Da una parte il ripristino della legalità, dall'altra la lentezza dei processi di assegnazione. Intanto i dati di fatto sono l'aumento dell'insicurezza generalizzata nei quartieri popolari e la cronica carenza di risorse destinate alla manutenzione dell'edilizia residenziale pubblica. Facciamo il punto
Nelle periferie italiane sale la tensione, e tra insicurezza e abusivismo il risultato è una guerra tra poveri. I casi di Roma e Milano sono sulle pagine di tutti i giornali, simbolo di una disperazione alle stelle nei quartieri popolari delle grandi città, dove anno dopo anno si è accumulato un disagio sociale crescente, in zone già prive di servizi essenziali. Anche Genova non è esente da questo processo, ma qui per fortuna la conflittualità non ha ancora raggiunto il livello di guardia. Tuttavia, alcuni segnali indicano un pericolo concreto, se come sembra, l’intervento delle istituzioni si limiterà soltanto al fattore repressivo. Ci riferiamo in particolare al nuovo piano sgomberi del Comune di Genova, volto a stroncare il fenomeno delle occupazioni abusive delle case popolari. Parliamo ufficialmente di una trentina di occupanti abusivi segnalati al Comune e all’Azienda regionale territoriale per l’edilizia (Arte), anche se le occupazioni effettive sarebbero un numero più elevato – circa un centinaio – e presumibilmente in aumento.
I comitati di residenti, infatti, denunciano il dilagare di tale pratica, mentre il movimento di lotta per il diritto alla casa – che a Genova, va detto, si è concentrato soprattutto sull’occupazione di appartamenti sfitti proprietà di enti pubblici e privati, ad esempio talune fondazioni religiose – rivendica la legittimità di ogni azione finalizzata a dare risposta alla cosiddetta emergenza abitativa. Onde evitare manifestazioni di protesta «Il Comune, a partire da novembre, non darà più alcuna comunicazione agli occupanti abusivi in merito alla data e all’ora dello sgombero, il quale potrà avvenire in qualsiasi momento», hanno recentemente annunciato in commissione consiliare Welfare i responsabili dell’Ufficio Casa. «Appena la Polizia Municipale accerta l’occupazione abusiva gli occupanti vengono denunciati. In seguito del verbale dei vigili l’Ufficio Casa emette un provvedimento di rilascio dando 30 giorni per la riconsegna bonaria, ma spesso gli occupanti abusivi presentano ricorso. Dopo 30 giorni scatta lo sgombero. Fino a poche settimane fa veniva data comunicazione dello sgombero agli occupanti, adesso non più perchè sovente i nostri addetti si sono ritrovati di fronte a trenta persone dei centri sociali, rischiando anche per la propria incolumità fisica».
Da qualsiasi punto si guarda la questione, però, sono dati di fatto l’aumento dell‘insicurezza generalizzata nei quartieri popolari, la cronica carenza di risorse destinate alla manutenzione dell’edilizia residenziale pubblica, il numero insufficiente di case rispetto ad una domanda sempre maggiore. Dunque, oltre al ripristino della legalità, occorre la messa in atto di strumenti concreti, in primis per velocizzare l’assegnazione agli aventi diritto di centinaia di alloggi popolari che tuttora rimagano sfitti per lunghi mesi, come ha spiegato a Era Superba l’amministratore unico di Arte Genova, Vladimiro Augusti «Ogni anno si sfittano circa 350 alloggi del patrimonio complessivo Erp (Comune e Arte); solo l’8% viene messo subito a reddito per consegnarlo al Comune che procederà con l’assegnazione; l’80% di questi appartamenti viene mandato in manutenzione perché necessita di importanti interventi di ristrutturazione che ne impediscono l’assegnazione in tempi brevi».
Parliamo di circa 120 alloggi occupati, numeri decisamente inferiori rispetto a realtà metropolitane come Milano e Roma, in cui è palese l’esistenza di un sistema malavitoso che lucra sull’organizzazione delle occupazioni abusive. Ma i segnali non sono incoraggianti, quindi occorre agire per tempo
«Le condizioni di vivibilità dei nostri quartieri continuano a peggiorare – spiega Peppino Miletta presidente del coordinamento comitati quartieri collinari – Stiamo facendo diverse assemblee sul territorio, a Cà Nova (Prà) il 19 ottobre, a San Piero (Prà) il 12 novembre, al Diamante (Begato) il prossimo 23 novembre, per promuovere un percorso di confronto tra cittadini, sindacati inquilini (Sunia-Cgil, Sicet-Cisl, Uniat-Uil) e rappresentanti istituzionali di Comune e Regione. Oggi all’ordine del giorno c’è la questione sicurezza e l’aumento dell’abusivismo, conseguenza dei troppi appartamenti sfitti che, in assenza di una rapida assegnazione, vengono occupati abusivamente. A Genova non abbiamo raggiunto livelli preoccupanti come a Milano, dove le persone hanno paura di uscire perchè temono di ritrovare la loro abitazione occupata. Tuttavia, bisogna intervenire prima che anche qui la situazione degeneri. Il piano sgomberi, però, risolve solo il problema contingente, che subito dopo si ripresenterà puntualmente».
In città, infatti, gli alloggi sfitti sono circa 800 «E nei quartieri stanno entrando personaggi, per così dire, preoccupanti – aggiunge Francesco Corso, portavoce del coordinamento comitati quartiere Diamante – Non mi riferisco a famiglie disperate, bensì ad individui che nulla hanno a che vedere con le regolari assegnazioni degli alloggi popolari. Detto ciò, sappiamo benissimo che il bisogno abitativo è fortissimo. Il problema è che di questo passo rischiamo di innescare una guerra tra poveri».
Stefano Salvetti, segretario del sindacato inquilini Sicet, da trentanni attivo sul fronte del disagio abitativo, sottolinea «Il fenomeno delle occupazioni abusive nei quartieri popolari genovesi non ha ancora assunto una rilevanza emergenziale. Parliamo di circa 120 alloggi occupati, numeri decisamente inferiori rispetto a realtà metropolitane come Milano e Roma, in cui è palese l’esistenza di un sistema malavitoso che lucra sull’organizzazione delle occupazioni abusive. Ma i segnali non sono incoraggianti, quindi occorre agire per tempo. In audizione presso la commissione consiliare Welfare del Comune io l’ho affermato chiaramente: la situazione non si risolve solo con un sistema repressivo. Il rispetto della legalità è un aspetto importante, ma insieme ci vogliono politiche abitative degne di questo nome, assenti da lungo tempo sia sul piano nazionale che locale».
Il consigliere comunale di maggioranza Cristina Lodi (Pd), presidente della commissione Welfare, spiega «Quello che davvero esaspera gli abitanti, come è emerso nelle assemblee a cui ho partecipato, sono i fenomeni delinquenziali che si sviluppano intorno alle sacche di abusivismo. Mi riferisco a gruppi di persone, ben circoscritti e definiti, che presidiano il territorio con sopraffazioni e minacce. Gli anziani residenti, insomma, percepiscono un clima di insicurezza generalizzata e crescente, anche a causa dell’abusivismo. Il Comune ha risposto con il nuovo Piano sgomberi, ma il problema è più ampio, e richiede l’intervento congiunto di istituzioni e forze dell’ordine. Per questo a breve faremo una commissione sul tema con l’assessore alla Legalità, Elena Fiorini».
I comitati di quartiere rivendicano l’efficace azione svolta per convincere la Regione Liguria a modificare la Legge 10 (Legge Regionale 29 giugno 2004, n. 10. “Norme per l’assegnazione e la gestione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica”, modificata con la Legge Regionale 11 marzo 2014, n. 3 “Modifiche ed integrazioni alla L.R. 29 giugno 2004, n. 10”), e adesso chiedono al Comune di Genova di fare la sua parte, modificando i criteri di assegnazione degli alloggi comunali e di Arte. «Gli appartamenti prima di essere assegnati devono essere messi a posto – spiega Peppino Miletta – Ma, vista la carenza di risorse, sarebbe ragionevole ipotizzare un affidamento agli aventi diritto che potrebbero intervenire con la messa in opera, a spese loro, successivamente scalabili dall’affitto. Così l’assegnazione sarebbe più rapida, eliminando nel contempo il motivo dell’abusivismo. Noi abbiamo proposto la creazione di una commissione ad hoc, comprendente oltre alle istituzioni anche il sindacato inquilini e i comitati, deputata ad esaminare periodicamente la situazione, individuando in tempo reale gli alloggi vuoti da ristrutturare e/o affidare. Queste cose le abbiamo ripetute in tutte le salse, presso tutti gli ambiti istituzionali, registriamo una disponibilità all’ascolto ma finora nulla di più». Francesco Corso, del coordinamento comitati Diamante, aggiunge «La Regione ha dato ai Comuni le linee guida per la redazione dei regolamenti di assegnazione, ora l’amministrazione ci lavorerà sopra. Fatto sta che le case non si possono tenere vuote per 10 mesi, bensì vanno assegnate immediatamente. Si tratta di circa 800 alloggi sfitti sul territorio. Bisogna trovare il modo di finanziare gli interventi di ristrutturazione. Attendiamo delle risposte, sennò non escludiamo di mettere in pratica iniziative di protesta eclatanti, come non pagare più gli affitti fin quando le cose non cambieranno».
Secondo Stefano Salvetti, sindacato inquilini Sicet, pure l’Azienda regionale territoriale per l’edilizia ha delle precise responsabilità nella mal gestione degli alloggi pubblici (leggi la nostra inchiesta sugli enti case popolari) «Arte dovrebbe essere più presente e prendere subito in carico gli appartamenti che si liberano, è questo il suo ruolo, invece dispone soltantanto di due ispettori che, evidentemente, non possono tenere sotto controllo l’intero patrimonio immobiliare. La vigilanza potrebbe essere esercitata tramite un monitoraggio che si avvalga delle conoscenze dirette dei comitati e del sindacato, in modo tale da sapere quartiere per quartiere dove sono gli appartamenti sfitti. Oggi esiste già una mappa informale, ma il monitoraggio va reso organico e costante, magari sfruttando le potenzialità dei mezzi informatici».
Per quanto concerne i meccanismi di assegnazione «Una proposta è quella dei pre-affidamenti – continua Salvetti – Quando un appartamento si libera, anche se è da ristrutturare, va subito pre-affidato al soggetto che ne ha diritto in base alla graduatoria. Intanto l’assegnatario diventa una sorta di angelo custode della casa: può andare a vederla, può controllarla, avendola ricevuta in pre-affido. E volendo, come stabiliscono le linee guida regionali, può anticipare le spese per la ristrutturazione, che poi saranno scalate dal calcolo dell’affitto. Questo sistema, però, deve essere affiancato da un sistema di fidi bancari che garantisca comunque una copertura economica, anche rispetto all’eventualità di incidenti nell’esecuzione dei lavori. Sarebbe già una buona cosa se l’amministrazione comunale di Genova si muovesse in questa direzione».
«Allo stato attuale norma vuole che gli alloggi siano assegnati una volta ultimati i lavori – risponde il presidente della commissione Welfare Cristina Lodi – Ora stiamo avviando una procedura Comune-Arte per fare sì che, già in fase di chiusura dei lavori, l’alloggio venga affidato a chi ne ha diritto. In prospettiva futura si potrebbe parlare di pre-affidi, ovvero di assegnazione prima dell’esecuzione degli interventi, con possibilità di ridurre il canone all’assegnatario in base al riconoscimento dei lavori eseguiti. Il Comune adesso deve lavorarci. Inoltre, stiamo pensando di portare avanti un progetto che prevede un processo di analisi su alcuni condomini afflitti da problematiche di vario genere, scelti in base alle segnalazioni di criticità provenienti dai quartieri, e la sperimentazione di modalità operative che potranno essere replicate in altri contesti».
Matteo Quadrone