Per un futile motivo, i sacerdoti di diverse congreghe religiose si scontrano all'interno della Basilica della Natività di Betlemme... ed è rissa da stadio
Betlemme la piccola cittadina della Giordania che ricreiamo ogni anno, con personale fantasia, nell’allestimento dei presepi, è balzata agli onori della cronaca per un episodio che non ha nulla da condividere con la sacralità del luogo.
Qui, dove la tradizione cristiana colloca la nascita del figlio di Dio, è stata eretta una chiesa che risulta essere la più antica della Palestina e una delle più vecchie del mondo. La Basilica della Natività, questo è il suo nome, risalente al periodo bizantino, ospita nel suo interno, a fianco dell’abside centrale, una cripta che corrisponderebbe al punto preciso in cui è avvenuto il biblico evento, che, oggi, è ricordato da un incisione in latino, su una stella d’argento, con le parole “Qui dalla Vergine Maria è nato Cristo Gesù”.
La proprietà di questo spazio, come la maggior parte della struttura, è di pertinenza della confraternita greco-ortodossa mentre la restante è riservata alla chiesa apostolica armena ad eccezione dell’ area in cui si presume fosse situata la mangiatoia, culla del bambinello, la cui cura è affidata ai Padri Francescani.
La convivenza di queste differenti congreghe religiose, lungi dallo spirito di pacifica fratellanza, è stato, da sempre, motivo di dissidi e dissapori, culminati nel 2007, in un vero e proprio scontro fisico che ha lasciato sul campo ben 7 feriti tra portatori di abiti talari e le forze dell’ordine.
Un fatto analogo è accaduto ieri e si può sintetizzare in poche righe: accantonato il regno dell’ascetismo, un centinaio di “amabili” ecclesiastici tra quelli appartenenti alla religione cristiana ortodossa e i confratelli armeni, hanno dato vita ad uno spettacolo “ultraterreno” con il solo scopo di darsele di “santa” ragione.
Se il comportamento è disdicevole, il motivo è ancor più grottesco: armati di ramazze e di olio di gomito, i religiosi erano intenti alle quotidiane pulizie quando è avvenuto un “intollerabile” sconfinamento, innescando un contezioso che, passando dalle parole ai fatti, ha visto trasformarsi, i mansueti monaci, in vigorosi lottatori di Sumo. Sono entrate in campo anche le armi perché le operose scope sono state brandite ed usate come indomite clave. La rissa, che per fortuna non ha registrato feriti a differenza di quella precedente, è terminata all’arrivo della polizia palestinese che, anch’essa, ha avuto ragione sui contendenti, solo, a suon di manganellate.
Lo “spettacolo”, diffuso da alcune emittenti, può evocare un sorriso divertito ma nel contempo spinge ad un’amara considerazione. Solo alcuni giorni fa, nella ricorrenza del Natale, il Patriarca latino di Gerusalemme, Fuad Twal, aveva auspicato il ritorno alla fratellanza e alla riconciliazione tra i popoli del Medio Oriente e del Nord Africa, terre quali Siria, Egitto, Irak , senza dimenticare la Nigeria, che hanno riempito la cronaca con episodi di inumana violenza. Sembrava ispirarsi a questo desiderio di pace la richiesta, fatta dai Palestinesi all’ONU, per il riconoscimento di uno Stato sovrano “con la speranza di una soluzione giusta del conflitto, con l’intenzione di vivere nella pace e nella sicurezza coi loro vicini”. Ma se sono proprio i ”buoni” a dare, per primi, il cattivo esempio come possiamo superare questo odio fratricida che alimenta conflitti in tutte le parti del mondo?
Adriana Morando