Sale la tensione nel comune frontaliero. Se i migranti non lasceranno gli accampamenti, domenica pomeriggio la prefettura darà via allo sgombero coatto. Prosegue il viaggio di "Era Superba" a Ventimiglia, tra testimonianza scioccanti e situazioni non governate. L'avvocato Ballerini denuncia: "Se non tradotti in arabo, fogli di via irregolari"
Giornate convulse a Ventimiglia: la “questione Migranti” sta prendendo in queste ore una dimensione nazionale. Dopo l’auto-sospensione dal Pd del sindaco Enrico Ioculano, oggi la firma dell’ordinanza che predispone lo sgombero del campo sul Roja; il documento, notificato alle 13 di oggi, prevede 48 ore di tempo per liberare l’area. Dopo poche ore la prefettura di Ventimiglia, attraverso un comunicato stampa, fa sapere che “qualora non venissero rispettate le prescrizioni sindacali, si darà corso con immediatezza al piano di allontanamento e trasferimento in apposite strutture dei migranti”. Che, visto l’assenza di centri di accoglienza in loco, vorrebbe dire il ricollocamento coatto dei circa 200 migranti in strutture di accoglienza e identificazione sparse sul territorio italiano, come già avvenuto in precedenza a seguito della visita in loco del Ministro dell’Interno Angelino Alfano.
La questione migranti, inoltre, ha aperto una crisi politica che travalica i confini del comune ligure e della nostra regione. Ieri l’auto-sospensione dal Partito democratico da parte del sindaco di Ventimiglia, Enrico Ioculano, ha smosso le acque: «Nonostante le nostre continue richieste – commenta il primo cittadino – da Roma non è arrivata nessuna risposta. Il mio gesto, mio e dei consiglieri compagni di partito, vuole essere un segnale per far capire che così non possiamo andare avanti, perché è a rischio la salute stessa dei migranti e l’incolumità dei cittadini». Le dimissioni dall’incarico, invece, non sono mai state prese in considerazione: «La solidarietà del Pd Ligure si è fatta sentire – prosegue Ioculano – e mi ha incoraggiato a dare continuità alla amministrazione, soprattutto in una fase di emergenza come questa».
Anche il presidente di Regione Liguria, Giovanni Toti, è tornato sulla questione, ricordando come il “piano Alfano” prevedesse tre step: «Il primo – come riporta l’agenzia Dire – era la chiusura del centro accoglienza, uno scandalo nel cuore della città; il secondo doveva provvedere ad un dislocamento diverso dei migranti presenti; il terzo passaggio avrebbe dovuto garantire controlli su treni e strade in modo tale che su Ventimiglia si alleggerisse il tema dei migranti. Spero che il problema possa essere risolto nelle prossime ore, altrimenti saremmo costretti a dire che le cose non hanno ancora una volta non funzionato». Sulle polemiche sollevate dalla Lega Nord, che puntavano il dito sulla presenza del presidente della Regione alla “passerella elettorale” del ministro Alfano, Toti risponde ammettendo che: «Rixi mi aveva sconsigliato di andare, ma ritengo sia un dovere del presidente della Regione andare a informarsi e vedere che cosa succede se il ministro dell’Interno viene sul proprio territorio. Mi auguro che per una volta il governo colga il grido di dolore di una città e di una regione e si comporti efficacemente di conseguenza».
Nonostante la notizia dell’ordinanza, nell’insediamento informale sul fiume Roja la situazione, al momento, sembra essere tranquilla: al campo i migranti continuano con le loro solite attività. Le persone accampate lungo il fiume con l’aiuto di alcuni solidali hanno costruito una cucina da campo. Sotto a un tendone di plastica sono stati posizionati due bracieri, pentole e altri utensili. In mattinata si è fatto vedere per una breve visita anche il vescovo di Ventimiglia, Antonio Suetta, senza rilasciare commenti alla stampa.
Alcuni ragazzi chiedono assistenza ai medici volontari accorsi per prestare aiuto; uno di questi, genovese, che ci ha chiesto l’anonimato, racconta che spesso le visite sono anche momenti di testimonianza: un ragazzo sudanese di 25 anni, infatti, gli ha riportato di essere stato sorpreso dalla polizia francese al di là del confine, e quindi riconsegnato alle autorità italiane. Durante il fermo in caserma, pare abbia subito percosse tali da lesionargli il timpano: il trauma è stato refertato da Antonio Curotto, dottore della Società Italiana Medicina delle Migrazioni, ai medici del Pronto Soccorso di San Remo. Un ragazzo eritreo, in coda per farsi medicare la caviglia slogata, racconta di aver pagato il viaggio sul barcone verso l’Italia 1500 euro, e di aver lavorato cinque anni in Libia per raccimolare quella cifra. Se dovesse essere espulso, tutto sarebbe perduto.
Come abbiamo visto, la gestione della situazione appare confusa e spesso lasciata all’arbitrio di chi deve poi gestirla nei fatti. Alessandra Ballerini, avvocato che da anni si occupa di diritti umani e migranti sottolinea come l’applicazione delle più basilari norme di diritto sia continuamente in balìa della volontà dei singoli: «Ai migranti non viene spiegato che hanno la possibilità di fare domanda di asilo – ci racconta l’avvocato – e il decreto di espulsione, redatto in francese, inglese e italiano, non viene tradotto nella loro lingua, che spesso è solo l’arabo». Un difetto di forma, quello dell’assenza di un interprete, che è una causa invalidante del procedimento stesso.
A partire dalle 13 di oggi sono scattate le 48 ore entro le quali le zone occupate dovranno essere liberate. Scaduto il termine, la Prefettura ha già chiarito che ci sarà un immediato sgombero coatto. Nelle prossime ore, quindi, la tensione è destinata a salire. Molte sono le questioni aperte, soprattutto una, della quale nessuno sembra poterne trovare la giusta soluzione: che cosa ne sarà di queste persone?
Ilaria Bucca
Nicola Giordanella