La trattativa con le istituzioni è ferma: «ieri in assemblea abbiamo deciso che non sfrutteremo gli spazi del Mercato del Pesce neppure come magazzino e tutt’al più ci prenderemo un altro spazio»
Non poteva tardare la riposta del Buridda al quadro tracciato su Era Superba dal vicesindaco Bernini che ha ricostruito le tappe che hanno portato allo sgombero e ha anticipato che cosa potrebbe accadere nel futuro. I ragazzi del collettivo, dopo lo sgombero, il corteo e l’assemblea di ieri sera e prima del volantinaggio di stamattina sotto palazzo Tursi alla ricerca di un incontro con il sindaco, hanno letto quanto dichiarato ieri a Era Superba dal vicesindaco e si sono resi disponibili a fare il quadro della situazione dalla loro prospettiva. Con un punto ben fermo: l’avventura del Laboratorio sociale non finisce così ma, almeno per il momento, non potrà continuare neppure negli spazi al primo piano del mercato del pesce ritenuti assolutamente non adeguati alle esigenze.
« La trattiva – ricorda un membro del collettivo – è inizia all’incirca 6 anni fa con termini molto semplici: tutti gli spazi occupati, Buridda, Tdn, Zapata e Pinelli dovevano essere assegnati regolarmente con contratto d’affitto abbattuto del 90% (qui l’approfondimento di Era Superba, ndr). Il Pinelli doveva andare nello spazio in muratura che hanno ora, per lo Zapata il Comune avrebbe dovuto comprare l’attuale struttura del Demanio, il Tdn sarebbe stato sottoposto a grandissimi lavori di ristrutturazione e messa in sicurezza nell’ambito della costruzione della moschea, il Buridda sarebbe stato spostato in luogo idoneo per vendere il palazzo di via Bertani».
Un luogo idoneo che, però, non può essere il primo piano del mercato del pesce. «Luogo idoneo – proseguono i ragazzi del Buridda – per noi significa uno spazio che avesse la stessa superficie della ex Facoltà di Economia e Commercio, in grado di ospitare in centro tutte le attività che già facciamo quotidianamente. Invece, ci hanno proposto due appartamenti da 400/500 metri quadri a fronte di 4300/4500 che utilizzavamo l’altro ieri in una struttura che si estende per ben 5800 mq». Da non sottovalutare anche la questione soffitti: «Essendo appartamenti, i soffitti sono alti più o meno 3 metri e non tutte le nostre attività possono essere ospitate in uno spazio con così poca aria a disposizione».
Ma all’inizio si vociferava di una possibile estensione anche ai piani inferiori. «Ci avevano detto che nel giro di 6 mesi avremmo avuto tutto lo stabile del mercato del pesce. E a quel punto la trattativa sarebbe anche potuta andare in porto perché lo spazio sarebbe stato sufficiente per fare i concerti, una determinata tipologia di eventi e per ospitare le palestre. Avremmo avuto a disposizione anche i fondi dove attualmente ci sono le celle frigorifere. Ma il mercato del pesce non si è mai voluto spostare a Ca’ de pitta».
Così solamente la palestra di arrampicata ha provato a spostarsi nei nuovi spazi. «Abbiamo fatto una serie di lavori di parziale ristrutturazione – racconta il nostro contatto – spendendo anche un bel po’ di soldi per l’impianto elettrico». A settembre di due anni fa la palestra ha, dunque, aperto i battenti al mercato del pesce ma non è stata un’operazione semplice: «All’interno del collettivo abbiamo discusso molto sull’opportunità di proseguire la trattativa con il Comune, tanto che solo uno dei tanti laboratori si è effettivamente trasferito ma dopo un anno aveva già abbandonato gli spazi».
Così, da circa un anno a questa parte, nel primo piano del mercato del pesce non c’è più nulla. «È vuoto – confermano i ragazzi – anche se per ragioni strategiche teniamo ancora le chiavi. L’unica volta che lo abbiamo utilizzato è stata ieri giusto per metterci uno striscione. Sempre ieri in assemblea abbiamo anche deciso che non lo sfrutteremo neppure come magazzino e tutt’al più ci prenderemo un altro spazio».
Nel frattempo la trattiva con le istituzioni è assolutamente ferma. «Nessuno aveva l’interesse a sentirsi – ammette il portavoce del collettivo – noi stavamo dove eravamo e loro ogni tanto mandavano un tecnico a controllare lo stabile, niente di più». Solo due consiglieri di Lista Doria si sono fatti vivi nel frattempo proponendo un paio di alternative a via Bertani. «Pignone e Bartolini – ci svelano i ragazzi del Buridda – ci hanno raccontato di aver sentito il Patrimonio e di aver ricevuto una disponibilità di massima per un due appartamenti al Massoero o per la scuola Garaventa nei vicoli. Ma gli appartementi del Massoero avevano le stesse difficoltà degli spazi al mercato del pesce, sarebbero stati da ristrutturare e avrebbero probabilmente comportato anche la necessità di farci carico della mensa mentre la Garaventa all’epoca era ancora occupata (dagli alunni che sono poi stati traferiti nella nuova scuola di piazza delle Erbe, ndr)».
Da allora, tutto taceva fino all’alba di ieri. «Ma non ci vengano a direi che non ne sapevano nulla – incalzano dal Buridda – o che il sindaco è uscito mezz’ora prima dal Comitato di sicurezza o, ancora, che comunque non era d’accordo sullo sgombero. È lui il proprietario e parte della responsabilità e comunque sua».
Oltre a mettere in evidenza le responsabilità politiche della situazione, al collettivo sta molto a cuore un altro punto: capire se veramente c’è qualcuno interessato all’acquisto del palazzo di via Bertani e, nel caso, di chi si tratti. «Da un mesetto – ci raccontano – girano voci che dietro tutto ciò potrebbe esserci gente di Milano pronta a investire i soldi dell’Expo: è vero o sono solo sparate? Perché per quanto ribassato il prezzo dello stabile non crediamo potrà scendere sotto i 7 milioni di euro e ci sono lavori immani da portare a termine. Intanto il piano terra è vincolato dalla Sovrintendenza e poi gli spazi interni sono aule e non appartamenti: una casa con i soffitti alti 5 metri non la ha neppure il cardinal Bertone. Quindi, sicuramente c’è dietro un’operazione di speculazione, e non ci sembra un dettaglio approfondire per capire chi sta per speculare sull’immobile».
Simone D’Ambrosio