Siti dismessi che potrebbero essere trasformati, attraverso un riuso compatibile, in poli turistico - culturali
“La storia dell’industrializzazione genovese e ligure fa parte a pieno titolo della storia nazionale e questo libro può essere un punto di partenza per la valorizzazione del nostro patrimonio storico – industriale”, così Letizia Radoni, responsabile della filiale di Genova della Banca d’Italia, introduce il libro “Storie e itinerari dell’industria ligure”, scritto a quattro mani da Sara De Maestri e Roberto Tolaini, docenti presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Genova.
Oggi la nostra regione, nonostante il 5,7% del Pil sia riconducibile al turismo, lascia inespresse queste incredibili potenzialità. Al contrario altre realtà europee, ad esempio la città di Liverpool o la zona della Ruhr in Germania, sono state capaci, dopo la cessazione dell’attività industriale, di rivalutarsi partendo proprio dal loro passato cantieristico, di industria pesante e carbonifera. Parliamo di siti industriali dismessi e trasformati in luoghi turistici capaci di attirare, è il caso della Ruhr, circa 1 milione di visitatori all’anno.
Lo scopo del libro è guardare al passato non in termini nostalgici bensì in senso propositivo. “La sfida da affrontare – come sottolineato da Alfredo Gigliobianco, Servizio studi di struttura economica e finanziaria della Banca d’Italia – è passare da un’economia della materia, che ha segnato la civiltà industriale ad un’economia dell’intelletto. E la trasformazione dei luoghi industriali in poli attrattivi per il turismo fa parte di questo processo”.
“Il trinomio meccanica pesante, cantieristica e siderurgia – spiega Roberto Tolaini, specializzato in storia economica e autore del libro – è stato trainante almeno fino agli anni ’70 e ha costituito il vero pilastro dell’occupazione. Dopo la crisi degli anni ’80 la parabola di queste realtà ha condizionato la vita della città. Si è passati dai 140 mila lavoratori nel settore manifatturiero del 1981, ai 78 mila del 2001”.
“L’idea è proporre una riflessione sul patrimonio industriale ligure – continua Tolaini – partendo dai siti e dagli edifici dove l’attività si è sviluppata e analizzando l’impatto delle trasformazioni sul territorio”.
Una ricognizione puntuale dei luoghi dell’impresa e del lavoro operaio esaminati a partire da due punti di vista differenti ma complementari, quello storico economico e quello architettonico territoriale.
Un tentativo di offrire chiavi di lettura per comprendere il presente industriale ricollegandolo criticamente al passato. L’ampio apparato iconografico che testimonia le origini e i cambiamenti d’uso fino al presente, invita il lettore a riscoprire luoghi ed edifici del patrimonio industriale, ai più sconosciuti.
Ogni capitolo è dedicato ad un settore – la meccanica e l’elettromeccanica, la siderurgia, la cantieristica, l’industria alimentare, le reti dei servizi, la chimica e il petrolio, fino all’elettronica e all’high tech – ed ogni paragrafo è legato ad un luogo. Si parte dalle origini, dal “che cosa si produceva”, per arrivare agli anni della deindustrializzazione. Con una particolare attenzione agli aspetti legati alle possibilità del riuso, come spiega l’architetto e autrice del volume, Sara De Maestri “Uno dei maggiori problemi riguarda la collocazione degli insediamenti industriali. Quelli situati in zone decentrate, quando l’economia industriale ha cessato di sostenere l’attività, sono stati totalmente abbandonati ed oggi è difficile riconvertirli. I luoghi industriali che invece si trovavano ai margini della città sono stati successivamente inglobati dall’espandersi del tessuto urbano e attualmente sono a rischio perché interessati da possibili speculazioni edilizie”.
“Purtroppo non abbiamo ancora la lungimiranza – conclude De Maestri – per comprendere quali enormi ritorni economici potrebbero generare degli investimenti in direzione di un riuso compatibile dei numerosi siti presenti in Liguria”.
Matteo Quadrone