Nell'ambito di un progetto organizzato dal Festival della Scienza, i due attori hanno portato sui palchi cinesi uno spettacolo incentrato sulla natura umana sempre tesa verso il sapere e verso nuove scoperte
Irene Lamponi, attrice e regista, e Beppe Casales, attore e drammaturgo, vivono a Genova dove hanno già sperimentato in precedenza forme di collaborazione in ambito teatrale, condividendo progetti di “teatro politico”; quest’estate si sono imbarcati in un’avventura senza precedenti e dai vicoli della nostra schiva città sono volati verso gli spazi immensi della Cina, per portare sui palcoscenici cinesi “Il Grande Salto”, uno spettacolo interamente pensato da loro.
Dai caruggi genovesi alla muraglia cinese: come è arrivata l’idea di fare teatro proprio in Cina?
«Il progetto di cui abbiamo fatto parte è stato organizzato dal Festival della Scienza di Genova e dalla Sast (Shanghai association for science and technology). Siamo stati chiamati da uno dei partner italiani che conosceva i nostri lavori e che aveva visto alcuni nostri spettacoli a Genova. Ciò di cui avevano bisogno era uno spettacolo teatrale su un tema scientifico da presentare all’interno del corso di formazione per animatori scientifici che il Festival della Scienza avrebbe portato in Cina per 3 mesi. Inoltre avevano bisogno che gli stessi attori potessero gestire un pomeriggio di workshop teatrale all’interno del corso.
Abbiamo dovuto presentare un progetto di spettacolo che ha passato l’approvazione di tutti i partner italiani e cinesi e così è iniziata la nostra avventura in Asia. La tournée ha toccato undici teatri diversi, ogni settimana eravamo in un luogo diverso. Siamo stati principalmente a Shanghai data la sua vastità, rappresentando lo spettacolo in diversi distretti. Ma abbiamo portato lo spettacolo anche in altre città come Nanchino, Ningbo».
“Il Grande Salto”: che significa? Di cosa trattava lo spettacolo? C’erano dialoghi? Se sì, la distanza culturale-linguistica ha costituito un ostacolo al coinvolgimento del pubblico?
«Il testo dello spettacolo prevalentemente è stato tratto da “Vita di Galileo” di Brecht. Abbiamo inserito anche il ventiseiesimo canto della Divina Commedia (quello di Ulisse) e degli scritti di Einstein. Tutti i testi ragionano sull’innata tendenza umana ad andare oltre i propri limiti per scoprire il mondo: questo è il “grande salto”. Abbiamo voluto portare in scena il coraggio degli scienziati – e non solo degli scienziati – di provare ad andare oltre il conosciuto. Lo spettacolo è in lingua italiana. Lì in Cina il pubblico aveva i sopratitoli, ma questo non è stato un problema perché in Cina convivono molte lingue differenti, quindi il pubblico cinese è molto abituato a leggere i sopratitoli».
Il teatro cinese ha origini molto antiche, ma oggi i cinesi amano il teatro, lo frequentano? Che tipologia di pubblico avete avuto? Quali le differenze tra il pubblico cinese e quello italiano o meglio ancora genovese?
«È stata decisamente una scommessa portare un testo contemporaneo come quello di Brecht in un paese che non ha drammaturgia contemporanea. In Cina il teatro è quello tradizionale, come potrebbe essere la nostra lirica o la commedia dell’arte. Il pubblico cinese è abituato a un teatro molto più esteriore. La reazione al nostro spettacolo è stata comunque buona. Abbiamo avuto pubblici estremamente differenti, dai bambini agli adulti, da professori ed esperti di scienza a non addetti ai lavori. Tutte le volte la reazione è stata positiva: i cinesi sono curiosi di tutto, soprattutto di ciò che non conoscono».
In cosa è consistito il laboratorio?
«Abbiamo tenuto un workshop di comunicazione per animatori scientifici e insegnanti di scienza. L’obiettivo era di farli lavorare su tecniche teatrali per migliorare la comunicazione con il pubblico dei Science Center e degli studenti. È stata un’esperienza straordinaria perché abbiamo avuto la possibilità di lavorare direttamente con loro (ogni settimana una sessantina di persone)».
Avete avuto la possibilità di interagire per un periodo abbastanza lungo con una cultura millenaria e così lontana dalla nostra, in un paese ricco di contraddizioni…..cosa avete capito, cosa ne avete tratto?
«La Cina è un paese straordinario e la parola che racchiude tutta la nostra esperienza lì è “contraddizione”. Sono tanto più avanti rispetto all’Europa (per non parlare dell’Italia) in alcune cose, e molto più indietro in altre. In generale quello che ci ha più colpito è la praticità con cui affrontano le cose, la loro curiosità. Dall’altra parte hanno grandi problemi di gerarchia e burocrazia. È insomma una continua e bellissima contraddizione».
Claudia Baghino