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Una vita da Pacs: intervista a Giacomo e Arnaud, coppia di fatto unita dal “patto civile di solidarietà”

Un genovese e un francese, Giacomo e Arnaud, si sono recentemente "pacsati" (il termine è stato approvato persino dalla Treccani) presso il Consolato francese: «non mi sento un pioniere o un difensore di chissà quale causa. Sono 15 anni che queste cose in Francia sono normali e sono cresciuto con la consapevolezza di avere queste possibilità davanti a me»


15 Gennaio 2015Interviste > EraSuperba57
Illustrazione di Nicoletta MIgnone

Illustrazione di Nicoletta Mignone

Innanzitutto, che cos’è il Pacs? Si tratta del “patto civile di solidarietà” stipulato fra i componenti di una coppia di fatto (omosessuale o eterosessuale) che regola l’unione dal punto di vista giuridico ed economico. Un’alternativa concreta all’istituto giuridico del matrimonio, così come i matrimoni gay e le unioni civili (tutte pratiche non contemplate in Italia a differenza della quasi intera Europa e di buona parte degli USA).
Incontro Giacomo e Arnaud in una piovosa serata genovese. Due ragazzi sui trent’anni sorridenti e forse un filo imbarazzati per essere al centro dell’attenzione: sì, sono contenti di essersi sposati, se no non lo avrebbero fatto; certo, se ne parlava già da un po’ di tempo, visto che sono cinque anni che stanno insieme. E no, non sanno ancora se faranno una festa ma forse sì, almeno una bella cena con gli amici probabilmente si farà. Giacomo è ligure, nato nella Riviera di levante, Arnaud è un francese del Sud. Abitano a Genova, quindi la prima domanda è d’obbligo.

L’intervista integrale è pubblicata sul numero 57 di Era Superba (dove trovare la rivista). Sostenendo Era Superba puoi ricevere ogni uscita direttamente a casa o sulla tua email (qui maggiori informazioni).

Proviamo a partire proprio dall’inizio: come avete fatto ad arrivare al Consolato? Avete avuto bisogno dell’assistenza di qualche organizzazione, di un legale, o qualcosa del genere?
Arnaud: (mi guarda perplesso, forse ignora la nostra assuefazione alle tortuose pratiche burocratiche) «ma no, perché? È stato semplice: ho chiamato il Consolato, mi hanno detto quali certificati servivano, e quando è stato tutto pronto nel mio giorno libero siamo partiti per Milano».
Giacomo: «non avevamo la sensazione di fare qualcosa di eccezionale, praticamente non lo abbiamo detto a nessuno; anche il Console appena ci siamo presentati ci ha solo chiesto: questo è un Pacs d’amore o di convenienza? E noi gli abbiamo detto che sì, era d’amore».

Ma perché scusate, ci sono anche quelli di convenienza?
Arnaud: «in Francia ci sono tre livelli di legame. Uno è molto semplice, chiunque lo può contrarre semplicemente per difendere un interesse di tipo economico, oppure avere la possibilità di assistere in ospedale e poco altro; anche fratello e sorella possono farlo. Poi c’è il Pacs appunto, che è una sorta di matrimonio attenuato. Ti cambia lo stato civile, c’è l’obbligo di sostentamento e di cura reciproci e dopo tre anni vengono applicati gli sgravi fiscali e le norme a difesa del reddito, se spettano. Spetta anche il ricongiungimento familiare, però non si deve essere parenti (per evitare che si firmi solo per poter rifiutare trasferimenti di lavoro o per far entrare extracomunitari), non si può cambiare la cittadinanza e neanche adottare bambini: per fare queste cose occorre il vero matrimonio, che Hollande ha istituito anche per le persone dello stesso sesso, poco più di un anno fa».

Ecco, sulle adozioni come la pensate voi? Rientra nei vostri sogni, o progetti?
Giacomo: «vista la nostra precarietà economica, per ora niente è più lontano dell’idea di adottare un bimbo. In ogni caso per farlo dovremmo sposarci, ma per ora ci accontentiamo di sognare una casetta nostra, compreso mutuo e giardino, e dei gatti a farci compagnia. In linea generale, ovvio che se concedi il matrimonio alle persone devi anche accettare che vogliano un figlio, è un’esigenza che ad una coppia non si può negare per principio».

Voi siete in un certo senso un “caso di cronaca”: state insieme da cinque anni, vi volete bene e avete deciso di rendere pubblico il vostro legame. Come vi sentite rispetto a questo, orgogliosi di poter essere utili alla causa oppure sentirvi dei pionieri vi infastidisce?
Arnaud: «pionieri? Nel 2014? No, scusa, io non sono infastidito, ma certo non mi sento un pioniere o un difensore di chissà quale causa. Sono 15 anni che queste cose in Francia sono normali e sono cresciuto con la consapevolezza di avere queste possibilità davanti a me».

In conclusione: Arnaud per la legge italiana è un francese celibe; per la legge francese è coniugato; vivendo qui però non ha nessun diritto nei confronti di Giacomo, né ovviamente nessun dovere; Giacomo per l’italia è celibe, non potrebbe chiedere la cittadinanza francese in virtù del Pacs ma, se vivessero in Francia, sarebbero un nucleo familiare con tutti i diritti e doveri che questo comporta. E anche lui sarebbe coniugato, ma solo per la Francia.
Come garbuglio di status e norme non è male, speriamo che una normativa in grado di armonizzare i diritti riconosciuti nel resto d’Europa semplifichi la vita dei cittadini comunitari.
Salutando Giacomo ed Arnaud, provo a caldeggiare l’inserimento nel registro delle Unioni del Comune di Genova: in ogni caso, è un documento ufficiale che attesta il vincolo affettivo che li unisce e la loro volontà di stare insieme. Volontà che, di questi tempi, qualunque istituzione dovrebbe proteggere ed incoraggiare.

 

Bruna Taravello

L’intervista integrale su Era Superba #57


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