Da 30 anni in Via Prè, un presidio gestito da volontari offre alle madri e ai loro bambini cure pediatriche, medicine, alimenti e vestiti. Nessuna sovvenzione, tutto gratuito. Possibile? Sì, grazie alla solidarietà dei genovesi
Via Prè, Via Gramsci, Via del Campo, fino a Via Balbi: crocevia di strade, cuore pulsante del centro storico genovese. Tutte, chi più chi meno, sono accomunate da varie problematiche, ben note ai cittadini della Superba: dall’alto tasso di criminalità, alla mancanza di decoro urbano. O almeno questa è l’opinione sedimentata in gran parte dell’opinione comune. Per conoscere meglio questi luoghi, con #EraOnTheRoad siamo andati a visitarli di persona e abbiamo scoperto la piccola realtà del Punto Emergenza Prè, presidio della Caritas Diocesana al 62r di Via Prè. Si tratta di un centro di accoglienza “sulla strada” che da aiuto ai migranti, in particolare alle madri straniere che vivono a Genova e ai loro bambini, accompagnando il percorso post-parto fino ai 18 mesi. Abbiamo conosciuto i volontari del centro e Bruna Doglio, la responsabile, ci ha raccontato la storia del presidio e il loro lavoro nel quartiere, precisando che: «Il servizio che offriamo è gratuito e vengono da tutta la città chiedendo il nostro aiuto, da Molassana a Voltri. È dura sopravvivere ma ci siamo guadagnati credibilità: la nostra serietà fa sì che le persone siano felici di aiutarci. Genova è una città solidale e a Prè (ma non solo) c’è bisogno di iniziative come questa».
Il Punto Emergenza Prè è stato fondato più di 30 anni fa e, a quei tempi, collaborava con la scuola elementare Istituto Suore Filippine San Giovanni di Prè, la più antica di Genova, aperta circa 300 anni fa da San Filippo Neri. All’epoca, a Genova i flussi migratori non erano così alti come adesso e l’associazione riusciva a dare sostegno ai bambini che frequentavano la scuola e alle loro mamme, appena arrivate in città. Non più di 100 in tutto, queste famiglie (tutte povere) venivano aiutate ad inserirsi nella nuova realtà ed erano dotate perlopiù di viveri. La svolta importante c’è stata qualche tempo dopo, con la prima donazione ingente (500 mila lire in latte e viveri) stanziata dalla Società San Vincenzo De Paoli, riunita nella Conferenza di Genova. Grazie ai primi benefattori, il presidio ha acquisito popolarità ed ha presto coinvolto anche medici pediatri (oggi 2) volontari, che hanno permesso di offrire alle mamme e ai bambini che si rivolgevano al centro anche cure mediche.
Inizialmente la sede della struttura era ospitata dalle suore filippine, ma si è poi trasferita in strada, in via Prè, 12 anni fa, dando vita a un proprio presidio autonomo. Qui, i volontari hanno continuato ad accogliere, come un tempo, mamme e bambini migranti fino a 18 mesi («Gli uomini qui non possono entrare!», ironizza una delle volontarie), accompagnando le donne durante il percorso pre-natale, dotandole di un corredo, di alimenti appositi per i neonati, di medicine e cure mediche, grazie alla continua collaborazione con medici pediatri.
Nell’attuale sede i volontari hanno messo in piedi da soli spazi attrezzati e ospitali: un locale soppalcato, dipinto sui toni pastello e dotato di armadi, giochi e tutto quel che serve a mettere a proprio agio chi entra. Ci sono anche due camere, una per i maschi l’altra per le femmine, dove i piccoli possono giocare e riposare, e inoltre stanze per il deposito dei viveri e dei vestiti. I volontari, che oggi sono in tutto una decina, tengono aperto il centro ogni pomeriggio, a partire dalle 14.30 fino alla sera. Poco distante da qui, sempre sulla strada, il presidio pediatrico e deposito di farmaci, dove i medici possono visitare i piccoli pazienti. Tutto, rigorosamente gratuito. Tutto senza che i volontari ricevano alcuna sovvenzione da Amministrazione o altri soggetti istituzionali. Ci tiene a sottolinearlo Bruna Doglio, che racconta: «Genova è una città solidale: sfatiamo il mito dei genovesi poco disposti ad occuparsi dei bisogni altrui. Dapprima diffidenti, sono pronti a dare molto per i servizi seri come il nostro. Siamo l’esempio tangibile del livello di partecipazione e altruismo di questa città: altrimenti come faremmo ad essere ancora qui, dopo 30 anni? All’inizio non avevamo nulla, siamo partiti da zero».
Grazie alla risposta dei genovesi, dunque, il Punto Emergenza continua a fare il suo lavoro, sempre di più: sono tantissime le madri che si rivolgono all’associazione, indirizzate a Prè dai centri d’ascolto dei 27 vicariati della provincia di Genova.
«Quando abbiamo iniziato questa attività, l’immigrazione a Genova era inferiore rispetto ad oggi. Adesso, non sappiamo come fare per rispondere alle esigenze di tutti quelli che ci chiedono aiuto»,raccontano i volontari, e ci accorgiamo di quanto ciò sia vero già dopo 10 minuti che li guardiamo lavorare. Arrivano mamme di continuo, con bambini neonati e i loro fratelli più grandi, con altre problematiche (mancanza di libri e attrezzatura per la scuola, ad esempio) da risolvere. I volontari corrono dallo stock degli alimenti, all’”armadio” con i vestitini, alla farmacia più vicina per comprare le medicine: «I conti li pagano i nostri benefattori, che credono nel nostro lavoro di aiuto alle famiglie e di recupero di Prè». Lo constatiamo con i nostri occhi, osservando il via vai di persone con pacchi di cibo e vestiti, ma attenzione: le iniziative private e spontanee sono sconsigliate. «Si finirebbe per avere una serie di merce che non riusciremmo a piazzare. Le richieste sono specifiche: dal tipo di latte, ai medicinali. Ad esempio, somministriamo una dieta lattea ai neonati fino a 21 mesi», dice Bruna.
E naturalmente non si può non notare come il lavoro del Punto Emergenza Prè, oltre a fornire un concreto aiuto alle singole famiglie, dia anche un servizio al quartiere intero: fuori dalla retorica facile, il centro aiuta la riqualificazione di una zona problematica come Prè. Della sola Via Prè si può dire molto: criminalità, abusivismo abitativo e commerciale, spaccio sono solo alcune delle piaghe che la affliggono. Tuttavia, non va dimenticato che questo luogo è famoso anche per la sua vitalità, il folklore, la solidarietà: il Punto Emergenza lavora proprio in un’ottica di tolleranza e di integrazione, che parte da qui e coinvolge tutta la città.
Elettra Antognetti
Questo articolo è stato scritto grazie ai sopralluoghi di #EraOnTheRoad. Contattaci per commenti, segnalazioni e domande: redazione@erasuperba.it