Dopo il respingimento delle tre proposte popolari di delibera per mancanza di un regolamento, il Consiglio Comunale prova a recuperare portando in commissione un primo testo, scritto dal presidente Guerello. Retroattività e non modificabilità del quesito le parti maggiormente discusse
Dopo il respingimento delle tre proposte di delibere di iniziativa popolare, motivato dalla mancanza del regolamento preposto, l’assemblea consigliare del Comune di Genova prova a rimediare colmando il vuoto normativo che dura da circa sedici anni. L’accelerazione arriva grazie alla Conferenza dei Capigruppo del Consiglio Comunale, che in concomitanza con l’annuncio del “diniego”, prova a mettere una pezza, chiedendo al presidente del Consiglio Comunale, Giorgio Guarello, di redarre un testo di base per partire con i lavori i commissione.
«Dopo la richiesta dei capigruppo – spiega Guerello, uno dei veterani della Sala Rossa, in cui è presente dal 1993, oggi al terzo mandato come presidente dell’assemblea – ho preparato subito un testo, potenzialmente già “funzionante”, e l’ho sottoposto alla Commissione Affari Istituzionali per la discussione». Una discussione che però ha portato alla luce molti punti di disaccordo tra i diversi consiglieri e le diverse aree politiche, tanto che saranno necessarie altre riunioni per mettere a punto un testo da portare in consiglio per l’eventuale approvazione.
Diversi i punti ancora da chiarire; il primo dubbio sorto durante i lavori della commissione, è legato alla forma da dare alla nuova materia: non è ancora chiaro se si dovrà andare a modificare direttamente lo Statuto del Comune di Genova, che già prevede le proposte di delibera di iniziativa popolare, senza però regolamentarle, oppure creare un regolamento a parte, da integrare nel corpus normativo dell’ente pubblico. Entrando nel merito delle norme, l’aula si è divisa sulla possibilità da parte del Consiglio Comunale (in aula o in commissione) di poter emendare e modificare in qualche modo le proposte. Tra i fautori di questa possibilità, il consigliere Simone Farello, del Partito Democratico, che ha ricordato come «Questa modalità di iniziativa popolare si affianca e non sostituisce il Consiglio Comunale, che è un organo democratico, e deve mantenere le proprie prerogative». Contrari invece i consiglieri del Movimento 5 Stelle, di Federezione della Sinistra e alcuni consiglieri del Gruppo Misto, secondo i quali, invece, le proposte popolari dovrebbero essere messe in discussione così come presentate dai cittadini. Su questo tema si agganciano le richieste per inserire una norma per la decadenza delle proposte una volta che il consiglio abbia deliberato, nel frattempo, in materia, un po’ come succede a livello nazionale con i referendum. Altri nodi riguardano le tempistiche per la raccolta delle due mila firme necessarie, e per le modalità di istruttoria.
Una delle questioni maggiormente discusse è sul come poter recuperare i quesiti presentati ad inizio estate, cosa che ha visto un consenso bipartisan: «Questa accelerazione è dovuta proprio dalla presentazione di queste tre proposte – spiega Guerello – che sono state le prime in questi sedici anni. Ora dobbiamo trovare un modo per poterle portare in aula e discuterle». In altre parole, la materia non è mai stata regolamentata perché non sono mai stata avanzate proposte di iniziativa popolare: come dire che la buca non è mai stato coperta, perché nessuno fino ad oggi vi era caduto dentro.
Con oltre tre lustri di ritardo, quindi, l’organo rappresentativo per eccellenza del Comune di Genova prova a rimediare ad una falla abbastanza grossolana. I tre quesiti respinti saranno recuperati in qualche modo, probabilmente con una norma transitoria. Dopo la prima discussione in commissione, i capigruppo si sono impegnati a appianare le divergenze per poter portare in aula un testo il prima possibile. Meglio tardi che mai.