territori genovesi. Stiamo anche strutturando un sondaggio da diffondere in rete indirizzato alla generazione under 35 per verificare la percezione del grado di appetibilità della città per un giovane ed attuare una mappatura dei bisogni che sia utile all’amministrazione per comprendere le urgenze su cui andare ad intervenire.
Forte di quasi un anno di esperienza in consiglio, cosa salvi e cosa cambieresti della realtà in cui ti stai muovendo? Cosa vorresti riuscire a realizzare entro la fine del mandato?
Quello che cambierei è l’impostazione che si dà alle commissioni: penso che sarebbe molto più utile sederci tutti attorno ad un tavolo circolare con carta e penna, una lavagna per riassumere le idee e proposte, come nei brain-storming, per essere più operativi, in maniera più informale. Bisogna sgravare anche il consiglio dai suoi aspetti rituali e teatrali e ampliare maggiormente il suo ruolo di indirizzo e controllo, fortificando anche lo scambio di informazioni fra giunta e consiglieri. Per quanto riguarda le politiche giovanili vorrei che alla fine dei 4 anni di mandato si concerti, anche assieme alla Regione, un piano per favorire davvero l’imprenditoria giovanile che limiti la fuga dei giovani dalla nostra città e ne abbassi l’età media, promuovendo un micro-credito, politiche di co-investimento, uno sgravio fiscale significativo, una semplificazione delle norme burocratiche, la creazione di uno spazio-officina a sostegno della creatività artigianale e artistica. Bisogna investire su Genova come città universitaria, così come ha fatto Torino negli ultimi 15 anni, per innestare linfa nuova nel territorio. Vorrei che si arrivasse a vincolare il 5% del bilancio di ogni assessorato alle politiche giovanili, facendo sì che ci sia un interesse generalizzato inter-assessorile sul tema che guardi a tuttotondo verso la nostra fascia d’età segnata dalla precarietà spaziando dalla casa, al lavoro, al wi-fi, alla mobilità, alla cultura, alla dimensione ludico-ricreativa.
Claudia Baghino