Prosegue l'inchiesta sullo stato di salute dei teatri di prosa a Genova. In questo articolo ci concentriamo sulla realtà del Politeama Genovese, una società privata che punta su una programmazione di richiamo dal punto di vista commerciale per ottenere introiti da sponsor e bigliettazione senza basarsi sui finanziamenti pubblici. Anche se in futuro...
Il Politeama è una realtà atipica nel panorama teatrale genovese (qui l’inchiesta sullo stato di salute generale dei teatri di prosa a Genova), è in tutto e per tutto una società privata e ha molte più difficoltà ad accedere a stanziamenti pubblici rispetto ad altre realtà (come il Politeama anche Teatro della Gioventù e Teatro Altrove faticano ad accedere a finanziamenti, vedi anche gli approfondimenti su Cargo, Garage, Akropolis, Ortica, Lunaria). Tuttavia, da 21 anni, il Politeama può contare sugli stanziamenti del Fus (Fondo Unico per lo spettacolo). «Nel 2014 – spiega il direttore Danilo Staiti – erano arrivati 61 mila euro ma quest’anno il bando richiedeva un numero di repliche maggiore rispetto al passato per cui speriamo che anche il contributo sia adeguato».
I fondi pubblici sono comunque una piccola parte dei circa 2 milioni di euro di bilancio (che vige non per anno solare per stagione teatrale). Per la prima volta nel 2014 sono arrivati 10 mila euro dal Comune mentre, salvo qualche finanziamento una tantum, la partecipazione ai bandi regionali è sempre stata preclusa. La stragrande maggioranza delle entrate, dunque, è rappresentata dalla bigliettazione: in questo caso, vengono molto in aiuto gli eventi di grande richiamo fatti al di fuori del Politeama, come ad esempio gli spettacoli di Crozza al 105 Stadium. «Sono appuntamenti che rendono molto di più dal punto di vista commerciale – ammette Staiti – e ci consentono di reggere tutta la stagione perché spesso, anche se riempiamo la sala del Politeama, i nostri mille posti riescono a stento a coprire i costi dello spettacolo».
Molto viene puntato anche sulle sponsorizzazioni, da un lato rese più facili dalle tipologie di spettacolo, dall’altro ostacolate ancora una volta dalla ragione sociale del teatro: «Il fatto di essere una società privata – analizza il direttore – fa sì che non possiamo ricevere contributi da fondazioni come la Compagnia di San Paolo e allontana anche alcune società private che, invece, sponsorizzando realtà pubbliche, fondazioni o associazioni possono attingere a sgravi fiscali che con noi non avrebbero».
Non è, dunque, detto che in un prossimo futuro il Genovese non possa valutare una trasformazione in associazione o fondazione per aprire qualche porta in più: «È troppo presto per parlarne – conclude Staiti – ma certamente qualche contributo pubblico in più non ci farebbe male: ci basterebbero 100 mila euro per fare festa tutto l’anno. D’altronde siamo un privato atipico perché non facciamo utili e reinvestiamo tutto nella programmazione artistica, per cui la trasformazione in un soggetto senza scopo di lucro potrebbe anche starci».
Simone D’Ambrosio