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Esiste un'energia ignota a cui gli astrofisici danno il nome di energia oscura, i telescopi più sensibili del mondo cercano conferme
Anil Ananthaswamy, consulente per la rivista New Scientist, è stato il relatore di un incontro che si è tenuto a palazzo Ducale, nell’ambito delle manifestazioni del Festival della Scienza. Le affascinanti protagoniste di questo dibattito sono state la materia e l’energia oscure che astrofisici di tutto il mondo cercano nelle profondità dell’universo. Ma esistono? Dove si nascondono? Di cosa sono fatte?
Attraverso splendide immagini come quella della galassia Andromeda, Anil è salito in cielo, là, dove puntano gli occhi di potenti telescopi, per poi scendere sulla terra,mostrando paesaggi estremi come estreme devono essere le condizioni per poter studiare questi fenomeni.
Conosciamo solo il 4% della materia dell’universo e tra questa si intercala una specie di ragnatela invisibile che non è rilevabile da nessuna lunghezza d’onda. Questa misteriosa entità sarebbe costituita per il 23% da infinitesime particelle cosmologiche e per il 73% da energia. Se non è stato possibile determinarne esattamente la composizione, la fisica ne ha dimostrato l’esistenza.
Le tappe di questo percorso sono iniziate con Edwin Powell Hubble, astrofisico statunitense (1889-1953) e la sua teoria di “distanza di redshift”. Il redshift (spostarsi verso il rosso) è un fenomeno per il quale, in determinate circostanze, la frequenza di emissione della luce è più bassa rispetto all’emissione originale. In particolare, ciò succede quando la fonte emittente si allontana. Se con questo parametro misuriamo la velocità di allontanamento si evidenzia che l’universo si sta espandendo.
Dopo di lui Fritz Zwicky (1898-1964), confrontando le velocità relative di galassie lontane 100 milioni di anni luce, giunse alla conclusione che tali velocità erano così alte che la sola forza gravitazionale della materia visibile non sarebbe stata in grado di tenerle unite. Dallo studio delle galassie a spirale, poi, emerse un altro dato che contrastava con le leggi gravitazionali di Newton e Keplero. Per sintetizzare, sappiamo che quanto più un corpo è lontano dal centro di rotazione tanto più lentamente si muove.
Nelle galassie a spirale succede il contrario: le stelle più periferiche hanno una velocità maggiore. Il fenomeno è spiegabile, solo, ipotizzando la presenza di altra materia, non emittente, in grado di esercitare una forza gravitazionale sugli astri vicini. D’altra parte, la stessa forza dovrebbe rallentare l’espansione dell’universo che invece, abbiamo visto, continua il suo moto espansivo con un’accelerazione sempre maggiore.
Ne consegue che esiste un’energia ignota a cui gli astrofisici danno il nome di energia oscura. Telescopi sensibilissimi, ubicati in posti remotissimi come le Ande, l’Alasca, il Polo Sud, il lago BaiKal, dove è possibile azzerare le interferenze del mondo esterno, sono al lavoro nel tentativo di captare un segnale che possa confermare questa teoria ma il cosmo, per ora, continua a celare gelosamente il suo segreto.
2 commenti su ““Ai confini della fisica”, l’energia oscura: incontro a Palazzo Ducale”