Una norma nata per contrastare il traffico di clandestini impedisce la vendita all'asta. E così uno spazio utile per le attività portuali rimane inutilizzabile
In tempi di crisi liberare spazi vitali sulle banchine del porto è un’esigenza non più procrastinabile.
Eppure, a causa di interminabili processi giudiziari, nello scalo genovese sono presenti, da molti anni, alcune navi completamente abbandonate al loro destino e ormai diventate veri e propri relitti.
Il caso più eclatante però, per colpa dell’assurdità di alcune norme giuridiche, è quello della “Sentinel”, imbarcazione battente bandiera delle isole Comore, attraccata a Calata Gadda dal lontano 2004.
Al momento dei controlli nel porto di Genova a bordo, oltre ai marittimi, si trovava un esiguo numero di clandestini. Per questo motivo la nave fu sottoposta a confisca e successivamente affidata in custodia all’Agenzia delle Dogane.
Il Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero (Dlgs 286/1998), come spiega l’Avvocato Carlo Lo Casto, prevede che “Il mezzo utilizzato per il trasporto di clandestini non può essere venduto all’asta. Deve essere demolito oppure consegnato ad enti e organi dello Stato per utilizzarlo nella lotta al traffico di clandestini o comunque per operazioni di polizia”.
L’articolo 12 al comma 8 recita infatti “I beni sequestrati nel corso di operazioni di polizia finalizzate alla prevenzione e repressione dei reati previsti dal presente articolo, sono affidati dall’autorità giudiziaria procedente in custodia giudiziale, salvo che vi ostino esigenze processuali, agli organi di polizia che ne facciano richiesta per l’impiego in attività di polizia ovvero ad altri organi dello Stato o ad altri enti pubblici per finalità di giustizia, di protezione civile o di tutela ambientale. I mezzi di trasporto non possono essere in alcun caso alienati”.
E al comma 8-quinquies si specifica “I beni acquisiti dallo Stato a seguito di provvedimento definitivo di confisca sono, a richiesta, assegnati all’amministrazione o trasferiti all’ente che ne abbiano avuto l’uso ai sensi del comma 8 ovvero sono alienati o distrutti. I mezzi di trasporto non assegnati, o trasferiti per le finalità di cui al comma 8, sono comunque distrutti”.
Una persona di buon senso dovrebbe domandarsi come è possibile immaginare di utilizzare un’imbarcazione in pessime condizioni, come strumento di repressione al traffico di clandestini.
“Parliamo di una nave di oltre 3 mila tonnellate che è diventata in sostanza un bene indistruttibile”, spiega Lo Casto.
In Italia infatti non esistono cantieri in grado di eseguire la demolizione quindi l’unica soluzione sarebbe rimorchiarla in un paese estero dove è possibile distruggerla, ad esempio la Turchia, sopportando la non trascurabile spesa che un’operazione del genere comporta.
Siamo di fronte ad un danno erariale incredibilmente sottaciuto. E lo Stato continua a rimetterci denaro con il passare dei giorni.
I danni economici derivano dalla condizione di stallo che si crea su una banchina perennemente occupata da una nave dismessa, che non offre nessun ritorno occupazionale e che anzi rappresenta un costo in termini di lavoro quotidiano degli ormeggiatori. Bisogna poi considerare che un’imbarcazione ferma subisce comunque la corrosione delle lamiere a causa delle correnti galvaniche.
Oggi la “Sentinel”, che nel 2004 era in discrete condizioni, è buona quanto un ferrovecchio.
Matteo Quadrone