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Senza il decreto attuativo per la Legge 62/11 tutti i bambini che condividono con la madre la detenzione rischiano di dover vivere entro le mura del carcere il doppio di quanto previsto dalla normativa precedente
Oggi, come comunicato dal Ministro della Giustizia, Paola Severino, i bambini presenti nelle prigioni italiane sono 54. A quasi un anno dal promulgamento della legge 62/11 sulle madri detenute con bambini non si è ancora messo mano al decreto attuativo che consentirebbe di applicare in modo corretto le intenzioni della legge e di non lasciare alla discrezionalità dei magistrati la responsabilità di dover interpretare una normativa che mostra lacune e ambiguità, ovvero evitare in via definitiva il carcere a tutti i bambini.
Il convegno-workshop “Bambini in carcere: non luogo a procedere” organizzato presso l’Università Statale di Milano giovedì 29 marzo da Bambinisenzasbarre (Associazione onlus che si occupa dal 1997 della cura delle relazioni familiari durante la detenzione di uno o entrambi i genitori) e Terre des Hommes (da 50 anni in prima linea per proteggere i bambini di tutto il mondo dalla violenza, dall’abuso e dallo sfruttamento), ha fatto il punto della situazione assieme agli attori principali della riforma e agli operatori sul campo e, al contempo, ha inteso promuovere il promulgamento di un decreto attuativo della legge, che non lasci la questione solo all’interpretazione, pur attenta, dei magistrati, e permetta un’applicazione della normativa quanto più rispondente al diritto universale di protezione dei bambini.
La sentenza 11714 della Corte di Cassazione di alcuni giorni fa mette in evidenza come l’unica ICAM – Istituto a custodia attenuata madri sezione staccata del carcere di San Vittore a Milano, sia una struttura non certificata per la mancanza di una disciplina omogenea, e che quindi non può essere presa a modello, anche se è certamente un evidente esempio di buone pratiche in questo campo.
«Se entro il 1 gennaio 2014, data ultima in cui la Legge è in vigore in tutte le sue parti senza discrezionalità, non sarà promulgato il decreto attuativo – lanciano l’allarme le associazioni – tutti i bambini che condivideranno con la madre la detenzione rischieranno di dover vivere entro le mura del carcere fino a 6 anni».
«Tra le ambiguità ed equivoci interpretativi primo fra tutti è il tema del ricovero e delle cure mediche del bambino – spiegano le associazioni – pur dando al direttore del carcere la libertà di autorizzare l’uscita della madre questo non garantisce la presenza della madre in tutte le circostanze in cui il minore ha bisogno di lei. Per superare il problema, nel caso della Lombardia, è ormai consolidata la buona prassi di ricoverare la madre nei casi in cui è necessaria l’ospedalizzazione del figlio. Questo escamotage pratico ha sempre consentito di superare le lungaggini burocratiche per ottenere un permesso, che – prima della nuova Legge – veniva concesso solo in situazioni di eccezionale rilevanza». «Ma urgente è anche una regolamentazione delle caratteristiche delle Case Protette introdotte assieme all’ICAM dalla nuova legge, strutture d’accoglienza equivalenti alla privata dimora, dove le mamme prive di domicilio possono scontare la pena con i bambini fino ai 10 anni – spiegano Bambinisenzasbarre e Terre des Hommes – La legge precisa che non è previsto nessun onere a carico dell’amministrazione penitenziaria per tali strutture, mentre per gli ICAM si prevede un piano investimenti di 11, 7 milioni di euro».
«In un’ottica di mantenimento della relazione madre-bambino anche quando questa è detenuta, come stabilito dalla Convenzione dei Diritti dell’Infanzia, le Case Famiglia Protette sono certamente la soluzione migliore per tutelare l’interesse superiore del minore, ma è fondamentale che dispongano di fondi adeguati», sottolineano le associazioni.
Le parole del Ministro della Giustizia Paola Severino, lette all’apertura dell’incontro milanese, fanno intravedere una volontà di arrivare ad una prossima soluzione «…in un Paese moderno è necessario offrire ai bambini, figli di detenute, un luogo dignitoso di crescita, che non ne faccia dei reclusi senza esserlo. Una struttura che sia diversa da quella tradizionalmente detentiva….Ritengo, quindi necessario, che l’Istituzione, nell’affrontare un così delicato argomento, abbia chiari tutti gli aspetti che lo sostanziano al fine di trovare soluzioni idonee che tutelino gli importantissimi valori in gioco».
«Sono troppi gli interrogativi ancora aperti che lasciano un’ombra sull’efficacia di questa riforma – spiega Lia Sacerdote, Presidente di Bambinisenzasbarre – ad iniziare dal fatto che ancora oggi permangono in strutture detentive decine di bambini con le loro madri, quando in molti casi potrebbero essere accolti in Case Famiglie Protette, i cui requisiti ancora non sono stati specificati. Il tempo è prezioso, soprattutto quando un bambino lo trascorre in carcere».
«La nuova legge, inoltre, non garantisce la presenza della madre accanto al figlio nel caso in cui venga ospedalizzato – afferma Federica Giannotta, Responsabile Diritti dei Minori di Terre des Hommes – non risolve il problema dell’accesso alle misure domiciliari speciali, non tutela in alcun modo le donne extracomunitarie, in quanto permane l’espulsione automatica a fine pena, senza alcuna considerazione per gli effetti e per le ripercussioni sulla crescita psicologica che questo ha sui loro bambini».
L’auspicio di Bambinisenzasbarre e di Terre des Hommes è che «questo incontro possa sollecitare un’applicazione quanto più coerente e rispondente possibile alle esigenze di protezione, rispetto e riconoscimento della dignità delle donne detenute e, soprattutto, dei loro bambini».
Matteo Quadrone