La piazza progettata da Carlo Daneri è ancora oggi considerata uno dei capolavori del Razionalismo italiano
Punto d’approdo in epoca remota degli sbarchi dei mercanti detti i “focesi” (questa l’origine del nome del quartiere “Foce”, i focesi provenivano da una città greca della Ionia, Focea, dove oggi sorge la città di Foca in Turchia), quella piana formatasi sulla sponda sinistra alla foce del fiume Bisagno, l’attuale piazza Rossetti, ebbe un ruolo tutt’altro che marginale nella storia genovese.
Spiaggia molto ampia, veniva utilizzata sin dai primissimi anni di sviluppo della città per l’approdo delle navi, terzo scalo per importanza dopo l’antico porto e la spiaggia di San Pier d’Arena (ai piedi della Lanterna), e già nel Medioevo l’approdo aveva funzione di cantiere navale.
Inoltre, da lì partivano gli orti e i frutteti che si distendevano lungo il Bisagno e che fornivano frutta, verdure, erbe e spezie a tutta la città. Sulla spiaggia della Foce i carri ricolmi dei contadini e dei pescatori facevano bella mostra di sè ad ogni ora del giorno, e garantivano prosperità ai contadini e pescatori che abitavano quelle che Giustiniani negli Annali della Repubblica di Genova del 1537 descrive come “da otto a dieci case con la chiesuola di S. Pietro…” .
Un crocevia fondamentale dunque per l’economia cittadina, nei mesi estivi frequentato anche per la balneazione, anche se in numero decisamente inferiore rispetto alle spiagge che sorgevano sulla sponda destra (ai piedi delle mura dell’odierno corso Aurelio Saffi). Gli orti e i carri con il passare degli anni arretrarono per concentrarsi esclusivamente nell’attuale Val Bisagno, ma intanto, già nel XV secolo, l’attuale piazza conobbe la prima trasformazione, fu edificato un “lazzaretto” per l’isolamento e il ricovero dei malati contagiosi (provenienti soprattutto dalle navi), cui approdarono i malati della pestifera epidemia del 1600, di quella manzoniana del 1630 e la successiva del 1656, le quali determinarono la morte di ben 92000 abitanti. L’imponente edificio, più volte ampliato e modificato svolse la sua funzione fino alla metà dell’Ottocento, ospitò anche il filosofo francese Rousseau (esperienza di cui l’autore parla nelle “Confessioni“) nel 1743. Tra l’opzione di essere relegato a bordo di una nave, per 21 giorni, e l’ospitalità delle sinistre mura, così disagevoli da essere completamente sprovviste di mobili, allo scrittore toccò varcare la soglia del lazzaretto dove, dopo aver dato “la caccia alle pulci prese sulla feluca”, non gli rimase che farsi il giaciglio con i suoi stessi vestiti.
Curiosi erano i rimedi suggeriti contro la peste ai tempi del Lazzaretto della Foce, o i segni ritenuti premonitori quali eclissi, comete, terremoti, insieme all’aumento del numero dei topi, dei ranocchi, delle mosche. Come riporta il fisico e medico dell’Ospedale di Pammatone, Bartolomeo Alizeri, oltre all’ovvia quarantena di merci e persone, infatti, le monete venivano purificate con aceto e profumi, le lettere copiate da persone fidate prima di inoltrarle al destinatario, si evitavano gli indumenti di lana, si frizionava la regione cardiaca con olio di scorpione e per la dieta era raccomandato molto pesce perché, secondo Aristotele, questi animali erano immuni dal contagio. Infine, si ritenevano “efficacissime” le polveri ottenute da pietre preziose quali zaffiri e smeraldi, panacee per le quali si raccomandava, da buoni genovesi, il pagamento anticipato onde evitare spiacevoli “perdite”.
Un altro sinistro edificio si ergeva, verso ponente, all’altezza dell’odierno corso Aurelio Saffi, il cui ricordo è testimoniato da una targa posta all’inizio della strada. Qui, dal 1602, vi era l’Oratorio delle Anime Purganti e il Cimitero dei Poveri (abbattuto dopo la costruzione di Staglieno): quest’ultimo era costituito da grandi fosse comuni, chiuse da grate a larghe maglie, in cui, durante le violente mareggiate, l’acqua poteva entrare liberamente facendo scempio dei poveri resti. Si dice che, nottetempo, questi luoghi, fossero frequentati da giocatori del lotto, speranzosi di ricevere qualche buona “indicazione” dalle anime dei defunti.
Successivamente, con la spinta del governo napoleonico, venne demolito il Lazzaretto per fare spazio al “Cantiere Navale della Foce“, che conobbe nel XIX secolo grande sviluppo ed eccellenza in campo militare. Da quella spiaggia partirono anche due imbarcazioni della spedizione dei mille, l’altra metà, come sappiamo, salpò dallo scoglio di Quarto. Dopo la definitiva chiusura e demolizione del cantiere nel 1930, si iniziò a progettare per la storica piana della Foce un complesso di edifici destinati all’uso abitativo.
L’architetto che ideò e progettò piazza Rossetti fu Luigi Carlo Daneri (ideatore del “Biscione”, cofirmatario del progetto dell’ospedale San Martino e del progetto urbanistico della Fiera di Genova n.d.r.). I lavori iniziarono già nel 1933 ma si fermarono per la Guerra Mondiale (i bombardamenti distrussero la chiesa di S.Pietro, ultima testimonianza del borgo della Foce) e la piana ebbe il tempo di cambiare veste per l’ennesima volta: sulle ceneri del cantiere navale e fra i nuovi palazzi ancora solamente “accennati”, sorse infatti il campo sportivo della Foce (i lettori più anziani se lo ricorderanno…), costruito dai soldati e cintato con le cortine militari.
Lì nacque il Genoa Baseball Club, la prima società di “batti” e “corri”, successivamente nominato “palla base”. Fu un emigrato genovese, una volta rientrato in patria, ad iniziare la città di Genova a questo sport.
Negli anni 50 ripresero i lavori per il completamento di Piazza Rossetti, diretti dallo stesso architetto Daneri, il campo sportivo lasciò spazio all’ampia piazza moderna e alla fontana. Si dice che l’attuale impianto d’illuminazione della piazza, caratterizzato dagli alti pali lato mare, sia rimasto pressochè lo stesso del campo sportivo… Un’immagine suggestiva, di cui però è difficile avere conferma.
Ultimata nel 1958, piazza Rossetti ebbe grande risalto anche fuori dai confini nazionali e il caratteristico “quadrilatero chiuso dal mare” viene ancora oggi considerato uno dei capolavori del Razionalismo italiano.
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