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Consiglio Comunale, G8 di Genova: lo Stato deve delle scuse ai genovesi

Nella seduta di ieri del Consiglio si sono rievocati gli eventi tragici del G8 del 2001. Dopo il discorso del Sindaco Doria i consiglieri si sono confrontati in aula anche sulle recenti sentenze della Cassazione


25 Luglio 2012Notizie > Rubriche

Il G8 del 2001 è ancora vivo nel ricordo dei genovesi e non solo. Ieri in Consiglio Comunale si è discusso ancora una volta dei fatti accaduti in quei drammatici giorni di luglio di 11 anni fa. Il Sindaco ha spiegato, in apertura della seduta le ragioni che spingono a tanti anni di distanza a riflettere ancora sull’accaduto. Da un lato perché «sono stati eventi che hanno ferito la città e che ne hanno segnato la storia», dall’altro perché le recenti sentenze sulle devastazioni e sulle violenze nella scuola Diaz hanno riportato quei fatti alla memoria di tutti.

Con queste premesse il primo cittadino ha voluto ricostruire brevemente la cronaca di quei giorni ricordando una città militarizzata, nella quale si invitavano i cittadini a lasciare le proprie abitazioni, soprattutto quelle all’interno alla zona rossa, le più vicine ai luoghi in cui si sarebbe svolto il summit. «Un invito tanto ossessivo – ricorda Doria – da generare un rifiuto in molte persone».

E poi c’erano gli ideali di coloro – decine di migliaia – che giunsero a Genova per difendere la visione di un futuro diverso da quello proposto dai leader mondiali. Un’invasione inizialmente pacifica, come testimoniò la Manifestazione dei Migranti, che però sfociò successivamente nei ben noti episodi di vandalismo dei cosiddetti black block. Una degenerazione che il Sindaco condanna senza mezze misure pur osservando che fu in parte conseguenza di «un’incapacità di gestione della situazione» da parte delle forze dell’ordine. Da quel momento in avanti fu un crescendo di violenza con l’uccisione di un ragazzo poco più che vent’enne, Carlo Giuliani, con l’aggressione dei manifestanti che sfilarono pacificamente nel corteo di sabato da parte delle forze dell’ordine e, infine, con l’irruzione nella Scuola Diaz e le violenze alla Caserma di Bolzaneto.

Proprio su questi aspetti, resi attuali dalle recenti condanne della Cassazione, si concentra la valutazione finale di Marco Doria che non ha voluto parlare di sentenze buone o cattive, ma ha voluto sottolineare la gravità dei reati commessi da persone che avevano il dovere difendere la legalità. Infine il Sindaco si è soffermato sulle violenze della Caserma di Bolzaneto evidenziando che «dal punto di vista giuridico l’impossibilità di fare chiarezza su questi fatti è dipeso in larga parte dal fatto che nel nostro codice manchi il reato di tortura».

Le ferita, inutile negarlo, è ancora aperta e il discorso del Sindaco ha suscitato moltissime reazioni all’interno dell’aula; quelle ormai consuete, che contrappongono difensori e detrattori dell’operato delle forze dell’ordine, rafforzate anche dalle sentenze della Cassazione, e altre che nascono dai recenti sviluppi della crisi economica e che fanno riemergere con forza le critiche ad un modello di sviluppo già messo in discussione dal Genoa Social Forum nel 2001. «Allora si diceva ‘Un mondo diverso è possibile’, ma sembra che da allora le cose non siano migliorate», ha affermato Putti (M5S), e anche Rixi (Lega) sostiene che «i principi di chi manifestava hanno avuto poco ascolto da parte delle istituzioni» e lo dimostra anche la presenza di «un governo che sicuramente è molto più vicino ad una visione finanziaria e verticistica del mondo».

Inevitabilmente la riflessione si è concentrata anche su Genova sulle contraddizioni di quell’evento organizzato in una città forse non ancora pronta ad ospitarlo, ma che si sforzò di esserlo a fronte delle promesse di ingenti finanziamenti da parte dello Stato. Quello stesso Stato che poi la abbandonò al suo destino in quelle giornate di luglio, lasciando che pochi violenti fossero in grado di creare tanta distruzione e che alcuni pubblici ufficiali potessero compiere dei reati su civili inermi.

Dai banchi del Consiglio Leonardo Chessa di Sel ha ricordato l’esistenza di una petizione popolare proprio per introdurre il reato di tortura nel nostro ordinamento allo scopo di evitare situazioni analoghe a quelle di Genova, che purtroppo si sono già ripresentate in altre occasioni, come il caso di Stefano Cucchi o di Federico Aldovrandi.

Per tutte queste ragioni Farello (Pd) e Putti hanno ipotizzato anche la richiesta di scuse formali e di un risarcimento ai cittadini genovesi da parte delle istituzioni nazionali, come gesto di conciliazione per ricucire uno strappo che ancora oggi esiste. Secondo il capogruppo del M5S le recenti sentenze della Cassazione hanno aperto uno spiraglio per ricostruire la fiducia nei confronti dello Stato, che «ha avuto il coraggio di giudicarsi anche al suo interno», ma perché possano avere degli effetti reali è necessario comunicarle e spiegale soprattutto ai giovani all’interno delle scuole.

Federico Viotti


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