Genova ospita da tempo diverse esperienze di coworking, che porta un abbattimento delle spese e una condivisione di competenze: il Municipio Levante approva una mozione di Walter Vassallo per individuare nuovi spazi in città
Di cosa parliamo quando parliamo di coworking? È un termine che sempre più di frequente si cita nei “metodi innovativi di lavoro” e che riguarda in sostanza due aspetti: da un lato il contenimento dei costi di un ufficio (affitto, utenze, etc) e dall’altro una condivisione di saperi e competenze.
Vediamo di spiegare meglio. Il coworking è uno stile di lavoro che porta aziende e professionisti diversi a condividere lo stesso ufficio.
In alcuni casi le aziende si “scelgono” a priori, cercando uno spazio comune dove le diverse professionalità si possano integrare, pur mantenendo ciascuna la propria indipendenza: a Genova è il caso di Civico31 in piazza Pollaiuoli, dove operano professioniste nei campi di pubblicità, ufficio stampa, foto/video e servizi web. Un ufficio in cui aziende diverse ma che offrono servizi complementari possono non soltanto condividere lo spazio, ma anche fornire ciascuna il proprio lavoro ai medesimi clienti.
In altri casi, invece, il coworking prevede l’affitto temporaneo o permanente di stanze o scrivanie a professionisti che non hanno un ufficio e hanno bisogno solo di un piccolo spazio. Ogni ufficio sceglie una propria tariffa, settimanale o mensile, ma in alcuni casi si può optare per la formula del baratto: il professionista offre un servizio all’azienda ospitante, invece di pagare in denaro lo spazio di coworking che occupa.
Per comprendere meglio, abbiamo raccolto le testimonianze di chi a Genova lavora in coworking. Rossana Borroni collabora con a Webvisibility, un’agenzia che si occupa di SEO e ha sede nel coworking di Salita Di Negro: «I vantaggi del coworking, oltre alla condivisione delle spese e degli spazi e conseguente riduzione dei costi operativi, sono soprattutto la possibilità di instaurare nuove collaborazioni e amicizie, di entrare a far parte di un network di professionisti e di accedere a nuove opportunità lavorative. La mia azienda può curare un aspetto della comunicazione per un cliente, e le altre aziende e freelance che lavorano nel nostro stesso spazio possono dare il loro apporto in altri ambiti. La sinergia che più persone e un gruppo possono generare creando un team ad hoc è incredibile. Ti faccio un esempio. Se pensi al settore del food, la comunicazione deve essere fatta trasversalmente, non si può prescindere da nessun aspetto: SEO, social network, ufficio stampa, eventi, etc. Se nel coworking ci sono specialisti in ognuna delle categorie che ho citato, la condivisione dello spazio agevola la creazione di team di lavoro perfetti per la specifica occasione o cliente».
Il primo coworking genovese è situato in via Fieschi ed è stato creato nel 2009 da Fabio Burlando, titolare dell’agenzia immobiliare Acropoli e che oggi è molto attivo nel promuovere valori e vantaggi del coworking. Come spiega sul suo blog aziendale, per raccontare le origini del progetto: «da un organico di 10 persone ci siamo trovati in 5; stanze, scrivanie attrezzate rimaste vuote (…) Trasferirsi in altro ufficio di adeguate dimensioni? Una possibilità. Ma abbiamo preferito mantenere la sede e consci delle problematiche che professionisti vari incontrano nel reperire location lavorative usufruibili in modo elastico abbiamo deciso di entrare nella rete coworking project».
Una testimonianza che è anche un monito alle istituzioni locali: «Comuni e municipi che se la tirano tanto di essere “smart”, invece di pensare a mettere colonnine per auto o bici elettriche (vanno bene, ma non solo quello!) non sanno nemmeno di avere proprietà immobiliari in abbandono e in disfacimento».
Proprio quest’ultima osservazione fa da appiglio a un cambiamento che sta avvenendo nella nostra città: lo scorso 16 maggio il Municipio Levante ha approvato una mozione del consigliere Walter Vassallo, a seguito della quale partirà un tavolo di lavoro fra tutti i Municipi per individuare nuovi spazi da destinare al coworking.
Così Vassallo spiega la filosofia del coworking, che definisce “fabbriche di cultura diffusa“: «Si tratta di un modello che non mira solo alla condivisione degli spazi di lavoro, ma attraverso eventi, iniziative e attività collaborative e partecipative può raccogliere quanto germoglia all’interno di un territorio creando vere e proprie Officine creative e propulsive. Ambienti vivaci, in fermento e in evoluzione che diventano un pilastro fondamentale nello sviluppo socioeconomico di un territorio. Sempre di più sarà necessario diffondere nelle aree urbane gli spazi di coworking, perché la diffusione dell’economia della conoscenza e la dematerializzazione e decontestualizzazione delle attività lavorative generano valori comuni, sociali e ambientali. Questi spazi daranno vita a un’integrazione sul piano umano e professionale per realizzare un progetto completo. Ed è proprio questo il pregio maggiore che si può ascrivere agli spazi cowo: la nascita di una cultura che coniuga lo stare insieme e il lavorare, in un processo di contaminazione virtuosa continua che è anche fonte di progresso e innovazione».
Come si legge dal testo della Mozione, l’impegno espresso dal Municipio grazie all’impegno di Walter Vassallo si concretizzerà nel «porre in essere quanto necessario al fine di trovare al più presto spazi idonei censiti nell’immenso patrimonio di vani sfitti da locare alle energie diffuse della produzione culturale, del sapere e dell’innovazione intesa come conoscenza per sviluppare centri di incontro operativamente sensati, al servizio del co-working e del nomadismo, della progettazione collaborativa, delle decisioni partecipate».
Marta Traverso
[foto di Diego Arbore]