La leggenda di Sant'Ilario narra le gesta di un religioso che si sarebbe nascosto in una grotta sulla riva del torrente Nervi. Quella grotta è ancora oggi visibile...
Lasciando la statale Aurelia e salendo verso il monte, (leggi anche la storia delle antiche creuze di Sant’Ilario) la strada si inerpica in salita tra il verde degli ulivi, tra antiche case che occhieggiano nascoste nel verde, tra vecchi muri a secco e piccole crœze che serpeggiano lungo le pendici del monte, erti sentieri che raccontano una storia remota. Lì dove la salita rifiata, appare la chiesa, che da il nome al borgo, dedicata a S. Ilario di Poitiers, grande padre della cristianità di cui si celebra il dies natalis il 13 gennaio.
Edificio, probabilmente, risalente all’anno mille, lascia traccia certa di sé solo in un certificato notarile del 1198 ed in uno successivo del 1270 in cui il “Presbiter Iones Minister S.Ilarii” è citato quale testimone in un atto di compravendita. Dell’antica pieve (nel Medioevo si definiva “pieve” la chiesa principale di una circoscrizione ecclesiastica n.d.r.) rimane ben poco dopo il restauro operato, nel 1700, secondo il gusto barocco dell’epoca e l’ampiamento della navata (1712), contesto nel quale viene ingrandito, anche, il sagrato adiacente la chiesa. Sempre dello stesso periodo sono due altari, aggiunti ai sei già esistenti mentre, solo nel 1791, si procede al rifacimento di quello maggiore nel cui interno, sembra, sia stata racchiusa un’antica tavola liturgica in pietra.
Da un inventario del 1325, si apprende che abbellivano la struttura due campanili, al posto dell’attuale alto 33 m, di cui non rimangono tracce così come non è più visibile la sobria facciata romanica, sostituita dall’attuale in stile neoclassico (1911). La chiesa, dal 1934 dichiarata monumento nazionale, conserva nel suo interno opere d’arte pregevoli come la “Madonna con bambino” dello scultore Leonardo Misano, l’affresco della volta del pittore Giovanni Carlon e un bel crocifisso ligneo del Maragliano (attribuzione incerta).
La consacrazione a S. Ilario è ammantata di leggenda: secondo la tradizione popolare, il religioso, strenuo difensore dell’ortodossia, avrebbe trovato rifugio in questi luoghi, durante la sua fuga dalla Francia. Sulla sponda sinistra del torrente Nervi, subito all’imbocco della valletta Costalunga, vi è ancor oggi una piccola grotta, chiamata in dialetto genovese Tan-na du Santu (la tana del santo), dimora genovese dell’ecclesiastico, come testimonierebbero i documenti reperiti dal parroco Dagnino (1857). Esiste anche un’altra versione del racconto che vede il prelato solo di passaggio, su una nave, di fronte alla collina, passaggio miracoloso perché, nell’occasione avrebbe provveduto a liberare l’altura dalle terribili serpi che la infestavano.
Qualche anziano riporta che fino al novecento fosse usanza, in ricorrenza della festa patronale, recarsi in chiesa con un ramoscello di mimosa che, rigogliosa, fiorisce lungo i pendii del monte e la cui fioritura precoce è favorita dal clima particolarmente mite di cui risente questo luogo. Tradizione ben più radicata è quella, invece, che si svolge a Parma che annovera il santo come patrono della città. Mantenuta come giornata festiva, il 13 gennaio contempla, accanto a manifestazioni religiose, la consuetudine di confezionare ed offrire gustosi biscotti fatti a scarpette in ricordo di quel lontano “die” in cui S. Ilario, transitando per la città a piedi nudi, si vide offrire un paio di calzari da un povero ciabattino, atto di bontà ricompensato con la comparsa, il giorno successivo, di un paio di calzature d’oro sul suo umile banco di calzolaio.
Quest’anno la ricorrenza celebrativa genovese è turbata dalla contesa che anima gli abitanti per una discussa strada che dovrebbe nascere in via del Pianello. La “querelle” vede contrapposti i Verdi e il Circolo Nuova ecologia di Legambiente da una parte, al comitato per la viabilità dall’altro. “Una raccolta di firme, gazebo e striscioni per dire no ad un’opera, spiega Andrea Agostini presidente del circolo, che deturperebbe la collina con una cementificazione che prevede la costruzione di parcheggi e box e che rovinerebbe una struttura storica e importante come la scuola di agraria”. In risposta, Daniela Vecchio, presidentessa del comitato, ribadisce la necessità di attuare un collegamento viario per le famiglie che vivono nelle zone interne oltre a fornire un passaggio agibile a mezzi di emergenza quali ambulanze e vigili del fuoco. Non rimane che sperare nell’ennesimo miracolo del santo per una ritrovata concordia e una condivisa risoluzione della contesa che sappia conciliare il mantenimento di un vero angolo di paradiso naturale alla necessità di alleviare i disagi oro-geografici del territorio.
Adriana Morando
Foto e video di Daniele Orlandi