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L'attore genovese racconta la sua ultima fatica che lo vede impegnato come autore e interprete dello spettacolo "Che ci fa la mafia a Genova?" in scena al Teatro Archivolto
“Nenti sacciu e nenti vitti, nenti vitti iu un c’era, e si c’era iu durmia, e cu dormi nenti vidi”. I primi versi della canzone di Pino Veneziano “La Mafia nun esisti” danno un’idea chiara del problema cardine che è alla base del cancro mafioso: l’omertà. Non è un caso, quindi, che la canzone apra lo spettacolo di Fabrizio Matteini “Che ci fa la Mafia a Genova?”, un monologo recitato e cantato il cui scopo precipuo è raccontare e informare sulla reale portata del fenomeno mafioso all’ombra della Lanterna. Lo spettacolo scritto e interpretato dall’attore genovese Fabrizio Matteini, in calendario prossimo autunno al Teatro dell’Archivolto, offre un tragico resoconto del ruolo da protagonista che la mafia e in particolare la ‘ndrangheta, ricopre a Genova. L’obiettivo è quello di portarlo nelle scuole e alimentare il dibattito.
Siamo nel 2010 tra la fine di giugno e gli inizi di luglio: l’estate è ormai seduta comodamente sulle teste dei genovesi che si trascinano fiaccati dall’umidità boccheggiando in attesa delle ferie. Nello stesso periodo l’operazione “Minotauro” avviata a Torino porta all’arresto di Mimmo Gangemi, riconosciuto come il capo della ‘ndrangheta in Liguria. E’ bene ricordare che l’allora sindaco Vincenzi aveva già lanciato l’allarme per probabili infiltrazioni mafiose nella nostra Regione e che il Prefetto Anna Maria Cancellieri, oggi Ministro degli Interni del governo Monti, si era affrettata a smentire seccamente tali dichiarazioni.
«Il Comune di Genova mi chiese di realizzare un recital sulla mafia nell’ambito di Genova Città dei Diritti prendendo spunto da un’idea di Nando dalla Chiesa – dice Matteini – confesso che fui sorpreso: fino a quel momento non mi ero mai interessato all’argomento condividendo forse quel sentimento misto d’indifferenza e sbadigli che hanno molte persone. Oggi mi è fin troppo chiaro che un clima di questo tipo non fa altro che favorire la prosperità della malavita organizzata».
Matteini ha scritto il testo avvalendosi della collaborazione di alcuni giornalisti che l’hanno aiutato nella ricostruzione della cronistoria della mafia in Liguria dagli anni Cinquanta a oggi: in particolare Marco Mendumi, Fabio Pin e Simone Traverso.
«Dovendo interpretare un cantastorie sapevo che la musica avrebbe rappresentato un elemento portante dell’ossatura dello spettacolo e per questo mi sono rivolto a Filippo Gambetta che conosco e stimo. Il suo repertorio di musica popolare era l’ideale per l’intenzione e il taglio che volevo dare e l’utilizzo di strumenti quali l’organetto, il mandolino e lo scacciapensieri, tanto per citarne alcuni, costituiscono un accompagnamento perfetto», aggiunge l’attore.
A farla da padrone in “Che ci fa la mafia a Genova?” sono prima di tutto le parole. «Utilizzo per la maggior parte notizie prese da atti giudiziari e articoli di giornale e cerco di raccontare con ironia e provocazione i fatti, che purtroppo sono tutti veri. Quello che colpisce di più è l’ambivalenza di certi personaggi che vengono da questo mondo: molti di loro sono uomini apparentemente comuni e spesso con lati buffi per non dire comici. Ad esempio Mimmo Gangemi, che a Genova faceva il fruttivendolo, aveva una passione smodata, diciamo così, per le ragazze sudamericane…»
Ovviamente la comicità resta tutta in superficie, sollecita la risata istintiva e piacevole lasciando tuttavia un senso d’inquietudine che è difficile scrollarsi di dosso. «Il mio obiettivo non è certo quello di creare allarmismi o panico nei cuori dei genovesi. Si tratta piuttosto di risvegliare le coscienze e far prendere atto di una realtà che si è già materializzata ed è intorno a noi. I Comuni di Bordighera e Ventimiglia sono stati sciolti per infiltrazione mafiosa e pochi giorni fa (il 7 agosto ndr) Carmelo Griffo, ex armiere della ‘ndrangheta, ha subito il sequestro preventivo di alcuni immobili di sua proprietà intestati a teste di legno, da quanto accertato fino a ora dalla Direzione Investigativa Antimafia. Per non parlare del coinvolgimento in cose di mafia da parte di diversi esponenti politici locali come Alessio Saso e Aldo Praticò sui quali sono state svolte indagini.»
Insomma, la malavita organizzata non è un fenomeno presente solo in Meridione e, anzi, attecchisce ovunque ci sia indifferenza e connivenza. La nostra regione non ne è esente e secondo quanto sottolinea lo stesso Matteini «in Liguria l’incidenza è proporzionalmente maggiore rispetto a regioni come Toscana ed Emilia. Non bisogna dimenticare, inoltre, che il Porto di Genova ha un’importanza strategica per l’economia criminale e la vicinanza con la Francia e la Costa Azzurra rende la Liguria ancora più appetibile per gli scambi di merce tra frontiere. C’è, poi, il casinò che rappresenta un’efficace lavatrice per il denaro di provenienza illecita».
Ciò che risulta evidente da quanto detto e da quanto si apprende sui giornali è che la mafia in Liguria (e non solo) parla calabrese: la ‘ndrangheta ha preso piede nel corso degli anni in tutto il nord Italia come spiega bene Roberto Galullo nel suo libro uscito nel 2010 e intitolato “Economia Criminale”. Basti pensare che attualmente è l’interlocutrice privilegiata dei cartelli colombiani nel traffico di droga. Un curriculum di tutto rispetto. Altra caratteristica è che, a differenza di altre organizzazioni mafiose come Cosanostra, l’affiliazione avviene per appartenenza a una famiglia, fatto che spiega i rari casi di pentitismo provenienti da quest’organizzazione: tradire il proprio sangue è una questione che va oltre l’onore.
Occorre riflettere, dunque, e agire. Come individui e come collettività. L’azione comincia dalla consapevolezza e da essa trae la linfa che le consente di corroborarsi.
“Che ci fa la mafia a Genova?” è andato in scena a Valle Christi l’otto agosto e a Imperia il nove mentre nella prossima stagione, come detto, sarà in calendario al Teatro dell’Archivolto. «L’intenzione è di andare nelle scuole e parlare con gli studenti perché più si è giovani e più si ha voglia e forza di indignarsi, di fare qualcosa. Il problema sono i soldi. Lo scorso marzo i ragazzi del Liceo Colombo si sono autotassati per assistere allo spettacolo ma la speranza è che il Comune e la Regione reperiscano i fondi per ripetere l’esperienza in modo capillare e senza arrivare a tanto”. Una speranza, quella di Fabrizio Matteini, che condividiamo, pienamente convinti che l’informazione sia il primo passo per diffondere conoscenza, creare uno spirito civico autentico e dare vita a un miglioramento tanto progressivo quanto inarrestabile della società: per fare questo occorre tanto sudore della fronte nonché la volontà di uscire dal proprio guscio e dai propri interessi particolari. Combattere, in altre parole, quello stato di apatia e di mera coltivazione del proprio orticello che Tocqueville definiva il più grande pericolo insito nella democrazia.
Michele Archinà