L’emergenza casa si aggrava giorno dopo giorno ed è necessario dare una risposta; ripristinare gli alloggi sociali inutilizzati è una priorità: oggi oltre 400 unità abitative sono in manutenzione
L’edilizia residenziale pubblica (Erp) torna al centro del dibattito cittadino grazie ad un caso singolo che solleva le contestazioni del Municipio Ponente ma nello stesso tempo fornisce spunti di riflessione su alcune tematiche concrete mai sviscerate in maniera esaustiva.
Tutto parte dalla presa di posizione del consiglio municipale del Ponente che il 10 gennaio scorso ha ribadito la sua contrarietà all’ipotesi di realizzare un nuovo insediamento Erp nella zona di via Ungaretti, sulle alture tra Pegli e Prà.
«In tutte le fasi in cui il Municipio è stato coinvolto nell’elaborazione del Puc (Piano Urbanistico Comunale) ha sempre espresso tutte le proprie perplessità in merito a nuovi tentativi di edificazione su un territorio già ampiamente cementificato – spiega il Presidente del Municipio Ponente, Mauro Avvenente (Pd) – dove la costruzione di alcuni quartieri ha mutato completamente l’orografia delle colline. Nonostante sia sempre stato evidente il nostro parere negativo, l’amministrazione ci ha chiesto di produrre un atto specifico. E così il consiglio ha approvato all’unanimità un documento che riconferma il no alla realizzazione di ulteriori unità abitative Erp nel territorio del Ponente».
L’amministrazione comunale per voce dell’arch. Giorgio Gatti, dirigente della Direzione programmi di riqualificazione urbana e politiche della casa, risponde così «Su iniziativa di Comune e Regione abbiamo esplorato la possibilità di realizzare un piccolo edificio a 2 piani per 8 appartamenti di edilizia residenziale pubblica. Un intervento che non ha nulla a che fare con certe colate di cemento realizzate in alcuni quartieri popolari».
Per intenderci non stiamo parlando di un mostro architettonico come quello previsto tra via Maritano e via Ortigara nel Municipio Valpolcevera, fortemente contestato dagli abitanti.
L’area di via Ungaretti è stata espropriata sul finire degli anni ’70 quando venne redatto il piano di zona dell’edilizia popolare «E tuttora rimane vincolata a tale scopo – continua Gatti – È un’area di proprietà comunale dalle dimensioni contenute».
La posizione del Municipio, però, si basa su precise questioni di principio. Innanzitutto viene contestata una distribuzione degli edifici Erp considerata assai disomogenea: «Nel Ponente genovese troviamo il 70% dell’edilizia residenziale pubblica dell’intera città, mentre, al contrario, vi sono intere zone totalmente esenti da quartieri di edilizia popolare – sottolinea il documento approvato all’unanimità dal consiglio municipale – Per favorire una vera e seria integrazione dei soggetti socialmente fragili risulta necessario evitare le esperienze negative degli anni passati che hanno teso alla ghettizzazione di queste realtà in porzioni limitate di territorio quando, invece, è necessario spalmare equamente in tutta la città gli edifici Erp proprio per favorire la socializzazione e l’integrazione».
«In via Ungaretti è nata un’idea progettuale che finora rimane soltanto un’ipotesi – precisa il dirigente comunale Giorgio Gatti – perché si basa su un finanziamento regionale che ad oggi non è ancora stato concretizzato. Francamente fatico a comprendere le ragioni del Municipio. Le percentuali sulla presenza di Erp snocciolate dal consiglio municipale sono grossolane. Non è vero che il 70% di Erp si trova nel Ponente. Anche in Val Polcevera e Val Bisagno, infatti, i quartieri popolari sono numerosi».
Un altro aspetto critico è quello relativo alla domanda di assistenza e supporto che, inevitabilmente, portano con sé gli abitanti assegnatari delle case popolari: «Sulle colline ponentine, nel corso degli anni, sono sorti 7 quartieri di edilizia residenziale pubblica – sottolinea Avvenente – L’elenco è presto fatto: Torre Cambiaso, San Pietro (“Lavatrici”) via Novella, via Montanella, Voltri 2, Ca Nuova, Cep. Si tratta di insediamenti che ospitano uno “spaccato sociale” particolare, il quale necessita di adeguata assistenza sociale. Oggi il Municipio, alle prese con una costante diminuzione delle risorse economiche, fa sempre maggiore fatica a fornire risposte. I nostri uffici sono in sofferenza – ribadisce il Presidente – nell’ultimo anno sono arrivati una quarantina di nuovi nuclei familiari. Il Comune ci affida le persone però non ci fornisce la quota di accompagnamento di cui hanno bisogno».
L’ente municipale mette in evidenza l’elemento forse più rilevante, perché coinvolge tutta l’area metropolitana, ovvero la significativa presenza di alloggi pubblici vuoti e di conseguenza inutilizzati a causa della carenza di manutenzione e di interventi di ristrutturazione mai eseguiti. «Ci sono numerosi appartamenti sfitti all’interno dei quartieri collinari del Ponente – spiega Avvenente – ce lo segnalano continuamente cittadini e comitati con cui abbiamo uno stretto rapporto di collaborazione. A breve avremo un incontro con Arte Genova (Agenzia Regionale Territoriale Edilizia): vogliamo incrociare i nostri dati con i loro numeri, per capire come e dove è possibile ripristinare questi alloggi».
Allo stato attuale le risorse degli enti locali sono ridotte al lumicino, almeno quel poco denaro disponibile utilizziamolo per rimettere a posto le unità abitative sfitte: questo il ragionamento semplice, quanto comprensibile, del Municipio Ponente.
«Noi siamo pronti a dare il nostro contributo a favore delle categorie deboli, come abbiamo sempre fatto – continua Avvenente – di fronte al drammatico problema della casa, però, vorremmo che in via prioritaria, prima di costruire ex novo, si utilizzassero al meglio gli spazi già presenti sul territorio».
«Il recupero degli alloggi sfitti appartenenti al patrimonio dell’edilizia residenziale pubblica è un problema reale – conferma l’arch. Gatti – che riguarda il Ponente ma in misura maggiore la Val Polcevera. Penso, ad esempio, a Begato e alla difficile situazione della “Diga”».
Abbiamo fatto il punto insieme a Stefano Salvetti, segretario genovese del Sicet (Sindacato Inquilini Casa e Territorio), da anni impegnato in prima linea: «Sicuramente un buon numero di alloggi inutilizzati sono nel Ponente, ma la situazione è simile in tutta la città». Dati recenti parlano di circa 717 alloggi in manutenzione. Mentre 250 unità abitative sono rimaste escluse dai lotti d’intervento. Quest’ultimo, però, sarebbe un dato sottostimato: «Rispetto ai circa 250-300 alloggi che si liberano ogni anno ai fini dell’assegnazione – racconta Salvetti – mediamente, circa 150 non sono subito disponibili perché necessitano di qualche intervento. Di conseguenza, ogni anno, gli appartamenti da sistemare si accumulano ed il loro numero cresce costantemente». Dei famosi 717, a fine 2012 ne sono stati completati 280, pronti per essere assegnati. I restanti, cioè 437, sono tuttora in manutenzione. Il 7 febbraio, annuncia Salvetti «Faremo un briefing con l’assessore regionale alle politiche abitative, Giovanni Boitano, per capire come procedono i processi di ripristino degli appartamenti Erp ancora inutilizzati».
L’emergenza abitativa – non va mai dimenticato – rimane un nodo irrisolto, sia a livello nazionale che locale. E si aggrava giorno dopo giorno a causa di una crisi economica senza fine. «Nella precedente graduatoria comunale – sottolinea Salvetti – le persone in attesa di una casa erano 3900. Per il bando in scadenza il prossimo 25 febbraio ci aspettiamo oltre 4000 domande. Il numero è sottostimato perché la gente perde fiducia e quindi neppure presenta domanda per l’assegnazione di un alloggio popolare».
La domanda è il termometro della situazione, sottolinea il rappresentante degli inquilini «E registra una temperatura sempre più calda. Per Genova noi stimiamo il fabbisogno Erp in circa 8000 alloggi». Il fabbisogno stimato dal Comune (dati del 2011), invece, parla di 3500 appartamenti Erp più 5000 a canone moderato (il famoso “social housing”, tanto in voga in questo periodo). «Il canone moderato si aggira su circa 450 euro al mese più le spese di amministrazione – precisa Salvetti – è evidente come oggi molte persone non possano permettersi tali cifre».
Eppure la questione casa non è la priorità nell’agenda delle forze politiche – di qualsiasi colore esse siano – ormai da troppo tempo. Da Roma una mazzata decisiva è arrivata con il Governo guidato dall’ex premier Silvio Berlusconi che ha tagliato i fondi per l’edilizia pubblica. Una drastica riduzione: da 550 milioni di euro a soli 200 milioni.
«Dopo numerose battaglie e grazie all’impegno dell’ex assessore comunale Bruno Pastorino che ha lavorato egregiamente, siamo riusciti a far arrivare a Genova 12 milioni di euro – spiega il segretario Sicet – Queste risorse e alcuni fondi regionali hanno permesso di avviare i lotti manutentivi degli alloggi sociali».
Per trovare una qualche forma di sollievo a quello che è ormai a tutti gli effetti un male endemico del nostro Paese, si dovrebbe «Puntare sulla riconversione di ex aree industriali, vecchie caserme, fabbricati dismessi da trasformare in Erp, invece che nell’ennesimo centro commerciale – suggerisce il segretario Sicet – ma è necessario mettere sul piatto consistenti risorse pubbliche, magari grazie al finanziamento di enti quali la Cassa Depositi e Prestiti. L’altra soluzione è quella di costruire ex novo. Premesso che non voglio massacrare il territorio, prima vanno recuperate, ai fini dell’assegnazione, tutte le unità abitative già presenti in città».
Ovviamente Salvetti non può essere d’accordo con la presa di posizione del Municipio Ponente in via Ungaretti, però, comprende le loro giustificabili preoccupazioni: «Gli interventi realizzati anni addietro, ad esempio a Begato, li definisco insopportabili. Con la “Diga” si è pensato di dare solo una risposta numerica al problema e non una risposta sociale. Anzi, in Val Polcevera come nel Ponente, sono stati creati veri e propri quartieri-ghetto. I Municipi sono realtà gravate dal peso di queste esperienze. Costruire nuove piccole unità abitative, invece, è tutt’altro discorso. E da quanto mi pare di capire, l’ipotesi progettuale di via Ungaretti è un intervento limitato, sicuramente non invasivo».
Per quanto concerne una ripartizione più omogenea degli assegnatari di locazioni Erp, il rappresentante degli inquilini concorda sul fatto che si potrebbe studiare qualche soluzione ad hoc «Stiamo lavorando sulla possibilità di realizzare un meccanismo di assegnazione più attento ad una bilanciata divisione sul territorio. Non si tratta di un’operazione semplice perché parliamo di graduatorie pubbliche che seguono regole precise».
Allo stesso tempo è possibile intervenire anche nel processo di revisione del Puc al fine di «distribuire l’edilizia pubblica in maniera più conforme sull’intero territorio», sottolinea Salvetti.
Ma ancora più importante è studiare modelli che permettano una maggiore socialità nei nuovi insediamenti «Il “portierato sociale” è un’iniziativa che si muove in questo senso – spiega Salvetti – puntando sulla creazione di un mix sociale che può dare buoni frutti. Ad esempio, favorendo l’inserimento di studenti universitari in edifici Erp, insieme ad altre categorie di persone. I più giovani potrebbero fornire supporto agli anziani nelle mansioni domestiche, rendersi utili e migliorare la qualità della vita degli abitanti del quartiere».
«Noi riteniamo che l’assessore comunale alle politiche della casa, Renata Paola Dameri, finora non abbia svolto un buon lavoro – conclude Salvetti – Considerata la gravità della situazione non so come faccia a dormire sonni tranquilli. L’assessorato alle politiche della casa deve mettere in campo delle azioni incisive per fronteggiare l’emergenza abitativa. Si deve coalizzare con le altre città metropolitane. Così il sistema non funziona: i cittadini sono sballottati tra diversi enti in una sorta di drammatico ping-pong. Assistenti sociali, sindacati, centri d’ascolto,ecc. Al contrario, bisogna mettere in rete tutti i soggetti. Quello che manca è una regia unica. Anche la Regione deve fare la sua parte. Il Presidente Claudio Burlando, ormai alcuni anni fa, aveva convocato gli stati generali sulle politiche abitative. Adesso bisogna fare il “tagliando” a quella conferenza. Il Presidente della Regione deve riprendere in mano la questione in prima persona».
Matteo Quadrone