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Dopo Carmine e Sarzano, è il momento della Foce: il mercato comunale in mano agli operatori riuniti in consorzio. L'assessore Oddone promuove il modello «il Comune non ha i milioni che servirebbero per i mercati genovesi». Gli operatori investiranno 1,5 milioni di euro sulla struttura
C’era una volta un mercato comunale alla Foce, all’incrocio tra corso Torino, via Ruspoli e via della Libertà, che contava 28 banchi al coperto. Dopo la mannaia della crisi economica, gli operatori rimasero 4, in una struttura alquanto vetusta e decadente, e decisero di riunirsi in Consorzio e chiedere al Comune di Genova la concessione del diritto di superficie per poter riqualificare e rilanciare l’area. Fu così che il Consiglio comunale, dopo un dibattito piuttosto acceso, si è trovato ieri ad approvare la delibera che ha stabilito la costituzione del diritto di superficie per l’area del Mercato comunale della Foce all’omonimo neo-costituito consorzio. Un provvedimento – passato con 20 voti favorevoli, 10 contrari (Lista Musso, Pdl, Lega e Udc) e 5 astenuti (M5S e Anzalone del Gruppo misto) – che ha suscitato polemiche in aula, soprattutto dal capogruppo Pdl Lilli Lauro che ha puntato il dito sulla mancanza di una gara per l’assegnazione dell’area pubblica oltre ad avanzare dubbi sulla buona fede del progetto: «In secondo luogo, 4 operatori avranno a disposizione 28 banchi: mi sembra chiaro che si tratta di un’operazione speculativa per guadagnare dalla vendita dei posti liberi. Mi stupisco che una giunta di sinistra tuteli il capitale piuttosto che il lavoro».
«Se non ci fosse stata l’iniziativa di questi operatori, il destino del mercato sarebbe stato la chiusura» ha risposto Gianni Vassallo, consigliere Pd ed ex assessore al Commercio. «Se non sosteniamo queste iniziative imprenditoriali di riqualificazione a costo zero per il Comune, cos’altro dovremmo sostenere?».
L’operazione, comunque, sembra avere tutti i crismi della regolarità, come confermato in aula dal segretario generale del Comune e come ribadito dall’assessore allo Sviluppo economico, Francesco Oddone: «Una delibera di indirizzo del 2009 circa la gestione dei mercati comunali rionali prevede che se almeno il 50% degli operatori si riunisce in consorzio, l’amministrazione possa concedere il diritto di superficie agli stessi». In realtà, il procedimento è un po’ più complesso. La delibera n. 87 del 24/11/2009 prevede, infatti, che il 51% degli esercenti attivi sul mercato possano formulare una comunicazione d’interesse per l’acquisizione del diritto di superficie della struttura; ottenuta dagli uffici comunali la stima per l’operazione, l’amministrazione può vagliare la richiesta secondo l’interesse pubblico qualora la stessa venisse formalizzata dal 75% degli operatori mercatali previa costituzione di un organismo consortile.
Nessun problema, dunque, per il Consorzio Mercato Foce a cui ha aderito la totalità dei commercianti sopravvissuti. Per cui i 4 operatori, più altri soggetti che prima non operavano nell’area ma hanno aderito al Consorzio in previsione dell’apertura di nuove attività, investiranno complessivamente quasi 1,5 milioni di euro per far rinascere il mercato: 420 mila euro rappresentano il corrispettivo da riconoscere al Comune per l’alienazione del bene e il diritto di superficie di durata venticinquennale, poco meno di un milione di euro invece è la cifra preventivata per la riqualificazione dell’area sia dal punto di vista igienico-sanitario sia da quello strutturale e degli spazi esterni. Una cifra che le casse di Tursi non avrebbero assolutamente potuto sostenere nel breve periodo. «E comunque – prosegue Oddone – il mercato non viene certo regalato ma ceduto in gestione a privati per 25 anni, con paletti molto precisi. Alla scadenza il bene ritorna al Comune che nel frattempo ha incassato i diritti di superficie e si dovrebbe ritrovare una struttura ristrutturata e riqualificata».
C’è, poi, un ulteriore aspetto che non va dimenticato, ovvero la tutela del territorio e del commercio di prossimità. «Se si facesse una gara aperta con il trionfo del liberismo selvaggio – sostiene l’assessore – si dovrebbe puntare per forza di cose al massimo ricavo e con tutta probabilità vincerebbe qualcuno che avrebbe poco interesse al mantenimento del mercato quanto piuttosto alla realizzazione di qualcosa di più ampio, come un supermercato». Con questa operazione, invece, si va a “premiare” chi ha mantenuto vivo il mercato in questi anni e ha manifestato la disponibilità a sobbarcarsi un intervento economico non irrilevante per far ripartire la struttura. Una sorta di “second best”, come lo definisce lo stesso Oddone: «Non è il meglio in assoluto ma è un buon secondo perché riteniamo che il commercio di prossimità, contrariamente ai grandi centri commerciali, sia una risorsa che mantiene vivi i nostri quartieri, con un presidio importante per il territorio e la socialità. Certo, se avessimo le risorse pubbliche sufficienti, la nostra scelta prevalente potrebbe essere il modello di Barcellona con mercati pubblici che restano tali grazie all’investimento diretto dell’amministrazione ma all’interno hanno fiorenti operatori privati. Purtroppo, il mondo reale oggi non ci consente questa opzione. Possiamo parlare a lungo del perché non sia stato fatto in passato con una scelta che ritengo colpevole e scellerata ma sta di fatto che non siamo in grado di investire tutti i milioni di euro che servirebbero per i mercati genovesi». Da qui la necessità di affidarsi a strade alternative per evitare quella che altrimenti sarebbe stata inevitabilmente la chiusura di una struttura che ha perso l’85% dei suoi esercenti.
Una strada non vista di buon occhio da Enrico Musso: «Siamo certamente favorevoli a promuovere l’iniziativa privata in questo settore – ha detto l’ex senatore – ma c’è un neo gigantesco in questa operazione. Bisogna, infatti, verificare con una procedura a evidenza pubblica che quella scelta dall’amministrazione sia per il Comune la migliore offerta possibile ricevuta, altrimenti si vanifica il valore dell’iniziativa stessa».
Di diverso avviso Luciovalerio Padovani (Lista Doria): «Non è detto che il patrimonio pubblico debba necessariamente essere assegnato con un appalto. Qualora il soggetto proponente persegua finalità pubbliche condivise dall’amministrazione si possono configurare rapporti di tipo concessorio. In questo caso particolare, con una gara pubblica si rischierebbe di non garantire il commercio di prossimità ma di finire col favorire i grandi gruppi commerciali».
Si delinea così sempre più una mappa cittadina di mercati di tipo nuovo, diversificato nella tipologia di gestione e interessante anche dal punto di vista dell’attrattività turistica. «Abbiamo il Mercato del Carmine – ricorda l’assessore Oddone – quello di piazza Sarzano, avremo questo della Foce e quello di Di Negro vorrebbe seguire lo stesso modello: mi piacerebbe che altri mercati entrassero in questo circolo virtuoso. Certo bisogna tenere presente le specificità di tutti: l’Orientale, ad esempio, che è un vero e proprio spettacolo anche dal punto di vista architettonico, ha molte risorse ma anche molti vincoli, vive bene, ha tanti turisti ma potrebbe anche vivere meglio». L’assessore guarda anche verso il futuro, puntando modelli virtuosi non così lontani dal punto di vista territoriale ma distanti anni luce dalle nostre concezioni imprenditoriali. «Dobbiamo superare certe resistenze culturali. A Barcellona, dentro ogni mercato rionale c’è un piccolo supermercato che si integra perfettamente con gli altri prodotti venduti dai banchi più tradizionali». Un sistema che funzionerebbe benissimo anche da noi. «In piazza Sarzano, ad esempio, di fronte al nuovo mercato c’è un supermercato che si aiuta vicendevolmente con gli operatori dei banchi. Se noi riuscissimo ad applicare questo modello, sollecitando gli operatori a riunirsi in consorzio che è la base giuridica da cui tutto deve necessariamente partire, avremmo risolto una buona parte dei problemi di riqualificazione e sostentamento di questo settore».
Simone D’Ambrosio