Con le ultime tre performance dal vivo a cura di Teatro Akropolis e Rete Danzacontempoligure e la finalissima del contest internazionale di videodanza organizzato da Augenblick, si chiude con successo la tre giorni di “FuoriFormato”, nella speranza di un seguito per gli anni a venire
Tursi, ore 19.00. Guardare dal basso verso l’alto continua a essere una delle possibilità che la danza fuori dai teatri riesce a donare al pubblico. Alziamo lo sguardo e troviamo Francesca Guerra in cima alle scale del palazzo. Pare un direttore d’orchestra con l’archetto del violino pronto all’uso e, come se fossimo noi l’ensemble da guidare, pare dirigerci in un territorio musicale che progressivamente sarà il suo stesso corpo ad assecondare. Una sinfonia. Una Sinfonia per un corpo solo. Si muove con l’archetto in mano, quasi in un combattimento da scherma, poi raggiunge lo strumento che ha deciso di indossare, il violino. Le scale divengono scale musicali, ritmi che la porteranno a scendere fino al pubblico per intonare con la voce un canto tradizionale e ammaliatore. In conclusione sembra il suono di una nave che salpa, mentre risale quelle scale per scomparire lassù nel cortile. Breve, efficace, una storia. Che, toccando anche le nostre corde, lascia addosso il desiderio di un seguito.
Sono le storie le protagoniste di questa serata. Storie che si appropriano degli elementi per tornare ad essere quello che si è dimenticato. Come in Ecce puer, titolo che rimanda a un enfant con un desiderio di purezza in un mondo banale (la vision de purité dans un monde banal così ben rappresentata nell’opera di Medardo Rosso). La versione di Nicola Marrapodi ha a che fare con la resilienza, con la capacità di assorbire un urto senza rompersi. Trasformandosi. Marrapodi si bagna di acqua, se ne cosparge, torna terra, torna sasso, sfiorando, come una radice, una condizione primordiale liquida e dinamica. Manca il fiato quando l’acqua ci arriva forte in volto. Si blocca il respiro. Eppure la danza continua.
Un urlo muto. Siamo a Palazzo della Meridiana. Ribellarsi senza farsi sentire. Non ci si aspetta che si concluda così un lavoro che potrebbe avere la dolcezza come prima caratteristica. Ma lo zucchero non è sempre dolcezza e ciò che a prima vista appare decorazione non sempre evoca un canone scontato. BodyCaking®[Belladonna] è parte da un’idea perfettamente attuale: usare il cibo, così importante per ognuno, come un simbolo. Usare la pasticceria come una tavolozza e, al contempo, decontestualizzare lo zucchero dal suo ambiente naturale per farne materia e strumento nuovi, performativi. Davide Francesca e Marco Democratico creano con i loro materiali sul corpo della performer Olivia Giovannini, qualcosa che potrebbe avere a che fare con la femminilità, un abito da sposa quasi, un corpetto, un bustino XVI secolo. Ma quell’abito diviene gabbia ed è solo nella costrizione che si scopre l’animalità repressa. Nelle zampette che si liberano, nel leccarsi le ferite, dolci e non ancora incrostate, ancora fresche. Lasciandola sola. Ma bella. Una bella donna in un grido silenzioso.
Siamo pronti per spostarci a Palazzo Ducale dove alle 21 in Sala del Munizioniere inizia la serata finale di Stories We Dance, il contest internazionale di videodanza promosso, organizzato e presentato da Augenblick. Davanti a un pubblico puntuale e da subito attento, alla presenza dei 5 membri della giuria presentati il giorno prima, inizia la proiezione integrale dei 14 dancefilm finalisti, selezionati tra i 98 lavori ricevuti da tutto il mondo. Sono pronte le menzioni e il premio in denaro al Miglior Film, che saranno assegnati al termine della serata. Ma anche il pubblico presente è chiamato a esprimere la propria personale preferenza, che porterà all’assegnazione di una menzione dedicata.
I film scorrono senza interruzione, con una rapida pausa intermedia, in un silenzio da sala cinematografica. Situazione che pare paradossale e al tempo stesso felicemente sorprendente. Da una parte, infatti, una proposta di visione che non può che essere concentrata e eterogenea, per durate, tematiche, ambientazioni, soluzioni audiovisive: una varietà di percorsi che è stata posta in primo piano già in fase di preselezione, per offrire, del genere in questione, un’esperienza diversificata. Dall’altra, come si diceva, un’ottima risposta del folto pubblico presente, catturato dalle molteplici forme e modalità narrative della videodanza europea, americana, asiatica – in anteprima non solo genovese ma quasi sempre anche italiana, talvolta europea – e capace di partecipare fino al termine della proiezione con curiosità e talvolta stupore. Con il coinvolgimento emotivo che affiora vedendo un film atteso o che, inaspettatamente, cattura già dalle prime scene.
Mentre si raccolgono i voti del pubblico è la volta di Echo, performance dal vivo di e con Luca Alberti (Compagnia DEOS) che, sempre in Sala del Munizioniere, presenta il proprio studio coreografico tratto da MM Microcosmo Mozart. Alberti è un vortice, il suo corpo, accompagnato da un montaggio musicale imprevedibile, raggiunge vette di ipnotica astrazione, la performance dura pochi minuti ma potrebbe continuare a lungo, incollando anche il pubblico non specialistico a un’immagine in continuo aggiornamento, dove ricerca e immediatezza di esecuzione si sovrappongono e confondono magneticamente.
La serata è in chiusura e il pubblico si raccoglie intorno allo schermo per assistere all’assegnazione dei premi. Ogni membro della giuria legge le motivazioni delle scelte fatte, dimostrando il desiderio di dare ai verdetti una direzione forte, non convenzionale, aperta, come aperta dovrebbe essere la riflessione sulla videodanza. Molti gli ex aequo nelle menzioni, in dettaglio: la menzione al Miglior Concept è assegnata per voce di Emilia Marasco a Marine Girls di Megan Wright (USA) e a Disruptions di Felipe Frozza e Ulrike Flämig (Germania). Simone Magnani assegna la menzione al Miglior Performer sia al gruppo di bambini di Kid Birds For Camera di David Daurier e Eric Minh Cuong Castaing (Francia) sia, nuovamente, a Ulrike Flämig di Disruptions. Gaia Clotilde Chernetich è chiamata ad assegnare la menzione per la Miglior Coreografia, che va a Lay Me Low di Marlene Millar (Canada) e a Let’s Say di Fuk Pak Jim (Hong Kong). È la volta della Miglior Regia, assegnata da Gaia Formenti a Vecinas di Natalia Sardi (Belgio). Il pubblico scopre in tempo reale il proprio verdetto: a conteggi avvenuti, il Premio del Pubblico va a grande maggioranza a She / Her di Sonja Wyss (Olanda). E siamo al Primo Premio della Giuria, cui corrisponderà un riconoscimento in denaro, e che in questa prima edizione di Stories We Dance è assegnato, per voce di Lucia Carolina De Rienzo, a How are you today di Chiu Chih-Hua (Hong Kong).
Molti gli applausi, palpabile la soddisfazione di Augenblick e di tutti gli organizzatori di FuoriFormato.
Marina Giardina
Fabio Poggi