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La delibera approvata dopo una lunga discussione introduce limitazioni alla collocazione di videolottery, sale scommesse e sale bingo sul territorio genovese. Molti dubbi sono stati avanzati dall’opposizione sull’efficacia del regolamento
Una lunga seduta si è conclusa ieri con l’approvazione del Regolamento sulle Sale da Gioco. Il regolamento prevede l’obbligo di collocare queste attività ad almeno 300 metri da luoghi sensibili come gli istituti scolastici e i luoghi di culto o impianti sportivi. Al tempo stesso richiede una distanza di almeno 100 metri da bancomat o negozi come i compro oro che forniscono ai clienti di queste sale giochi il denaro per le macchinette. Un ulteriore limitazione viene posta affermando che l’esercizio di tali attività viene vietata negli immobili di proprietà della pubblica amministrazione.
Molti consiglieri hanno proposto modifiche che avrebbero reso ancora più rigido il regolamento imponendo, ad esempio, che non fossero consentiti i vetri oscurati ai locali in cui si svolge questo tipo di attività, che fossero fatti maggiori controlli sull’emissione degli scontrini su caffè e drink – spesso offerti ai clienti per prolungare la loro permanenza nelle sale -, che si obbligassero gli esercenti a mantenere un registro di chi utilizza slot e videopoker. Ma, come ha spiegato l’assessore alle attività produttive Francesco Oddone, non è stato possibile accettarli per evitare di creare conflittualità con la normativa nazionale vigente.
In effetti il limite di questa delibera è legato proprio alla sua natura di regolamento comunale. Pur basandosi sui presupposti espressi dalla legge regionale 17 del 2012 riguardante la Disciplina delle Sale da Gioco, si tratta di un documento che in molti punti avrebbe potuto rischiare di creare contrasti con leggi nazionali, come la legge sulla privacy che limita la possibilità di raccogliere dati personali, o di valicare le competenze comunali, come accade in materia di sorvegliabilità delle sale gioco.
Il capogruppo dell’Udc Gioia ha evidenziato questa debolezza sottolineando come il Regolamento stesso definisca diverse tipologie di giochi d’azzardo, ma precisi anche che fanno eccezione «gli apparecchi e i congegni consentiti dalla legge». In questo modo, in realtà, vengono riammessi tutti i dispositivi elettronici attivati da monete e pagamenti in altre forme, come previsto dal Testo Unico per la pubblica sicurezza. Atri possibili casi di conflittualità sono testimoniati dall’esperienza di altri comuni italiani in cui il TAR è intervenuto per eliminare i luoghi di culto dall’elenco dei luoghi sensibili. C’è quindi il rischio che molti esercizi commerciali impugnino le norme del regolamento pur di mantenere le slot e i guadagni garantiti dal loro giro d’affari, che spesso vanno a colmare le frastiche riduzioni dei consumi che si sono registrate a causa della crisi.
La stessa Regione intervenendo sul tema aveva evitato il rischio di possibili conflitti di attribuzione con le norme statali decidendo di concentrare il proprio interesse sugli aspetti sanitari della questione, ovvero sulla ludopatia, prevedendo azioni di prevenzione e di cura di questa patologia.
Il rischio che questa delibera sia nei fatti poco applicabile c’è ed è reale e dipende dalla presenza di leggi nazionali molto più liberiste per ciò che concerne la concessione di autorizzazione per la gestione di sale giochi o di singole slot. Ha sintetizzato il punto il capogruppo della Lista Doria Enrico Pignone, evidenziando che il denaro speso nelle famigerate “macchinette” produrrebbe 4 miliardi di euro di iva se convertito in consumi, ma le concessioni statali ne fanno già incassare il doppio. È in questo rapporto di numeri che si gioca la principale contraddizione tra la volontà di limitare la proliferazione del fenomeno e i costi sociali da un lato e gli introiti facili che questo settore garantisce per i monopoli di stato. Più di un consigliere ha utilizzato il termine “Stato biscazziere”, sottolineando l’ipocrisia di un’azione normativa che da un lato incassa i proventi di queste attività e dall’altro lascia alle amministrazioni regionali e locali il compito di dover far fronte a questa emergenza sociale.
Il Regolamento è stato approvato (24 favorevoli, 6 astenuti e 4 presenti non votanti) con l’appoggio di tutta la maggioranza e del M5S, mentre l’intera opposizione si è astenuta proprio in ragione della presunta scarsa efficacia della delibera. Ma la norma, ha sottolineato la giunta in più occasioni, deve essere interpretata anche come un segnale politico lanciato verso il legislatore nazionale perché si intervenga per rendere più stringente anche la normativa statale prendendo una posizione chiaramente contraria al gioco d’azzardo e a favore della salvaguardia dei cittadini.
Federico Viotti