Dall'antichissima leggenda del pozzo cittadino, alle ville secolari. Stretta fra il mare e i monti, Arenzano offre i percorsi alpinistici e le giornate in spiaggia...
Se una domenica non sapete cosa fare e volete lasciare la città ma non avete voglia di farvi inscatolare, per troppo tempo, in quella quattro ruote che già vi accompagna, quotidianamente, nel traffico caotico di Genova, imboccate l’autostrada che porta verso il ponente ed uscite ad Arenzano, una piccola e ridente cittadina marinara, sita in un’insenatura naturale chiusa da Capo San Martino.
Un nome antico come le sue origini che, pare, risalgano ai tempi dei romani come testimonierebbe “ Arentianis” (possedimenti della famiglia di Aurentius), toponimo di chiara derivazione latina. Un’altra fonte ipotizza che il nome tragga origine dalla presenza di “un’ara di Giano”, divinità bifronte che viene chiamata in causa anche per la denominazione della nostra metropoli.
Aensèn o Rensèn, in ligure, stretta tra il mare e i monti, col suo territorio interamente compreso nel Parco Naturale del Beigua, offre un’immagine di serena tranquillità che stride con i suoi trascorsi storici, tempi lontani che la videro preda delle incursioni dei saraceni che qui crearono una delle più importanti basi per la pirateria del Mar Ligure. A questi scomodi ospiti è legata un’antica leggenda, quella del “pozzo sparito”. Si narra che, nel luglio 1260, le vele dei predatori mussulmani apparvero all’orizzonte incutendo, negli arenzanesi, un ben motivato terrore. A difesa dei beni più preziosi, decisero di nascondere le fanciulle e gli oggetti pregiati in un pozzo che si era inaridito per l’estrema siccità, sito nel centro della città. Ricopertolo accuratamente e cancellate tutte le tracce, attesero che la scorribanda avesse termine e poi corsero a recuperare i loro tesori ma non furono in grado di ritrovare il luogo di quel nascondiglio così ben celato. Può sembrare incredibile ma, ancora nell’ottocento, nei contratti di compra-vendita di terreni, veniva inserita una clausola che imponeva, nel caso del rinvenimento del pozzo, di cederne il contenuto al primitivo proprietario.
Cacciati i saraceni, nel medioevo, Arenzano venne a far parte della Marca Obertenga, ampio territorio sotto il dominio di una dinastia longobarda, il cui capostipite era Oberto, marchese di Milano e conte di Luni. Fu questo un periodo di grande crescita per il piccolo borgo che si trasformò in un fiorente centro commerciale, sede di importanti cantieri navali e che raggiunse il massimo sviluppo, nel XIII secolo, quando la cittadina poteva vantare oltre 50 barche a vela che svolgevano i loro traffici nel Mediterraneo.
Con l’avvento delle navi a vapore, l’attività portuale si ridusse gradualmente per lasciare il posto ad un’altra ricca fonte di introiti, il turismo, di cui ne è testimone il famoso Grand Hotel, inaugurato nel 1915 e tuttora esistente, situato a pochi passi dal Parco Comunale (di proprietà del marchese Cambiaso).
Per chi è in cerca di relax “dinamico”, si può raggiungere Cogoleto percorrendo la pista ciclabile che collega i due centri rivieraschi, uno splendido lungomare dedicato al cantautore genovese Fabrizio De André, o avventurarsi a “Cü du Mundu”, località conosciuta per i suoi percorsi torrentizi e alpinistici. Se, al contrario, preferite qualcosa di più tranquillo vi aspetta la Villa Negrotto Cambiaso (XVI secolo), oggi sede del municipio, e il suo verde prato all’inglese. Non mancate di fare una visita alla chiesa parrocchiale, costruita su progetto dell’architetto Giovanni Antonio Ricca tra il 1703 e il 1717 che vi accoglierà con la sua facciata barocca, cui fanno da cornice due campanili e il vicino oratorio quattrocentesco di Santa Chiara.
L’edificio ecclesiale, una ricostruzione fedele operata sulle macerie del bombardamento aereo del 1944, mostra un interno, di forma ellittica, impreziosito dagli affreschi di Andrea Semino e da ampie vetrate colorate, ritraenti san Giovanni Battista e i santi Nazario e Celso, a cui è dedicata. In alto, affacciato sul mare, si erge il Santuario del Bambino di Praga, fondato dai Carmelitani scalzi nel 1905. Il culto del piccolo ”re” vede la luce in questo luogo con il dono di una statua in cera da parte della principessa Polissena Lobkowitz, nel 1628, che fu sostituita con l’attuale, nel 1902, offerta dalla marchesa Delfina Gavotti, ed incoronata ufficialmente nel 1924.
Naturalmente non si può lasciare Arenzano senza visitare il bellissimo museo dedicato alle tecnologie per l’ambiente. Il suo nome è “Muvita” ed è nato 11 anni dopo il più grande disastro navale del Mediterraneo che vide disperdersi in mare le 144.000 tonnellate di petrolio contenute nelle stive della “Haven”, relitto che ancora giace sui fondali a 70 m di profondità. L’edificio, il Casone, in cui è sito il “science center”, è una vecchia cartiera del seicento con un caratteristico tetto a nave rovesciata che ricopre una struttura di quattro livelli: i primi due sono divisi in sette aree di percorsi interattivi, il terzo è dedicato alla biblioteca e ad un laboratorio di biochimica, il quarto ospita un auditorium da 300 posti, il tutto per un totale di 2600mq di superficie. Unico nel suo genere in Italia, si propone di educare al rispetto dell’ambiente attraverso la conoscenza del clima, delle varie forme di energia, dello sfruttamento delle biomasse, dei modelli di crescita sostenibile.
Per partecipare alla festa patronale in onore dei santi Nazario e Celso, che non manca di processioni, bancarelle di tutti i generi e di fuochi d’artificio, dovrete, però, aspettare il 28 luglio e, soprattutto, non potete mancare alla festa di San Bartolomeo il 24 agosto, in località Terralba, occasione irrinunciabile per poter gustare le melanzane ripiene, specialità del luogo.
Adriana Morando