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L'immobile di via Bertani ha un nuovo prezzo, certificato dall'Agenzia delle Entrate: 3,4 milioni cioè oltre la metà di quanto previsto. Il prezzo è congruo?
Passa in Consiglio comunale il deprezzamento dello stabile di via Bertani che ospitò la Facoltà di Economia dell’Università prima e l’occupazione del Laboratorio Sociale Buridda dopo. La delibera che fissa il nuovo valore di vendita dell’immobile arriva dopo l’offerta di una Società di Gestione del Risparmio, controllata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, che ha proposto un prezzo poco più che dimezzato. La congruità dell’offerta è stata certificata dall’Agenzia delle Entrate. Andamento del mercato e condizioni dell’edificio sono le “cause” ufficiali del ribasso.
Dopo l’impasse delle aste andate deserte in passato, la svolta arriva il maggio scorso quando la Società per la Gestione del Risparmio Invimit fa sapere al Comune di essere interessata all’edificio di via Bertani. Viene presentato anche un ipotetico prezzo di acquisto, frutto di una relazione affidata dalla società ad un esperto: l’ammontare è pari a 3.100.000 euro. A questo punto Comune di Genova, visto che la quantificazione è ben oltre la metà dell’ultima fissata (6.298.500 euro nel 2015) chiede all’Agenzia delle Entrate di fare una valutazione del valore dell’immobile: «è l’ente competente in materia – afferma l’assessore allo sviluppo economico Emanuele Piazza – il quale si occupa di valutare gli immobili degli enti pubblici destinati alla vendita». La valutazione restituita dall’agenzia determina un prezzo poco più alto cioè 3.498.000 euro, con la possibilità di un ulteriore ribasso tra 5 al 10% in base a eventuali subentrate esigenze. Gli uffici tecnici del Comune confermano un ribasso del 7,5%; durante la discussione in Sala Rossa, grazie un emendamento della giunta stessa, però lo si elimina, per determinare il prezzo come da precedente valutazione dell’Agenzia delle Entrate
Nella delibera, tra le premesse, viene evidenziata la necessità, nell’interesse pubblico, di vendere l’immobile, non essendo più “procrastinabile ulteriormente la situazione del mantenimento di un immobile di tali dimensioni nel pieno centro cittadino, inutilizzato ed esposto a possibili occupazioni abusive sia ad un progressivo degrado anche manutentivo”. Ma se nel 2008 il primo prezzo fissato fu di 7,8 milioni di euro, e nel 2015 il ribasso arrivò a 6,2 milioni, come ha fatto, nel giro di pochi mesi, il valore dello stabile a “precipitare” in questo modo? «Probabilmente la prima valutazione fu fatta su una coda di un mercato immobiliare ancora solido – spiega Piazza – oggi quel mercato è molto cambiato, come è noto». Crollato, sarebbe meglio dire, visto che un immobile di pregio, in pieno centro città, ha perso il 50% del suo valore in pochi mesi. Sicuramente le condizioni dello stabile hanno contribuito, ed evidentemente le precedenti aste non andate a buon fine sono un segno evidente di una “proposta” poco appetibile. Va notato però che questa volta la procedura è stata diversa: se prima era l’amministrazione a fissare un valore, in questo caso l’input del prezzo è arrivato dal potenziale acquirente.
Invimit, (Investimenti Immobiliari Italiani Sgr SpA) è una società di gestione del risparmio del Ministero dell’Economia e delle Finanze, nata nel 2013 per “cogliere le opportunità derivanti dal generale processo di valorizzazione e dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, attraverso l’istituzione, l’organizzazione e la gestione di fondi comuni di investimento chiusi immobiliari”. Stando allo statuto della società, l’operatività di Invimit Sgr fa parte di un più ampio processo di “razionalizzazione e valorizzazione del patrimonio dello Stato, degli Enti Pubblici Territoriali e dagli altri Enti pubblici”, al fine di “contribuire alla riduzione dello stock del debito pubblico”. Dopo una prima fase di start up, la società sta iniziando a produrre buoni risultati, gestendo “masse” per 800 milioni l’anno, come dichiarato pochi giorni fa dal presidente Ferrarese.
La particolarità dell’operazione è che, sia chi a proposto il prezzo, sia chi ha “controllato” il valore dell’immobile in questione, fa capo, seppure con meccanismi e autonomie molto diverse, allo stesso ente, cioè il Ministero dell’Economia e delle Finanze. Se l’Invimit è controllata al 100% dal MEF, l’Agenzia delle Entrate, da statuto, è sottoposta alla vigilanza del Ministero, che ne detiene l’indirizzo politico, attraverso una convezione triennale che fissa obiettivi e relative risorse, pur essendo dotata di autonomia regolamentare, amministrativa, patrimoniale, organizzativa, contabile e finanziaria.
Per la cronaca, la delibera che ha stabilità il nuovo prezzo è stata approvata con 17 voti favorevoli (Farello, Canepa, Guerello, Lodi, Pandolfo, Russo, Veardo e Villa del Partito Democratico; Comparini e Gibelli di Lista Doria; Malatesta di Possibile; Caratozzolo, Gozzi e Vassallo di Percorso Comune, Chessa di Sel, De Pietro di Effetto Genova e il sindaco Marco Doria), 7 contrari (Bruno e Pastorino di Fds; Musso Enrico e Musso Vittoria di Lista Musso; Grillo del Pdl; Nicolella e Pederzolli di Lista Doria) e 11 astenuti (Balleari, Baroni, Lauro del Pdl, Boccaccio del M5s, Putti, Burlando, Muscarà di Effetto Genova, Gioia e Repetto dell’Udc, De Benedictis del Gruppo Misto e Salemi di Lista Musso). Una composizione, quindi, molto eterogenea delle posizioni sul provvedimento che oscillavano dalla contrarietà di Guido Grillo motivata da «Un prezzo da svendita», alla opposizione più squisitamente politica di Antonio Bruno, che ha ricordato come questa operazione derivi da una «rottura della amministrazione con una parte della città che aveva allacciato un accordo attraverso un protocollo di intesa, accordo rotto a seguito di uno sgombero dettato da necessità economiche oggi dimezzate».
L’operazione, se andasse a buon fine, quindi, chiuderebbe un capitolo molto discusso della storia recente della nostra città. L’offerta nei fatti salva l’amministrazione (e anche quella che verrà) dal gestire una “patata bollente” sia dal punto di vista dei costi, sia dal punto di vista politico, dato che la sorte incerta dei ragazzi del Buridda (e della città che, ci piaccia o meno, rappresentano), oggi nuovamente a rischio, è iniziata proprio dallo sgombero di via Bertani. Oggi tutto ciò ha un valore, che è 3,4 milioni di euro; il prezzo è congruo?
Nicola Giordanella