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Aspettando il Suq: lo sport a Genova per favorire l’integrazione

Una buona partecipazione di pubblico ha assistito ieri al dibattito presso la Loggia della Mercanzia di piazza Banchi sullo sport a Genova e sul suo ruolo di promotore dell'integrazione sociale e della multiculturalità


23 Maggio 2013Notizie

footballNella giornata di ieri, mercoledi 22 maggio 2013, presso la Loggia della Mercanzia in piazza Banchi, si è tenuto il sesto e penultimo incontro del ciclo “Luoghi, spazi e persone” organizzato da “Aspettando il Suq”.

Temi dell’ iniziativa sono stati gli spazi urbani, ufficiali o ricavati, che diventano teatro di manifestazioni sportive di vario genere e lo sport come strumento di socializzazione e integrazione.

Relatori dell’incontro sono stati il professore di Antropologia dell’Università di Genova Bruno Barba e Fabrizio De Meo, di Uisp Genova, intervistati dalla giornalista Domenica Canchano.

La prima domanda rivolta al prof. Barba ha riguardato la situazione generale dello sport nel nostro paese: «È un’occasione persa», ha risposto il professore, aggiungendo che è troppo spesso vissuto come un fastidio, un’attività da svolgere per fare contenti genitori o insegnanti. Secondo lui andrebbe invece valorizzato in quanto strumento di veicolazione della cultura: l’attenzione alla pratica sportiva è infatti specchio dei valori pregnanti di una società e contribuisce a costruire l’identità individuale.

Da questo primo intervento si è sviluppata una discussione sull’importanza della pratica sportiva come elemento per contribuire all’integrazione in una società multiculturale: lo dimostra, come evidenziato da Barba, la nazionale francese di calcio di fine anni Novanta composta da giocatori provenienti sia dal territorio francese sia dalle aree ex coloniali oppure la nazionale tedesca di questo periodo in cui giocano parecchi tedeschi di seconda generazione, entrambe hanno contribuito a favorire il melting pot anche a livello sociale.

Secondo Fabrizio De Meo di Uisp Genova bisogna però prestare attenzione agli aspetti che potrebbero marcare una differenza culturale tra persone e quindi provocare esclusione: gli impianti sportivi sono spesso strutturati in modo occidentale, senza tenere presenti le esigenze di persone di altre culture che hanno un rapporto differente dal nostro con la loro corporeità. Inoltre a suo parere nella progettazione degli spazi pubblici pensati per lo sport bisogna far in modo di non caratterizzarli ma di lasciare liberi gli individui di appropriarsene per svolgerci lo sport che preferiscono.

De Meo ha poi osservato come vada cambiata l’impostazione culturale attuale dove vige un’iperattenzione per lo sport professionistico, anche nei suoi aspetti più insignificanti, e c’è un disinteresse diffuso per la pratica sportiva. Ha sottolineato inoltre come lo sport non possa essere un fenomeno accessorio nella società e vadano quindi pensati degli interventi mirati, poiché una città disegnata a misura di sportivo è più vivibile per tutti. Secondo lui i migliori progetti per la realizzazione di spazi pubblici riservati allo sport sarebbero quelli che tengono conto di una logica trasversale, ossia di cui tutti possono usufruire indipendentemente dalle loro capacità.

Il dibattito ha riscosso una buona partecipazione di pubblico dimostrando come la tematica sia di generale interesse nella nostra città.

 

Giorgio Doria


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