Un negozio dove non si compra nulla, non gira denaro, è vietato pagare. Vestiti per bambini non più utilizzati diventano preziosi per chi viene dopo, un meccanismo virtuoso per contrastare la crisi: «Genova oggi è un terreno pronto per sperimentare qualcosa di nuovo»
A Genova, in Salita della Tosse 8 r, dietro Via San Vincenzo e a due passi dalla stazione di Genova Brignole è nato da qualche mese (aprile 2013) l’Armadio Verde, un negozio dove non si compra nulla, non gira denaro, è vietato pagare. Una boutique fashion, ma solo con i vestiti che altri non vogliono più. Com’è possibile? Come funziona L’Armadio Verde?
Sfruttando le regole del ben più antico baratto, si ingegna per far fronte alla crisi, pur continuando ad offrire prodotti di qualità, tanto da essersi aggiudicato il premio Start Green, per le start-up sostenibili. Il negozio, una catena in franchising, offre la possibilità alle mamme di acquistare e scambiare i vestitini che i loro bambini (in età 0-10 anni) non usano più, di portarli all’Armadio, acquisendo un “punteggio” in forma di stelline che vengono accreditate per ogni capo portato, e di acquisire in cambio altri vestiti, portati da altre mamme, in base al numero di stelline a disposizione. Risparmiando senza rinunciare alla qualità.
L’idea è venuta a David Erba, genovese approdato a Milano qualche anno fa, dove ha lavorato come consulente nel settore marketing. Proprio a Milano, David ha iniziato questa avventura, ma non si è dimenticato della sua città d’origine, con cui ha mantenuto un forte legame e cui ha pensato da subito, al momento di lanciarsi in questa avventura.
L’Armadio Verde, il marketing e Genova: David raccontaci come nasce il tuo progetto.
«Nata tre-quattro mesi fa, quella di Genova è la quarta sede di Armadio Verde: la prima, a Milano due anni fa, le altre sempre tra Milano (tre in tutto nel capoluogo lombardo, fra Corso Genova, Sempione, Porta Romana), e Busto Arsizio. L’idea nasce da un’esigenza personale: nel luglio 2010 io e mia moglie abbiamo avuto una bambina. La nostra prima figlia: tanto entusiasmo, nostro e di parenti e amici; poca esperienza, tanti acquisti e tanti regali. Dopo 6 mesi, l’armadio strapieno di vestitini e bavaglini. In virtù della mia formazione da business man, forse, mi sono messo a riflettere assieme a mia moglie per cercare di capire come ovviare a questo problema in modo intelligente e proficuo, per noi e per i molti altri che –come noi- vivevano questa situazione. Da lì, l’idea dell’Armadio: non ci entusiasmava la prospettiva di un semplice mercatino dell’usato dove lasciare le cose che non si vogliono più e sbarazzarsi degli “esuberi”. Volevamo dare modo alle mamme e ai genitori come noi di liberarsi da un lato, riempire di altre cose dall’altro, più utili, nuove, in buono stato. Come una vera estensione del nostro guardaroba privato, ma per strada. Inoltre, era anche una buona opportunità per le mamme di trovare quello che cercavano praticamente a costo zero, o anche di intraprendere una nuova forma di business sostenibile, che sappia conciliare il lavoro di mamma alle esigenze professionali: chiunque lo voglia, può decidere di aprire una nuova sede. Il materiale di certo non manca, basta guardare nei nostri armadi, in cantina, nei bauli, radunare tutto e iniziare l’avventura. Anche i costi di avviamento e gestione sono contenuti e le boutique sorgono spesso nelle vicinanze di scuole/asili e parchi per bambini e delle vie dello shopping tradizionale. A questo proposito, stiamo già allargando la nostra rete: a breve, l’apertura della sede di Bergamo, ad esempio, e tante le richieste di apertura di nuovi esercizi anche in altre parti d’Italia».
«Il nostro è un club. I vestitini vengono selezionati e viene loro assegnato un valore in “stelline” (in base alla marca, alla tipologia del capo, ecc.), che saranno accreditate su una Swapping Card, di cui si entra in possesso quando si diventa soci, previo pagamento di una tessera associativa annuale. Con le stelline ci si potrà portare a casa capi lasciati all’Armadio da altre mamme, non solo a Genova, ma anche nelle altre sedi, visto che siamo tutti parte dello stesso network. Pagando la tariffa associativa si potranno scambiare senza limiti tutti i vestiti che si desidera (anche tutti i giorni) per un anno. Il modello è: paghi una volta, acquisti per sempre. Portando altre mamme, invogliando altre persone a fare parte del nostro network, acquisti benefici e li fai acquisire anche a loro, e a noi. Un meccanismo virtuoso: aumenta la quantità, aumenta la soddisfazione di tutti».
Lo swapping, una risposta alla crisi?
«Sì, sicuramente. La nostra start-up nasce con questa intenzione: far fronte alla crisi, alla bassa disponibilità economica che costringe molti genitori a grandi sacrifici. Abbiamo pensato che il settore dell’abbigliamento per bambini fosse uno dei più “delicati”. I vestiti per bambini sono i primi a diventare obsoleti, vista la crescita rapida dei piccoli, e spesso si è costretti a buttarli o darli via ancora nuovi: da qui, l’idea dello swapping. Amante soprattutto dei bambini e del mondo visto con i loro occhi, ho deciso di abbandonare il lavoro di consulente e lanciarmi in toto in questa avventura di commercio solidale (ne sono co-fondatore, assieme a mia moglie: io mi occupo della parte burocratica e noiosa, dei numeri e dei bilanci, mentre lei della parte divertente, della moda, dei contatti. Qualcuno deve pure fare il “lavoro sporco”…), secondo il modello di scambio equo senza transazioni economiche ma fondato sulle regole della condivisione, del do ut des. Antispreco ed anticrisi, questo sistema consente di allungare il ciclo di vita degli oggetti buoni, delle cose belle, unendo la massa critica dei prodotti alla massa critica delle mamme in un sistema integrato, una ”agorà” fisica e virtuale che unisca gli oggetti veri e propri alla community online di sostenitori e promoter. Il tutto, secondo le stesse regole di “mercato share” in tutti gli esercizi».
Una start-up giovane e intelligente.
«Sì, nel 2011 Armadio Verde ha vinto il quarto bando di Start Green. L’innovazione è stata fare di una pratica in uso da sempre tra le mamme amiche e parenti di tutto il mondo, un’idea di business, rivisitare un’usanza casalinga rendendola più chic e organizzata. Come per ogni altra start-up che si rispetti, anche qui è stata messa a punto una corporate identity, sito internet, logo, swapping card, come una carta di credito ad uso delle clienti per l’”acquisto”, shoppers e flyer promozionali. Il tutto, rigorosamente “green” ed ecosostenibile».
Perché Genova? Si fa un gran parlare di come la nostra città stia morendo: l’Armadio Verde che esempio può dare?
«Perché, anche se me ne sono andato ormai anni fa, il mio cuore è rimasto genovese. E il mio sangue e il mio temperamento anche: forse per questo ho declinato le mie competenze manageriali nell’ottica del risparmio, del riutilizzo, del non buttare, del ridare valore. Sì, perché i genovesi, diciamolo, non sono quelli che non vogliono spendere: sono piuttosto quelli che vogliono spendere bene. In un momento storico come questo, in cui le logiche del commercio tradizionale collassano su se stesse, l’economia tradizionale è ferma e la moneta non circola, ha successo un modello diverso, che esce dalle logiche tradizionali e dà risposte a bisogni contingenti. Questa crisi ci ha resi consumatori più consapevoli e ci ha insegnato a ritornare al passato, a saper discernere valore e apparenze. Genova oggi è un terreno pronto per sperimentare qualcosa di nuovo, e lo dimostra l’accoglienza che ha riservato all’Armadio».
Elettra Antognetti