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Non ancora approvata dal Consiglio regionale, la legge voluta dalla vicepresidente Sonia Viale per aiutare chi subisce un processo per eccesso di legittima difesa sta facendo molto discutere. I dubbi dei giuristi contro le certezze della promotrice, nel contesto di una disposizione decisamente più politica che tecnica
È in discussione in queste settimane al Consiglio regionale una nuova legge, mutuata da interventi normativi simili in altre regioni come la Lombardia, il cui impatto sulla vita civile potrebbe non essere insignificante. Si tratta di un testo breve, il cui obiettivo (come specificato nella relazione che accompagna il disegno di legge 30) è “fornire assistenza e aiuto alle vittime dei reati della criminalità”. E, in effetti, al primo comma dell’articolo 1 è previsto che la Regione Liguria assista i familiari di vittime della criminalità, fornendo contributi economici per il danno causato dalla perdita del proprio parente. Un intendimento chiaro e generalmente encomiabile: si tratta di una norma di welfare tesa al sostegno di famiglie colpite da un grave lutto, in una condizione di difficoltà economica (oltre che naturalmente emotiva), venendo a mancare uno stipendio in casa e contando che non sempre i criminali hanno le risorse finanziarie necessarie a rifondere i danni economici che hanno causato.
Qualche dubbio in più arriva quando si analizza il principio-guida per l’assistenza economica che indica la priorità alle persone di età superiore ai sessantacinque anni. Come evidenzia il professor Paolo Pisa, docente di Diritto penale alla già facoltà di Giurisprudenza di Genova nonché uno dei giuristi sentiti in commissione regionale per un parere su questa legge, il rischio è che «la vedova al di sotto dei sessantacinque anni e i figli finiscano per essere indebitamente superati dal genitore ultrasessantacinquenne della vittima». Inoltre, il parametro dell’età fa riferimento anche ai successivi privilegi (che tra poco analizzeremo) garantiti dalla legge, rispetto ai quali sono dunque poste in condizione di subordine altre categorie di cittadini esposti a più rischi della media, come ad esempio le donne. Ragiona in questi termini l’avvocato Sara Garaventa dello studio Ispodamia, presidente della sezione genovese delle “Donne giuriste italiane”: «Mi chiedevo se potesse essere uno spunto di riflessione non limitare questo eventuale aiuto solo ai soggetti over sessantacinque ma anche a tutte le donne che vivono da sole, anche giovani, e che sono comunque soggetti deboli, possono essere prese di mira ad esempio nel classico furto notturno in appartamento».
In effetti, la seconda parte dell’articolo 1 del ddl si rivolge a chi subisce “un delitto contro il patrimonio o la persona” e reagisce. L’obiettivo della legge, nei fatti, è quello di aiutare chi subisce un processo per eccesso di legittima difesa. In particolare, al secondo comma è previsto che vengano pagate dalla Regione le spese legali (avvocati, consulenti tecnici che curino gli interessi della parte nella raccolta delle prove, etc.) per quei cittadini che, vittime di un reato diretto contro di loro o contro le loro ricchezze, siano “indagati per aver commesso un delitto per eccesso colposo di legittima difesa, ovvero assolti per la sussistenza dell’esimente della legittima difesa”.
Proviamo a “tradurre” dal giuridichese. La seconda parte si riferisce a chi commette un reato, viene posto sotto processo ed è poi assolto perché ha agito nei limiti della legittima difesa. Una scelta politica con cui si vuole dare un sostegno a chi ha tenuto un comportamento considerabile lecito (e tale ritenuto dopo gli accertamenti di un processo) per salvaguardare i propri diritti.
I dubbi arrivano con la prima parte che, in sostanza, riguarda chi è indagato per aver reagito oltre i limiti della legittima difesa (ad esempio, sparare a un ladro disarmato) in maniera colposa, ossia commettendo un errore di valutazione, non per precisa volontà di tenere quel tipo di condotta.
Per il nostro sistema penale, questo errore è comunque un reato e va pagato. Il disegno di legge regionale, però, offre aiuto a chi lo commette, almeno nella fase delle indagini (preliminare al processo vero e proprio), a prescindere che poi la persona venga assolta o condannata. Tutti i tecnici da noi intervistati si sono espressi univocamente contro questa norma. Il professor Franco Della Casa, docente di diritto processuale penale all’ex facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Genova, ha evidenziato come sia umanamente concepibile la vicinanza a chi commette un reato perché provocato da un fattore esterno (l’essere vittima di un crimine), ma, come ben sa chiunque studia il diritto, «le leggi vanno al di là delle buone intenzioni». Questa previsione è «l’unico esempio di tutela giudiziaria di un soggetto che viene riconosciuto pienamente colpevole di un reato colposo», sottolinea il professor Pisa. «È legittimo – prosegue – che per una categoria di soggetti che vengono riconosciuti responsabili per colpa di un reato scatti una tutela giudiziaria a spese della collettività?». Già, perché il fondo regionale, che per il primo anno verrebbe coperto con l’esiguo stanziamento di 20 mila euro, è costituito con soldi pubblici, i soldi delle nostre tasse per intenderci. Se è umanamente comprensibile provare un senso di vicinanza verso chi delinque in un momento di panico perché si sente sotto minaccia, è decisamente discutibile dare un simile messaggio di legittimazione della condotta: richiamando le parole dell’avvocato Garaventa, «un conto è aiutare chi è poi assolto e quindi esiste una scriminante, viene meno l’antigiuridicità del fatto, un conto invece è quasi legittimare dei comportamenti che non sono leciti, che vanno al di là dei limiti concessi per difendersi; è un reato colposo, esiste la colpa nel nostro ordinamento». Il rischio è una legge regionale che contrasti con i principi dell’ordinamento: decisamente un controsenso, oltreché un provvedimento facilmente impugnabile.
A tutti questi dubbi e critiche prova a rispondere direttamente la promotrice di questa legge, la vicepresidente e assessore regionale alla Sicurezza, Sonia Viale, in quota Lega Nord. «Questa legge chiaramente non va a incidere sulla prerogativa dello Stato in materia di diritto e procedura penale, va a incidere sul welfare della sicurezza e delle politiche sociali. Ritengo che una persona vittima di un reato contro il patrimonio o la persona viva un momento di fragilità o di bisogno e quando reagisce in eccesso di legittima difesa, se lo stesso ordinamento giuridico lo individua come colposo, penso a come fare per aiutare questa persona, lo sostengo in un momento di sconforto per affrontare le spese legali».
Ha dichiarato, come riportato dal sito della regione, che è un “gesto di civiltà tutelare chi si difende da un reato”: anche se facendolo commette a sua volta un reato? Facendo un esempio, se un ladruncolo entra in una villa disarmato per impadronirsi di qualche argenteria e il padrone di casa, armato, seppur non assolutamente in pericolo di vita ma che erroneamente ritiene di esserlo, lo crivella di colpi, nella fase delle indagini le sue spese legali sarebbero a spese della Regione, anche se poi venisse condannato…
«Ritorniamo a quanto detto prima, se il giudice ravvisa un dolo, la Regione non interviene, se uno entra di notte in un’abitazione e il padrone di casa ha la moglie e il figlio e reagisce con un eccesso di legittima difesa ritengo che sia un momento di fragilità, di panico, quindi il sostegno viene in un momento di grande difficoltà, anche se sconterà la sua pena, avrà il risarcimento del danno da pagare, e via dicendo».
Il fondo annuo messo a disposizione è di 20.000 euro; per tutti i buoni propositi di questa legge (assistenza economica alle famiglie delle vittime e a indagati e assolti) non le sembrano pochi?
«Intanto è un inizio, non ci risulta ci siano stati casi eclatanti o di richiesta, la procedura di richiesta sarà stabilita con una delibera di giunta che prevedrà un regolamento con delle priorità ma, intanto, una volta che sarà legge, siamo già stati contattati da avvocati che hanno dato la loro disponibilità per un’assistenza legale gratuita. È un segnale politico, di politica legislativa, che avrà anche il conforto del mondo dei professionisti».
L’impressione è che sia più una mossa politica per portare avanti la battaglia cara alla Lega di tutela della legittima difesa in ambito domestico, più che una risposta a un’effettiva esigenza urgente…
«Anzitutto la formulazione di questo disegno di legge non ha rallentato in alcun modo l’iter degli altri lavori della Regione. Poi, ormai questo paese sembra sia dalla parte di Caino e mai di Abele, il cittadino si sente indifeso, c’è un dibattito anche a livello parlamentare su questo tema. La Lega ha presentato anche delle proposte di legge, ci deve essere una presunzione: se uno entra in casa per rubare è il cittadino che deve dimostrare di aver agito con proporzione, se uno entra in casa di notte rompendo una finestra è lo Stato che deve dimostrare che il cittadino ha esagerato. È un momento di panico. Non dico che faccia bene, dico che un welfare deve tenerne conto prendendo spunto dall’aumento di furti in abitazione in Liguria. Lo Stato su questo tema non fa abbastanza, c’è un vulnus per la persona e lo Stato non è in grado di agire su questo».
A questo punto, la vicepresidente è stata richiamata dai suoi impegni e non ha avuto il tempo di rispondere ad altre domande che sorgono spontanee, come i dubbi sopra riportati circa l’effettiva opportunità di destinare questo intervento prima di tutto agli ultrasessantacinquenni trascurando altri criteri-guida influenti come il reddito. Avremmo anche voluto capire la reale necessità di una legge così controversa se casi di questo genere, per parole della stessa Viale, non sono poi così diffusi nella Regione. Ci sarebbero poi altre questioni più prettamente tecniche, come il dubbio sollevato dal professor Pisa circa il fatto che sia stata trascurata la fattispecie della supposizione erronea colposa, i cui effetti sarebbero gli stessi dell’eccesso di legittima difesa eppure non vi sarebbe supporto economico per questi casi.
In definitiva, allineandoci anche al parere dei tre professionisti che ci hanno aiutato ad analizzare questo disegno di legge, sicuramente è un passo avanti la previsione dell’assistenza economica alle vittime, ma altrettanto indubbi sono i profili criticabili della parte in cui si pagherebbe con soldi pubblici la difesa di chi, a conti fatti, è indagato per aver commesso un reato. Su questo punto la sensazione è che ci sia molto di politico e poco di giuridicamente e tecnicamente ragionato.
La legge è stata più volte posta all’ordine del giorno delle sedute del Consiglio regionale ma non ancora completamente discussa e votata, complice l’ostruzionismo delle opposizioni. Resta, dunque, ancora aperta la porta a eventuali emendamenti ma l’approvazione, salvo clamorosi colpi di scena, non dovrebbe essere messa in discussa. Certo, come accennato dalla stessa Viale, bisognerà poi anche attendere il regolamento attuativo che verrà redatto in seguito dalla giunta per capire quanto questa legge sarà in grado di corrispondere a concrete esigenze dei cittadini o rimarrà una dichiarazione di intenti di facile presa sulla “pancia” ma non realmente in grado di apportare migliorie significative alla nostra Regione.
Alessandro Magrassi