A Genova saranno ridotti o soppressi i servizi di trasporto dei disabili, dell'assistenza domiciliare, degli affidi educativi, dei centri di aggregazione
Ritrovarsi, guardarsi in faccia, riconoscersi per provare a comprendere come affrontare i terribili scenari che le manovre finanziarie degli ultimi mesi fanno presagire da qui a breve: cittadini, associazioni, cooperative, il mondo del sociale al gran completo, operante sul territorio della Valpolcevera, si è riunito venerdì 18 novembre a Teglia presso alcuni spazi del Municipio per fare il punto sulla mobilitazione in atto a tempo indeterminato promossa dal Forum genovese del Terzo Settore. Assemblee pubbliche che contemporaneamente si svolgono nei diversi quartieri della città (vedi Sestri Ponente) alla ricerca della formula migliore per manifestare il dissenso. Prossimi appuntamenti la manifestazione in Piazza De Ferrari, giovedi 24 e il presidio presso le assemblee consiliari di Comune e Regione, martedì 29, con l’obiettivo di farsi ricevere e ascoltare direttamente dalle istituzioni.
“L’idea è quella di riunire tutte quelle persone, non solo appartenenti al terzo settore, ma anche istituti scolastici, associazioni di volontariato e cittadini comuni, che da tantissimi anni lavorano a contatto con realtà difficili – spiega Federico Persico, cooperativa Coopsse onlus – La Valpolcevera, dotata di un tessuto sociale storico e di un’efficace rete di relazioni che in questi anni hanno retto bene all’urto della crisi economica, rischia oggi di vedere compromesso un percorso virtuoso che ha ottenuto risultati concreti”.
Si cerca il coinvolgimento di una vallata intera: le scuole di ogni ordine e grado, i residenti, le famiglie, tutta la cittadinanza è chiamata alla mobilitazione per scongiurare le ripercussioni negative conseguenti alla perdita di un’opportunità per i più deboli.
In ballo ci sono due questioni prioritarie: garantire la salvaguardia di 500 lavoratori genovesi del comparto e difendere i servizi sociali attualmente forniti ai cittadini. Ma come comunicare nel modo migliore all’opinione pubblica il valore dei servizi e delle professionalità che rendono possibile erogarli? Questo è un’altro aspetto cruciale emerso dalla discussione in assemblea.
“Il nostro problema è da sempre quello di non essere in grado di stabilire la rilevanza economica delle prestazioni che offriamo – racconta Persico – così facendo si evidenzia esclusivamente l’aspetto sociale che, seppur fondamentale, non è sufficiente a salvaguardare il nostro lavoro”.
Il costo dei servizi forniti dal terzo settore ricadrà completamente sulla collettività ed è impossibile immaginare che il volontariato, in perfetta solitudine, possa sopperire.
C’è anche una buona dose di autocritica nelle parole degli operatori. In sostanza il rammarico è dovuto al fatto di aver provato per oltre trent’anni a giustificare i fondi ricevuti perché destinati ad attività rivolte a soddisfare le esigenze dei più deboli. Forse, cinicamente, si è giunti alla conclusione che sarebbe più utile iniziare a ragionare in termini di convenienza. In particolare di convenienza politica. “Quanto vale come serbatoio elettorale il comparto sociale?” si chiedono i lavoratori. E con l’avvicinarsi delle elezioni amministrative della primavera 2012 è una domanda che calza a pennello.
“Bisogna mettere in chiaro quanto costano i tagli in termini di sicurezza del territorio e qualità della convivenza civile che verrebbero meno”, sottolineano le associazioni. Anche perché quando è utile, soprattutto a fini mediatici, la ricchezza del tessuto sociale della vallata, è spesso richiamata. Tutti ricordano il tragico episodio dell’aggressione all’anziano avvenuta qualche mese fa in via Jori, a Certosa, per cui si rispolverò (a torto) il fantasma delle bande latinoamericane. Il Municipio ma anche il Sindaco in persona davanti alle telecamere ribadirono come non esistesse un’emergenza sociale in Valpolcevera grazie soprattutto alla capillare presenza dell’associazionismo. Ebbene le stesse associazioni elogiate come un baluardo contro le derive provocate dal disagio sociale, nel prossimo futuro non potranno più esercitare la loro funzione di presidio.
Ma in Valpolcevera quanti sono i soggetti che rischiano di non poter più usufruire di vari servizi?
Ecco alcuni numeri: 30 anziani assistiti giornalmente, 150 bambini (da 1 a 14 anni) iscritti ad aree gioco e sostenuti nei compiti scolastici, 200 ragazzi e adulti orientati al lavoro, 200 ragazzi (tra i 12 e i 25 anni) impegnati in progetti educativi, 500 giovani a cui vengono offerte attività di animazione, 500 le famiglie coinvolte.
Mentre per quanto riguarda Genova nel suo complesso, il documento redatto dal Forum parla di “riduzione o soppressione dei servizi di trasporto dei disabili, dell’assistenza domiciliare, degli affidi educativi e dei centri di aggregazione”. E Persico aggiunge “Sono 32 mila le persone che rischiano di non avere più servizi in vari ambiti, dall’assistenza agli anziani che rischia di essere azzerata nel 2012, ai progetti di reinserimento lavorativo, alle attività dedicate al tempo libero dei giovani disabili. Il dramma è che non sappiamo ancora quali saranno in concreto le cifre a disposizione. Ma L’Assessore comunale ai servizi sociali, Roberta Papi, ha dichiarato che nel 2012 le prestazioni diminuiranno del 50%”.
L’obiettivo della mobilitazione è mettere pressione su Comune e Regione perché nonostante la pesante riduzione di trasferimenti statali agli enti locali e la conseguente diminuzione delle risorse a disposizione, secondo gli operatori, la volontà su come spendere i fondi dipende da precise scelte politiche. La prossima scadenza è la discussione del bilancio di previsione di Palazzo Tursi, prevista per metà dicembre.
“Le scelte si fanno in quella sede– ricorda Persico – Gli enti possono decidere di eseguire tagli lineari oppure tagli che siano dettati da scelte politiche sulle priorità che si intendono difendere. Le risorse che oggi abbiamo sono appena sufficienti e devono rimanere tali. Al di sotto di questi parametri infatti non saranno garantiti i livelli essenziali di assistenza”. A rischio ci sono servizi che direttamente o meno agiscono anche da promotori dello sviluppo economico, come quelli dedicati al reinserimento lavorativo “Un giovane che riesce ad uscire da una situazione di disagio e ha la possibilità di reintrodursi nel mondo del lavoro rappresenta un fattore di crescita non solo personale ma anche per la collettività”, spiega Persico.
Nel documento del Forum si parla apertamente di svuotamento dello stato sociale “Con le due manovre di luglio e agosto si aggrava ulteriormente una situazione già fortemente iniqua, sia perché si colpiscono ancora gli enti locali con conseguenti ricadute sui servizi e sulla spesa sociale dei territori, sia perché sono entrambe profondamente sperequative nel prelievo delle risorse, sia perché vengono colpiti non solo i singoli cittadini attraverso la loro personale responsabilità fiscale di lavoratori e pensionati ma anche i cittadini impegnati in organizzazioni di volontariato, in associazioni, in cooperative cui dedicano competenze professionali, passioni civili, tempo volontario”.
E ancora “La riduzione di risorse agli enti locali, la riduzione di misure di vantaggio fiscale per le cooperative, il taglio lineare alle agevolazioni fiscali del mondo no profit, sia per quel che riguarda le agevolazioni fiscali dirette, sia per le erogazioni liberali, avranno forti ricadute sui servizi e sulla spesa sociale”.
Preoccupa e molto la riduzione dei fondi statali di carattere sociale. In particolare il Fondo per la non autosufficienza è praticamente azzerato mentre quello per le politiche sociali passa dai 435 milioni del 2010 ai 70 previsti per il 2012, il Fondo per le politiche giovanili dagli 81 milioni del 2010 ai 13 per il 2012, il Fondo politiche della famiglia dai 174 del 2010 ai 53 milioni per il 2012.
Inoltre il disegno di legge C. 4566 di delega fiscale e assistenziale avrà effetti significativi sulle tasche dei cittadini italiani. La pressione fiscale aumenterà attraverso misure di riforma fiscale e comprimendo drasticamente gli interventi nel comparto sociale, vale a dire riduzione dei servizi e retrazione dei sostegni economici diretti ed indiretti.
Una serie di agevolazioni (regimi di favore, esenzioni parziali o complete) subiranno tagli lineari del 5% e 20% a partire dal 2012. Fra queste si annoverano quelle cui più comunemente ricorrono i contribuenti: detrazioni per le spese sanitarie, per gli interessi sui mutui, per i carichi di famiglia, le deduzioni per le spese di assistenza per i non autosufficienti, per gli ausili, le protesi e molti altri oneri che comunque rimangono in carico al contribuente e che riducono il reddito che effettivamente rimane a loro disposizione. Ma non è tutto. Fino ad ora le pensioni ai ciechi, invalidi civili, sordi, assegni di cura e qualsiasi altra provvidenza economica assistenziale, non erano imponibili ai fini irpef. Il disegno di legge prevede l’eliminazione (totale o parziale) anche di questa agevolazione, con gli effetti che si possono immaginare in termini non solo fiscali ma anche di vivenza a carico, di detrazione fiscale, di calcolo dell’ISEE. Pensioni, indennità, assegni e qualsiasi altra provvidenza assistenziale saranno considerati “reddito”.
Il disegno di legge calpesta pure alcuni articoli della nostra Carta Costituzionale. L’articolo 117 della Costituzione, secondo comma, lettera m, affida in modo esclusivo allo stato il compito di determinare “I livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”.
Purtroppo però il disegno di legge non prevede alcun impegno nella definizione di quei livelli.
“A livello nazionale con queste misure si cancella completamente la legge 328 e tutti i passi avanti compiuti in questi anni – spiega Caterina Najoleari, Centro servizi minori e famiglie del Municipio Valpolcevera – Per quanto riguarda i livelli essenziali delle prestazioni sociali (LIVEAS) previsti dalla legge 328, dal 2000 ad oggi non sono mai stati introdotti”.
Suscita parecchie perplessità anche il previsto passaggio delle politiche sociali sotto le competenze del Servizio Sanitario Nazionale. Visti i pesanti tagli al Fondo Sanitario Nazionale (550 milioni nel 2010 e 600 milioni nel 2011), è probabile che a pagarne le conseguenze sia proprio il comparto sociale.
Ma non tutte le speranze sono perdute. Almeno a livello locale. “Non siamo ancora giunti a raschiare il fondo del barile – spiega Etta Rapallo, Coopsse onlus – Una proposta potrebbe essere quella di programmare un anno del “riciclo” delle risorse disponibili. Vale a dire congelare per un anno alcune spese da destinare al terzo settore. La domanda da porsi è quali sono le priorità dell’amministrazione comunale? L’organizzazione di festival e manifestazioni culturali oppure i servizi sociali? L’obiettivo è presentarci di fronte alle istituzioni con numeri e proposte concrete che rendano possibile recuperare le risorse necessarie per il terzo settore”.
Matteo Quadrone