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Sono più di 400 i ragazzi coinvolti nel 2010 dal progetto educativo
L’ “Officina delle possibilità” è un progetto sociale che prevede svariate attività educative. Sono stati presentati i risultati raggiunti dai 5 diversi progetti educativi sviluppati da febbraio 2010 ad aprile 2011 in 5 zone della città (Campasso, Cornigliano, Diamante, Lagaccio e Quezzi).
Grazie ai finanziamenti dell’assessorato alla città sicura e al lavoro di numerose cooperative sociali e dei centri servizi dei municipi, le attività educative hanno potuto spaziare su più fronti a seconda delle diverse esigenze espresse dagli abitanti dei quartieri coinvolti. E se al Campasso l’ambito d’intervento è stato la prevenzione e la promozione dell’integrazione fra i gruppi di latinos e la comunità residente, al Diamante gli educatori hanno cercato faticosamente di promuovere l’identità femminile.
A Cornigliano si è intervenuti stimolando le potenzialità di alcuni gruppi di adolescenti etichettati come realtà negativa mentre a Quezzi e al Lagaccio il lavoro maggiore è stato in termini di prevenzione del rischio.
Tra i risultati raggiunti alcuni sono particolarmente curiosi, come l’avvio del progetto “Bus stop”, una fermata degli autobus abituale ritrovo dei ragazzi del Lagaccio che sarà trasformata in un vero luogo di aggregazione per tutta la comunità. Al Diamante sono stati attivati 12 percorsi individuali di contrasto alla dispersione scolastica e orientamento al lavoro e un prezioso supporto per la costruzione della squadra di calcio del quartiere.
Alcuni numeri chiariscono l’ampio coinvolgimento suscitato dalle iniziative: 22 gruppi informali di ragazzi; 15 microeventi realizzati; 640 giorni di presenza sulla strada degli educatori e oltre 400 ragazzi coinvolti in tutte le attività. Ma per l’anno 2011, sottolineano gli operatori, trovare fondi pubblici sarà impresa ardua.
Tra gli ospiti del seminario l’autorevole intervento di Stefano Laffi, sociologo e ricercatore di Milano, ha fornito spunti decisamente interessanti. “Se il mondo fa schifo, il disagio è il sintomo più sano –spiega Laffi – L’oggetto di cura devono diventare sempre di più i contesti di vita e non i ragazzi”. Poi aggiunge: “Il nostro è un mondo di diseguali. Oggi la ricerca dei presunti talenti è considerata la via maestra. Ma seguendo solo le eccellenze si perdono per strada tutti gli altri”. Infine un suggerimento per sconfiggere la paura del diverso: “La paura si sconfigge attraverso la conoscenza e la bellezza. Conoscenza vuol dire più comunità, più appartenenza e più coesione. Bellezza è una parola semplice ma molto potente”.
Un limpido esempio è il lavoro svolto a Milano con i piccoli rom diventati borseggiatori professionisti. “L’obiettivo era mostrare a questi bambini una bellezza che non riuscivano più a vedere – racconta Laffi – Fotografi professionisti hanno realizzato dei foto ritratti suscitando in loro un incredibile stupore perché così belli non si erano visti mai. Siamo andati in Romania nei paesi da cui sono partiti, spesso affidati a un parente o venduti dalle famiglie e abbiamo mostrato alle madri le foto dei figli. Si è così ricreato un legame attraverso lo strumento fotografico e grazie all’urgenza di bellezza che era stata cancellata dalle condizioni di vita di questi figli e delle loro madri”.
Matteo Quadrone