Pioggia di stelle cadenti nella notte tra il 21 e il 22 ottobre, sarà infatti il picco delle Orionidi, le meteore della cometa di Halley
Alzare gli occhi al cielo, un gesto che qualcuno fa per esprimere rassegnazione o, accompagnato da una smorfia ironica, per sottolineare che la pazienza si sta esaurendo, altri vi si rivolgono in cerca di un aiuto impossibile, gli innamorati per magnificare un momento di incanto, i licantropi per cantare la loro “canzone” alla luna, insomma, tutti nella loro vita, almeno una volta, hanno volto lo sguardo verso quell’infinito tacito e misterioso che, apparente immoto, cela il segreto della nostra esistenza.
“Apparente immoto”, perché, lassù, tra gli spazi siderali, tutto si agita a “velocità della luce” per raccontare piccole e grandi storie: è il caso del cielo di ottobre, mese straordinario dal punto di vista astronomico, che vede protagonisti la Luna, Giove, le Orionidi ed altre Costellazioni. Tra gli “ospiti” del sistema solare, infatti, in questo periodo, Giove si distingue facilmente, compare nel cielo autunnale dopo il tramonto del sole e che, dal 28-29, grazie all’ora solare, sarà visibile già intorno alle 21 seguito, poco dopo da Aldebaran, la stella più brillante della costellazione del Toro verso cui Giove si sposta lentamente con un cammino retrogrado.
Se la sua brillantezza non fosse sufficiente, un punto di riferimento certo per individuarlo è la Luna con cui si trova in congiunzione (per congiunzione si intende la posizione i due corpi celesti l’uno accanto all’altro, non più distanti di 8-9 gradi), Luna che, nel suo cammino, entra in congiunzione, anche, con Marte e Venere e, il 31 ottobre, con le Pleiadi, un ammasso aperto della Costellazione del Toro.
Sarà possibile, poi, giocare con la geometria alla ricerca del triangolo astronomico formato da stelle che appartengono a tre costellazioni diverse: Altair (costellazione dell’Aquila), Deneb (costellazione del Cigno) e Vega (costellazione della Lira). Sono, però, le Orionidi, “les Etoiles” di questo palcoscenico autunnale: danzeranno la loro coreografia luminosa tra il 21 e il 22 ottobre, giorni in cui si potrà assistere ad una pioggia di stelle cadenti, residui ancestrali della cometa di Halley, ma, per godersi appieno lo spettacolo, bisognerà aspettare la mezzanotte quando non ci sarà più la luce riflessa della pallida Selene (luna) a disturbarne la visione.
Se, però, non siete innamorati o non desiderate chiedere una grazia al cielo nella speranzosa attesa che si avveri, ma siete solo curiosi di conoscere le mille storie fantastiche che ruotano insieme agli astri, è necessario perdersi nel tempo alla ricerca del mondo onirico degli eroi e degli Dei. Questo sciame di meteore, infatti, deve il nome al radiante (area), da cui provengono e cioè da quello spicchio di cielo dove troneggiano le brillanti stelle della costellazione di Orione, dalla rossa Betelgeuse alla azzurra Rigel, e, soprattutto una serie di tre stelle in verticale, che si dispongono al centro a rappresentare la cintura del mitico cacciatore. Queste stelle, Mintaka, Alnilam e Alnitak, (temperatura superficiale di 15000-20.000°), forniscono un punto di riferimento facile anche per osservatori neofiti o non particolarmente esperti.
Ma, chi era Orione? Neppure la leggenda riesce a spiegare come una delle più belle costellazioni equatoriali sia stata attribuita a un giovane affascinante cacciatore, di aspetto gigantesco, che, però, non “brillava” certo sia per illustri natali sia per imprese eroiche. Quanto alle sue origini, si narra che Giove, Nettuno e Marte, giunti a Tanagra (vicino a Tebe in Beozia), mentre viaggiavano in incognito, venissero ospitati e rifocillati da un povero contadino, Ireo. Nel versare il vino, venuto a conoscenza di chi fossero i suoi convitati, non esitò a sacrificare l’unico suo bene, un macilento bue. Per riconoscenza, i magnanimi Dei gli chiesero di esprimere un desidero: il misero, che era vedovo, dichiarò che desiderava ardentemente un figlio ma, nel contempo, non voleva tradire il ricordo dell’amata moglie. I numi, non posero indugio: si fecero portare la pelle del bovino immolato, lo irrorarono della loro “divina” urina, la seppellirono accuratamente, assicurando che, dopo 9 mesi, da quel ”tesoro” nascosto ne sarebbe scaturito un bimbo, appunto quel tal Urione, cui, i Greci, cambiarono il nome in Orione per ovvia convenienza.
Fonti più antiche, per maggiore dignità, lo individuano, invece, nel sumerico dio Uru-anna (luce del cielo) che, ogni anno, affrontava il toro celeste, Gud-anna, nell’allegorico scontro tra divinità da cui originava l’alternarsi delle stagioni o nel mesopotamico Gilgamesh, re sumero della città di Uruk. Avendo costui disdegnato le profferte amorose di Ishtar, si trovò ad affrontare, aiutato dall’amico Enkidu, il terribile toro che l’oltraggiata dea aveva mandato, per vendetta, a devastare le sue terre.
Quali siano i suoi primordi, Orione è soprattutto salito agli onori della “cronaca” per le innumerevoli vicende pruriginose di cui, si dice, sia stato protagonista e che non sfigurerebbero nel mondo del gossip contemporaneo, a cominciare dalla violenza perpetuata, nell’isola di Chio, ai danni della bella principessa Merope, “colta”, contro la sua volontà, grazie all’effetto di un vino inebriante. Il di lei padre, re Enopione, come è naturale, non gradì affatto l’accaduto e punì il fedifrago facendolo accecare. Errando disperato, Orione giunse all’isola di Lemno dove il dio del fuoco Vulcano, impietosito, gli offri, come guida, un bambino che lo accompagnasse fino ai confini del mondo dove riposava Elio, il dio del sole. Come in ogni favola a lieto fine, bastò che, al risveglio, la divinità posasse i suoi raggi miracolosi sul bel cacciatore perché Orione riacquistasse immediatamente la vista e… non solo: incantato da tanta bellezza il dio pretese ed ottenne di passare una notte col nostro eroe e la cosa sarebbe continuata se non fosse intervenuta la Dea Aurora, signora dei venti e delle stelle, che, a sua volta, colpita dall’irresistibile sex appeal del giovane, non lo avesse rapito e portato lontano. Qui i racconti si intrecciano e si sovrappongono con diversi tipi di finali. Una delle tante versione vede la virginea Diana, dea della caccia, pronta a sacrificare volentieri la sua castità se non avesse scoperto che l’infedele gigante si dava molto da fare con le Pleiadi, le sette figlie di Atlante per cui inviò un enorme scorpione, ad uccidere il malcapitato. Una variante più edulcorata parla invece di un casto idillio tra la dea ed Orione a cui mise fine Apollo, fratello di Diana, con un terribile stratagemma. Mentre l’ignaro eroe nuotava beatamente in un fiume, il dio alato (Apollo) sfidò la sorella a colpire quel puntolino lontano ed indistinto. Abile ed infallibile cacciatrice la dea non se lo fece ripetere due volte causando, involontariamente, la morte dell’innamorato. Il pianto disperato dell’amata commosse Zeus, il padre degli dei, che strappò le misere spoglie alle vicende terrene per collocarle lassù dove ancor oggi brillano.
Nulla a che vedere con le passionarie storie di questo antico Casanova hanno, invece, le morigerate Orionidi che si limitano a solcare il cielo per offrirci il più romantico degli spettacoli di luce e, se porteranno qualche desiderio esaudito, che dire se non…. Benvenute!
Adriana Morando