Nonostante le notizie di messa all’asta dell’ex Magistero, i laboratori del Buridda portano avanti la ricerca, raggiungendo in questi giorni i primi risultati nella produzione sostenibile di energia. Il Comune ha nuovamente il compito di trovare una soluzione, prima che sia troppo tardi
Il Laboratorio Buridda, ancora una volta, è a rischio sgombero, dopo che, due anni fa, fu costretto ad abbandonare lo stabile occupato in via Bertani. La sede attuale, l’edificio di corso Monte Grappa, ex sede di quella che un tempo si chiamata Facoltà di Scienze della Formazione, di proprietà dell’Ateneo genovese, presto sarà messa sul mercato. Così, sta per tornare al centro del dibattito cittadino il destino del centro sociale che, con i suoi laboratori e le sue attività culturali, in questi anni è diventato centro aggregativo importante per Genova e non solo. Nonostante questa “precarietà”, i ricercatori del Fab Lab Buridda, l’unico autogestito d’Europa, in questi giorni hanno collaudato con successo i primi impianti elettrici basati su fonti energetiche rinnovabili.
Di pochi giorni fa, infatti, la notizia che l’Università degli Studi di Genova vuole vendere la struttura, attualmente occupata: «Il bilancio dell’ente possiamo considerarlo solido – spiega a Era Superba Luca Sabatini, portavoce dell’Ateneo – ma i continui tagli di settore, di cui soffrono tutte le università, ci pongono di fronte ad una gestione più parsimoniosa. Se un tempo ci si poteva permettere di mantenere un immobile, senza utilizzarlo, come investimento per il futuro, oggi è diverso». L’edificio, divenuto archivio successivamente al trasferimento della facoltà in corso Andrea Podestà, ad oggi necessiterebbe di essere messo a norma, affrontando un investimento importante a fronte del fatto che «quell’edificio non ci serve, abbiamo spazi a sufficienza», sottolinea Sabatini.
In precedenza, erano già state chiuse le utenze dell’edificio lasciando “al buio” il centro sociale: proprio questa decisione ha dato lo spunto ai giovani del Buridda, che occupano gli spazi, ad accelerare i progetti, già in essere, di risparmio energetico e di sviluppo di tecnologie sostenibili per la produzione di energia.
Un lavoro che in queste ore sta portando i primi risultati tangibili: se, da un lato, gran parte dell’impiantistica interna è stata messa a punto per evitare sprechi e inefficienze, dall’altro lato i progetti legati alla produzione sostenibile di energia hanno fatto registrare i primi successi. Il primo impianto solare è stato messo in funzione, permettendo l’illuminazione di alcuni locali interni, attraverso l’installazione di un pannello fotovoltaico, collegato ad un sistema di illuminazione a led. Il tutto realizzato recuperando e aggiustando il materiale necessario.
«L’idea è molto semplice – spiegano i responsabili del Fab Lab sulla propria pagina Facebook – prendere un po’ di luce del sole, infilarla in una scatola, e riusarla quando è buio». Questo è solo un primo passo: in fase di messa appunto anche una pala eolica verticale, costruita seguendo e adattando i più recenti progetti open-source disponibili. «Il nostro obiettivo non è quello di costruire pannelli fotovoltaici o pale eoliche – specificano ad Era Superba i makers del Buridda – ma di seguire un progetto più ampio di autonomia, aggregazione, condivisione e autogestione, alternativo alle logiche di mercato e di sfruttamento. Questo è il progetto Buridda, portato avanti da tutte le nostre attività». Un progetto di lungo periodo che passa inevitabilmente anche attraverso la gestione energetica e le sue problematiche che, in maniera sempre più evidente, sono problematiche di tutti, strutturalmente legate al nostro assetto sociale e produttivo.
«Da parecchio tempo abbiamo avviato e consolidato i contatti con i ragazzi del Buridda – sostiene Luca Sabatini – e abbiamo cercato di trovare con il sindaco una soluzione alternativa, ma non abbiamo ricevuto nessuna “sponda”. Prossimamente incontreremo nuovamente i ragazzi per trovare una via per risolvere la questione, senza dover ricorrere ad altre modalità, cosa che non vogliamo assolutamente. Cercheremo fino in fondo un modo per arrivare ad una via d’uscita».
Dal canto loro, gli autonomi del Laboratorio Sociale Occupato Autogestito Buridda, sanno che il progetto che portano avanti non dipende “dai muri” dentro i quali si sviluppano le attività: il Buridda non l’ex Magistero come non era via Bertani, ma le persone che lo vivono e lo fanno vivere, condividendo idee e pratiche sociali collettive, alternative all’impostazione legata alle logiche del profitto e dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo e dell’uomo sulla natura.
La palla, quindi, passa all’amministrazione comunale. Genova non può permettersi di perdere o di soffocare una realtà unica, che negli anni è diventata importante per il tessuto sociale cittadino e non solo. Volenti o nolenti, infatti, il Buridda è diventato un importante aggregatore di persone, culture, idee e ricerca. E il seguito che hanno quasi tutte le iniziative aperte a tutta la cittadinanza lo dimostrano. Avanguardie come il Fab Lab sono preziose per il futuro di Genova e non solo: se non si dovesse trovare una soluzione, la prima domanda che dovremmo porci è in che città vogliamo vivere oggi e in che società domani. I ragazzi del Buridda ci offrono una possibile risposta, che sarebbe quantomeno poco lungimirante non ascoltare.
Nicola Giordanella