Approvato il bilancio da cui dipende l'immediato futuro della città. Ecco i numeri e il quadro politico. Seguirà l'approfondimento con il professore Luca Gandullia che risponde alle domande dei lettori di Era Superba
Amt e il cofinanziamento da 25 milioni per lo scolmatore del Fereggiano sono salvi. Genova ha il suo bilancio previsionale per l’anno 2013. E con un giorno di anticipo rispetto al previsto. Con 22 voti favorevoli, 11 contrari e 2 astenuti il Consiglio comunale ha approvato il documento (concessa immediata eseguibilità) presentato dalla giunta Doria quindici giorni fa, nonostante gli enormi polveroni sollevati nel corso della discussione.
È durato solo due giorni e mezzo il duro ostruzionismo in Sala Rossa che aveva portato le opposizioni, con capofila il Movimento 5 Stelle, a presentare solo per le delibere su Imu e Tares circa 500 documenti tra ordini del giorno e, soprattutto, emendamenti.
Sarà stato lo sfinimento delle due sedute fiume di martedì e mercoledì. Sarà stata la necessità di arrivare per forza all’approvazione del bilancio per garantire la sopravvivenza di Amt e il recepimento del cofinanziamento ministeriale per lo scolmatore sul Bisagno. Sarà stato l’incombere della pausa estiva. Fatto sta che nella notte tra mercoledì e giovedì ogni tassello del criptatissimo puzzle della Sala rossa sembra essere andato magicamente al suo posto.
In un colpo solo sono svaniti i ricordi delle vibranti proteste fuori e dentro palazzo Tursi e l’elevata tensione delle logiche politiche che nei giorni scorsi ha fin troppo distolto l’attenzione dal cuore della discussione, ovvero quel bilancio da cui dipende il futuro della città. Con operazione degna del miglior Harry Potter, giunta e consiglieri hanno deciso di rinviare a dopo il bilancio la madre di tutti i problemi, ovvero la delibera di indirizzo sulle società partecipate che avrebbe rischiato di sciogliere come neve al sole una maggioranza fin troppo multisfaccettata. La discussione sulle ventilate, parziali, privatizzazioni di Amiu, Aster e altre società in house viene, dunque, rimandata a domani (venerdì 2 agosto). Con il rischio di chiudersi ben oltre la pausa estiva, contro la volontà del Pd. Ma, almeno, con il bilancio condotto in porto.
È proprio la ventilata ipotesi di riorganizzazione delle partecipate che aveva scatenato, a inizio settimana, le proteste dei lavoratori che avevano invaso palazzo Tursi e via Garibaldi. Una delibera di per sé non direttamente collegata al bilancio, ma che era diventata imprescindibile in seguito alla volontà del Partito Democratico di vincolare il proprio assenso al provvedimento-madre proprio a una radicale revisione del sistema delle società partecipate dal Comune di Genova. Una decisione che aveva suscitato le ire degli altri partiti di maggioranza, Lista Doria, Sel e FdS. E che ancora oggi non ha fatto mancare clamorosi colpi di scena. Come la minaccio del capogruppo di Sel, Gian Piero Pastorino, di lasciare la maggioranza e unirsi al gruppo misto, di cui da oggi fanno ufficialmente parte i consiglieri ex Idv Stefano Anzalone e Salvatore Mazzei. Boutade o meno, a Pastorino sembra che non sia andato giù il tentativo del Pd di far passare la delibera sulle partecipate come allegato al documento principale del bilancio. Tentativo, comunque, sfumato e che non ha compromesso gli accordi sul bilancio, per la cui discussione sono state messe da parte le pratiche ostruzionistiche (nonostante 166 ordini del giorno e 44 emendamenti) che riprenderanno sulla delicata questione delle società in house. Che rischia di non arrivare neppure al momento della votazione considerando che alla mezzanotte in punto scatteranno le ferie e sono in calendario 219 ordini del giorno e 55 emendamenti.
Il bilancio previsionale del Comune di Genova per il 2013, nel suo complesso, ammonta a 841 milioni e 725 mila euro. Di questi, poco meno di 98,5 sono destinati alle varie direzioni amministrative: a goderne maggiormente saranno il settore delle Politiche sociali a cui andranno 36,5 milioni di euro e quello della Scuola, sport e politiche giovanili per cui sono previsti 30 milioni di stanziamenti. Il restante terzo sarà suddiviso tra tutte le altre direzioni, con particolare incidenza per Cultura e Turismo, Polizia Municipale e Sviluppo economico, tutti comunque al di sotto dei 5 milioni di euro.
Tra i capitoli di spesa corrente, i dati più significativi riguardano proprio le società partecipate, del cui futuro si discuterà domani, anche se con tutta probabilità provvedimenti definitivi verranno presi solo a settembre. Nel dettaglio: 121,7 milioni vanno ad Amiu (l’esatto ammontare della Tares); 89,6 milioni è il salvagente stanziato per il contratto di servizio di Amt; 18,3 milioni, invece, toccano ad Aster. Tuttavia, la spesa maggiore è ancora una volta il costo fisso del personale che ammonta a 222 milioni di euro per i poco meno di 6 mila dipendenti di Tursi. Spese diminuite di oltre 12 milioni rispetto all’ammontare totale previsto per lo scorso anno, ma aumentate al netto dei pensionamenti. Ovvero, se ci fosse lo stesso personale degli anni precedenti, si spenderebbe molto di più, a detta del consigliere Enrico Musso. Altre sostanziose voci di spesa sono, infine, i 49,5 milioni di accantonamento per il Fondo di svalutazione crediti, i 76 milioni di rimborso prestiti, i 37,7 di interessi e i quasi 54 per le spese generali.
Dal lato delle entrate, invece, la voce principe è naturalmente rappresentata dai capitoli tributari che porteranno nelle casse di Tursi 588 milioni di euro. Nel dettaglio, i fondi maggiori arrivano da Imu (279 milioni), Tares (121,7 milioni) e Fondo di solidarietà comunale (107,6 milioni). Solo 101 milioni, invece, i trasferimenti che il Comune riceverà dallo Stato. Mentre poco meno di 146 milioni il gettito derivante da entrate extratributarie, tra cui i quasi 35 milioni preventivati dall’incasso di multe e i poco meno di 26 milioni derivanti dall’accesso a beni e servizi pubblici.
Intanto, il bilancio di “lacrime e sangue”, prendendo in prestito una definizione già tanto cara alla precedente giunta Vincenzi, ha avuto il via libera. Lacrime e sangue che, come anticipato nelle scorse settimane, per i cittadini genovesi si traducono in aumento dell’Imu e della Tares. L’imposta sugli immobili comporterà dunque un aumento dello 0,8 per mille sulla prima casa, con la relativa aliquota che sale dal 5 al 5,8 per mille (su un massimo consentito dalla legge del 6 per mille). Rispetto a quanto annunciato, saranno invece più contenuti gli aumenti sui canoni concordati, la cui aliquota passa dal 7,6 all’8,5 per mille e non al 9,5 come precedentemente proposto. Una differenza di entrate per le casse comunali che sarà coperta grazie a maggiori utili incassati da Amiu.
Il capitolo che riguarda la Tassa rifiuti e servizi, di cui è stato appena pagato l’acconto, comporterà un aumento complessivo per le tasche dei genovesi ci oltre 10 milioni di euro. Secondo le stime, poco più di 18 euro annui pro capite. Cambiano anche i criteri con cui il balzello verrà applicato: la normativa nazionale prevede infatti che il gettito proveniente dalla Tares debba coprire interamente i costi del contratto di servizio di Amiu. Per quanto riguarda le “bollette della spazzatura” i criteri di determinazione dei singoli ammontare, oltre alla dimensione dell’abitazione terranno presente i componenti del nucleo famigliare.
Sia per Imu che per Tares, comunque, si attendono le decisioni del governo nazionale che, a inizio autunno, potrebbero rendere necessaria una corposa variazione di bilancio. Quella sorta di “secondo tempo” a cui l’assessore Miceli e il sindaco Doria hanno più volte fatto riferimento insieme con la riluttanza per la necessità dell’aumento dell’imposizione fiscale a causa delle manovre finanziarie nazionali che si sono fin qui cumulate.
Simone D’Ambrosio