Il celebre gruppo di Pordenone ha festeggiato i 20 anni di attività davanti al pubblico dello Zapata, per l'occasione suonano quasi tutto il concerto senza maschere e ripercorrono i pezzi degli anni novanta
C.S.O.A. Zapata, quarta tappa delle dieci date del tour dei Tre Allegri Ragazzi Morti per celebrare i 20 anni di attività. I luoghi scelti per l’esclusività degli eventi non sono casuali: ripercorrono infatti, come si legge sul loro sito, le loro stesse orme, “nei posti dove suonavano, quelli che sono rimasti, nelle città che per prime hanno risposto all’urlo di Mai come voi’”. La formazione è rimasta praticamente immutata da vent’anni, raro esempio di alchimia vincente nel panorama musicale italiano, scevro da personalismi interni e immune da discordie artistiche. D’altronde la coerenza e la dignità intellettuale di Davide Toffolo -chitarra e voce-, Enrico Molteni -basso- e Luca Masseroni -batteria- non è messa in discussione, e questo rende il gruppo un caso più unico che raro.
A riprova di questo c’è il voto della band di non svendere la propria immagine ai media, proteggendo la propria individualità, spesso mercificata dalle regole dell’industria discografica, con un’arma più appuntita di una lancia e più esplosiva di un missile: la matita di un fumettista di rilievo come Davide. E così le maschere dei teschi sono, fin dalle origini, un simbolo del gruppo, anticipando una tendenza che significa, paradossalmente, il contrario nello stesso periodo, quando i Daft Punk ne fanno un motivo di marketing per alimentare la trovata discografica di impersonare musicisti cyborg venuti dal futuro.
Nati dall’esperienza punk della Pordenone fine anni’70 e dal movimento denominato Great Complotto, i TARM (come spesso viene abbreviato il nome della band) toccano uno dei punti più alti del punk e del rock indipendente italiano, diventando capostipiti di una nuova concezione musicale, autoprodotta e dichiaratamente live, dimensione prediletta rispetto a quella in studio.
I primi lavori, “Mondo Naif” del 1994, “Allegro Pogo Morto” del 1995 e l’EP “Si Parte” dell’anno successivo, sono i manifesti di questa loro filosofia. Il tour Aprile1994 intende ripercorrere proprio questi album. E, questo è importante sottolinearlo, non solo riproporli. Tra le spesse mura dello Zapata, infatti, viene annunciato un esperimento spazio temporale, un virtuale viaggio a ritroso dal 2014 al 1994, per dare la possibilità a chi ancora non c’era di assistere a come sarebbe stato uno dei primi concerti marchiati TARM, e a chi c’era di rinfrescarsi i ricordi. Quei ricordi che, come suggerisce l’esperimento stesso, sarebbe più importante imprimere nella mente, invece di fissarle nella tecnologia che ormai sembra sostituire il nostro cervello. Oltre a questo, lo scopo è anche molto più pratico. I Tre Allegri Ragazzi Morti, infatti, proprio come alle origini suonano senza maschera. E le fotografie sono bandite. Naturalmente rispettiamo la decisione per il rispetto dovuto alla loro scelta artistica. Così ci facciamo piombare addosso un concerto di puro punk, come, forse, non ne abbiamo mai sentiti. L’impatto sonoro è poderoso: le casse sparano al massimo e le loro vibrazioni, con la complicità di centinaia di persone che saltano, fanno addirittura scalcinare pezzi di intonaco dalle pareti!
La scarica di adrenalina e di nostalgia che riescono a infondere versi come “non saremo mai come voi, siamo diversi: puoi chiamarci se vuoi ragazzi persi” di Mai come voi; o “sessanta milioni di topolini davanti alla tivù non dimenticheranno mai il facile du du du” di 1994 (riprendendo il motivo dell’inno di Forza Italia) scatenano quel pogo profetico. Profetico perché anticipa il capitolo successivo di Allegro Pogo Morto, da cui spiccano pezzi del calibro di Dipendo da te, Una cosa speciale e Quindici anni già con “tutta la noia di sua madre e tutte le bugie di suo padre”. L’esperimento si conclude con l’epitaffio di Sono Morto dall’EP “Si parte”: “non sarà il fumo di marijuana, la febbre al fine settimana, sarà che sono disperato o che mi sono consumato: ma sono morto!”. Un concerto fatto di memoria e sudore, e -come direbbe un altro maestro del punk new wave- una bella “botta di energia del rock”.
Lo Zapata permette anche di assistere al concerto nel salone del bar, grazie a un proiettore che trasmette il palcoscenico su un telo gigante. Rindossate le maschere, i TARM tornano al 2014, proponendo alcune tra le loro più belle canzoni degli ultimi anni, tra cui “Francesca ha gli anni che ha”, “La mia vita senza te”, “Il mondo prima” e “Alle anime perse”. Una menzione particolare è dovuta al gruppo di spalla, i Numero6: la formazione ligure di indie rock capitanata da Michele Bitossi (qui l’intervista di Era Superba), a nostro parere, merita sempre attenzione.
Nicola Damassino