Approvata in Commissione Sanità della Regione Liguria la proposta di legge che giaceva dimenticata da un anno e mezzo. Ora si attende la discussione in consiglio. Le associazioni dei pazienti, fondamentali nella fase di preparazione della legge, non sono state ascoltate in audizione dalla Commissione
Oggi su tutti gli organi di informazione di qualsiasi natura essi siano (carta stampata, media online, tv e quant’altro) sono usciti roboanti articoli in merito all’approvazione in Commissione Sanità della proposta di legge regionale (che peraltro giaceva dimenticata da un anno e mezzo in qualche cassetto) sulla cannabis terapeutica “Modalità di erogazione dei farmaci e delle preparazioni galeniche a base di cannabinoidi per finalità terapeutiche”, presentata dai consiglieri di Sel e Fds.
Ebbene, trattandosi di una materia assai spinosa che chiama in causa leggi nazionali e relative leggi regionali (chi vuole approfondire è invitato a leggere l’approfondimento di Era Superba), in via di approvazione in tutta Italia grazie alla spinta decisiva delle associazione di pazienti che da anni si battono per il diritto alla cura con la cannabis, la confusione regna sovrana. A questo punto è necessario fare un po’ di chiarezza perché non è possibile giocare irresponsabilmente sulla pelle dei malati.
Innanzitutto la proposta di legge è stata approvata all’unanimità in III Commissione ma dovrà essere discussa, nel mese di agosto (salvo probabili slittamenti perché sappiamo bene quanto i nostri politici tengano alle ferie,ndr), in Consiglio regionale. Inoltre ieri, contestualmente alla proposta di legge, è stato approvato anche un relativo emendamento che, secondo i consiglieri, migliora l’impianto complessivo della legge.
Premesso che finché non sarà possibile leggere integralmente l’emendamento è difficile farsi un’idea sufficientemente chiara delle presunte novità introdotte, alcune incongruenze saltano immediatamente agli occhi.
«La proposta di legge prevede di inserire i farmaci a base di cannabonidi all’interno del servizio regionale sanitario e renderli così, accessibili economicamente a tutti i pazienti che ne necessitano», scrive Sel in un comunicato stampa diffuso ieri. «Con questa legge si daranno importanti risposte sia dal punto di vista della salute dei malati perché la cura è all’avanguardia, sia dal punto di vista economico perché riduciamo le spese ai pazienti», aggiunge il consigliere di Sel, Matteo Rossi.
«L’emendamento migliorativo prevede che i farmaci a base di cannabis possano essere prescritti da medici di medicina generale previa prescrizione di specialisti in oncologia, anestesia, rianimazione, neurologia e medici in attività di centri e servizi di cure palliative, restando a carico delle servizio sanitario regionale», spiega il comunicato.
Titoloni di giornale annunciano che da oggi la cannabis terapeutica potrà essere prescritta anche dai medici di base, ma in realtà già da alcuni anni esiste questa opportunità, tra l’altro senza dover passare preliminarmente dalla prescrizione di uno specialista. Il problema semmai è trovare medici disponibili a prescrivere medicinali derivati dalla cannabis perché tutto dipende dall’esclusiva valutazione discrezionale del professionista in questione ed inoltre lo stesso Ordine dei medici non incentiva questa pratica.
Attualmente simili prodotti non sono disponibili nelle farmacie del nostro Paese ed i medici che ritengono di dover sottoporre i propri pazienti a terapia farmacologica con derivati della cannabis devono richiederne l’importazione dall’estero all’Ufficio Centrale Stupefacenti del Ministero della Salute. La normativa nazionale di riferimento è il Decreto Ministeriale dell’11 febbraio 1997, relativo all‘importazione di farmaci esteri direttamente dal produttore da parte delle Farmacie del servizio sanitario pubblico, per utilizzo in ambito ospedaliero ed extra-ospedaliero.
Inoltre dal 2007 si è aperta anche una seconda opportunità per i pazienti. I medicinali a base di cannabinoidi possono infatti essere commercializzati come preparazioni galeniche magistrali. Qualunque medico può prescrivere su semplice ricetta bianca non ripetibile tali preparazioni e qualsiasi farmacia – dotata di un laboratorio galenico – può richiederli ad una ditta di Milano, la Solmag-Artha, che nel 2009 ha chiesto ed ottenuto l’autorizzazione per importare i derivati naturali, ovvero le cosiddette infiorescenze femminili, dall’Olanda.
Oggi i farmaci a base di cannabis sono a carico del paziente se prescritti dal medico di base, a carico del servizio sanitario se prescritti in ambito ospedaliero, non solo ospedalizzati ma anche pazienti soggetti a day-hospital, ad un percorso ambulatoriale o in regime di assistenza domiciliare integrata.
«Se la presunta novità consiste nella possibilità, dopo aver ottenuto la prescrizione di uno specialista, di poter continuare la terapia ottenendo i farmaci gratuitamente su prescrizione del medico di base, questo sarebbe un fatto positivo – spiega Alessandra Viazzi, presidente dell’associazione Pazienti Impazienti Cannabis – al contrario, se l’accesso gratuito ai derivati della cannabis è consentito esclusivamente grazie alla prescrizione di un medico specialista, si tratta di un passo indietro. Inoltre l’aver limitato le specialità (oncologia, anestesia, rianimazione, neurologia e medici in attività in centri e servizi di cure palliative) è un errore perché in questo modo si limita l’accesso alla cura ad una moltitudine di malati».
Il presidente della commissione Sanità, Stefano Quaini, prova a spiegare meglio le novità introdotte «Facendo riferimento alla legge n.38/2010, che disciplina le cure palliative e la cura del dolore in Italia, ho proposto alcuni emendamenti che sono stati recepiti e che danno la possibilità di prescrizione ai medici specialisti di anestesia e rianimazione, oncologia e neurologia, oltre ai medici operanti nei centri e servizi di cure palliative, tenendo fermo il principio secondo cui l’approvvigionamento del farmaco in questione debba effettuarsi presso lo stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze, mentre ad oggi l’unica possibilità era quella di fare riferimento a livello sovranazionale».
L’associazione Pazienti Impazienti Cannabis contesta con forza queste affermazioni «Il riferimento alla legge n. 38/2010 è negativo perché così passa un messaggio errato – spiega Viazzi – viene messa in evidenza l’utilità di questi farmaci esclusivamente per quanto concerne le cure palliative del dolore, ad esempio nei casi di malati di Aids o per malati sottoposto a cicli di chemioterapia. Ma questa è solo una delle indicazioni e non certamente la principale, come abbiamo sottolineato più volte. In questa maniera vengono esclusi numerosi pazienti affetti da patologie che nulla hanno a che vedere con le cure palliative. Inoltre lo stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze è solo l’ultimo tassello di un processo che prevede, prima l’indicazione di un ente produttore di cannabis a fini terapeutici e successivamente, tramite un bando della regione, l’individuazione di una struttura dove realizzare la preparazione dei farmaci. Oggi, infatti, è possibile rivolgersi alle farmacie dotate di un laboratorio galenico che però sono costrette ad importare il prodotto dall’Olanda, con i conseguenti notevoli costi per i pazienti».
Ma l’aspetto più grave rimane l’aver escluso le associazioni dei pazienti – la cui esperienza è stata fondamentale nella fase di preparazione della proposta di legge – dalle recenti audizioni della Commissione Sanità, nonostante i consiglieri sbandierino ai quattro venti il loro coinvolgimento «E’ stato condotto un ciclo di audizioni esaustivo e molto utile che ha dato la possibilità ai commissari di essere edotti al meglio sulla materia, peraltro molto complessa e non priva di tecnicismi – afferma Quaini – La Liguria sarebbe la seconda regione italiana, dopo la Toscana, a dotarsi di una legge ad hoc su un tema così spinoso e spesso trattato in maniera superficiale e pregiudiziale, mentre i consiglieri della nostra Regione hanno dimostrato una notevole maturità e l’interesse fattivo nel voler offrire risposte concrete a malati sofferenti di patologie croniche molto insidiose».
«Noi non siamo stati ascoltati dalla Commissione – conferma il presidente di Pazienti Impazienti Cannabis – Per quanto ne sappiamo i consiglieri regionali hanno incontrato in audizione l’associazione Gigi Ghirotti, presieduta dal professor Franco Henriquet ed il primario di medicina d’urgenza del San Martino. Eppure senza il nostro contributo la proposta di legge non sarebbe mai stata realizzata».
Pazienti Impazienti Cannabis, Associazione Luca Coscioni e Associazione per la Cannabis Terapeutica, infatti, erano stati convocati per l’11 giugno, poi l’incontro è stato rinviato al 18 giugno. «In vista di questo importante appuntamento abbiamo coinvolto anche la Società Italiana Farmacisti Preparatori, i rappresentanti della Solmag-Artha che si occupa dell’importazione dei derivati naturali dell’Olanda ed il medico che ormai da molti anni segue 4 pazienti genovesi e conosce molto bene le attuali procedure – conclude Viazzi – sarebbe stato utile ascoltare le nostre istanze invece l’audizione è slittata nuovamente, questa volta al 25 giugno. Noi abbiamo comunicato che quel giorno non saremmo riusciti ad essere presenti, causa altri impegni, ma nonostante le nostre richieste di fissare un nuovo appuntamento, non siamo più stati convocati. Con grande sorpresa ieri sera sono venuta a conoscenza dell’approvazione della proposta di legge. Prima di dare un giudizio definitivo sulla legge vogliamo studiarla approfonditamente con i relativi emendamenti».
Certamente l’aver diffuso entusiastici comunicati stampa sull’approvazione di una proposta di legge che ancora deve essere discussa dal consiglio regionale e, senza ombra di dubbio, necessita di opportuni aggiustamenti, resta una leggerezza incomprensibile su una materia assai delicata che chiama in causa il diritto alla cura di migliaia di malati.
Matteo Quadrone
2 commenti su “Liguria, cannabis terapeutica: quando la disinformazione la fa da padrona”