Un esempio di lavoro dal basso per incentivare il turismo in una zona strategica del centro storico, con buoni riscontri e 14.300 mila visitatori all'anno (più di quelli di diversi musei civici). Il tutto, gratuito e basato sul volontariato
Forse non molti sanno che il complesso di Santa Maria di Castello, vicino a Piazza Embriaci, da qualche anno è tornato a nuova vita grazie al lavoro di un gruppo di volontari. Questi hanno unito le forze, messo insieme le competenze e condiviso un sogno, quello di far tornare a splendere la bella chiesa del centro storico genovese. Per questo motivo, dal 2009 organizzano visite guidate gratuite per i curiosi che arrivano in zona (soprattutto gli stranieri, più propensi a leggere guide e ad avventurarsi nei caruggi) e hanno raggiunto in poco tempo il traguardo inaspettato di 14.300 mila visitatori all’anno: dati non proprio trascurabili, soprattutto in riferimento al recente dossier del Comune di Genova circa i visitatori dei musei civici e gli approfondimenti di Era Superba su alcuni musei cittadini che raccolgono meno di quello che potrebbero, come ad esempio Musei di Nervi, Palazzo Verde o la stessa Lanterna (presto un approfondimento ad hoc sulle visite dei musei di Genova su Era Superba, ndr).
Per Santa Maria di Castello il trend è in crescita: le stime relative al mese di gennaio 2014 sono in aumento del 30 per cento rispetto a quelle dello stesso mese del 2013. Cifre notevoli soprattutto se si pensa che i volontari si sono organizzati spontaneamente e proseguono il loro lavoro con passione, ma senza alcun tipo di aiuto da parte dell’Amministrazione.
I volontari si sono uniti nella “Associazione Culturale Santa Maria di Castello” e da 4 anni garantiscono l’apertura del complesso, che altrimenti resterebbe chiuso al pubblico, e propongono visite alla chiesa, al chiostro e al convento femminile (che pare essere stato un tempo il preferito dalla nobiltà genovese).
Si tratta di una trentina di persone, quasi tutti pensionati (ex manager, professori, giudici, professionisti, ciascuno con competenze diverse), alcuni residenti in zona, altri invece no. Hanno deciso di dare vita a questo gruppo spontaneo perché mossi da una comunanza di intenti, ovvero rendere fruibile il patrimonio cittadino. Oggi, ognuno di loro sceglie una mezza giornata in cui presidiare il luogo e rendersene responsabile, assieme ad altri colleghi. Si è subito creato un nucleo affiatato di persone che, motivate e determinate, hanno portato avanti il loro obiettivo di aprire Santa Maria di Castello a chi non la conosce.
Si tratta anche di un progetto che prevede una certa continuità temporale: i soci “giovani” e appena arruolati affiancano quelli più esperti durante il loro primo periodo come volontari, per essere edotti sulle nozioni relative al complesso: una sorta di “passaggio del testimone”.
A tale proposito, inoltre, i volontari hanno iniziato fin dal primo anno ad organizzare iniziative alla presenza di studiosi ed esperti di arte, storia, architettura, tessuti, sistema tombale, per approfondire le proprie conoscenze, formarsi e poter così formare e informare gli altri. Queste iniziative dapprima erano riservate solo agli stessi volontari, nell’ambito della loro formazione; tuttavia, dall’inizio del 2013 si è pensato di allargare il cerchio ed estendere gli incontri prima ai soci “ordinari” dell’associazione (che però non svolgono il ruolo di guida) e poi a tutta la cittadinanza. Da allora ci sono stati tre incontri pubblici: il primo dedicato alla visita alla sala delle reliquie, che ha visto arrivare circa 300 persone in due weekend; il secondo, la presentazione del sistema tombale di Santa Maria di Castello; il terzo, l’esposizione di corali che, nell’arco di un solo pomeriggio, ha permesso l’affluenza di oltre 350 persone.
Dati esaltanti. Dice Eugenio Cataldi, volontario e per tre anni presidente dell’associazione: «Abbiamo raggiunto numeri molto positivi, nemmeno noi ci aspettavamo un’affluenza così copiosa. Nel tempo, abbiamo visto che l’interesse per i nostri incontri “privati” si è esteso prima agli altri soci del gruppo, poi ai cittadini genovesi. Il problema è che, se manca la pubblicità per i nostri eventi, diventa difficile farci conoscere e fare in modo che chi è interessato ci raggiunga». Un problema, questo, comune alla maggior parte dei musei cittadini.
Non mancheranno tante iniziative anche nel 2014: un calendario ricco di eventi è già in corso, dal seminario sul sistema tombale genovese, al concerto d’organo, esposizioni di corali e tessuti religiosi.
Ci raccontano i volontari che hanno istituito una collaborazione con le scuole -della zona e non solo-, così da rendere possibile ai più giovani la visita del bel complesso, che racchiude in sé gran parte della storia di Genova, dall’alto Medioevo a oggi. Inoltre, ci dicono, il loro pubblico si compone anche di molti turisti italiani e soprattutto stranieri: russi, neozelandesi, tedeschi, francesi, americani, inglesi sono solo alcuni dei visitatori che Santa Maria di Castello ha ospitato nel 2013. Si tratta di persone che visitano Genova alla scoperta della città “vera”, oltre le consuete rotte turistiche, fuori dai circuiti tradizionalmente presentati dai tour operator. Questi, cartina alla mano, si avventurano nei caruggi e arrivano al complesso, che spesso trovano indicato sulle loro guide come uno dei più importanti della città.
Ma non solo turisti: ci sono anche tanti, tantissimi genovesi. Molti di loro sono persone che abitavano in zona anni fa, o quando erano bambini, e che adesso vogliono riscoprire i luoghi del loro passato; altri sono genovesi curiosi e motivati, che chissà come (il passaparola di amici e conoscenti, interessi artistici) approdano qui e si scoprono loro malgrado ignari di parte della storia della nostra città.
Commenta ancora Cataldi: «Ci sono molti genovesi che non conoscono la zona e il complesso, e restano strabiliati non appena scoprono cosa racchiude all’interno di S. M. Castello. Per noi è un piacere fare quello che facciamo, altrimenti non saremmo qui: siamo volontari e indipendenti, e in questa attività mettiamo sia passione che qualità. Non riceviamo alcuna sovvenzione, non ci facciamo pubblicità se non attraverso i canali tradizionali di newsletter, tv, giornali e altri media».
Con questa iniziativa il Comune di Genova risparmia ben 180 mila euro, spesa che dovrebbe affrontare se decidesse di assumere una cooperativa per l’apertura e la gestione di Santa Maria di Castello. Inoltre, viene offerto un servizio notevole non solo in termini di risparmi ma anche sotto il profilo culturale: un modo per far conoscere il patrimonio e aprirlo all’esterno. Oggi il complesso è aperto ogni giorno, tutto il giorno: sette giorni su sette, feriali e festivi, mattina e pomeriggio. Anche ad agosto, anche se questo è l’unico mese in cui il servizio non è garantito con la stessa assiduità che negli altri mesi perché, raccontano dall’associazione, «ricordiamo che siamo un gruppo di volontari e non sempre è facile coordinarsi, soprattutto durante la pausa estiva».
Ci avevano detto i membri dell’associazione di quartiere AssEst tempo fa, quando con #EraOnTheRoad ci eravamo spinti in zona: «Il vero problema è che l’amministrazione non conosce bene il centro storico e il territorio che gestisce. Abbiamo organizzato anche un incontro alla presenza dell’assessore Sibilla e del Sindaco per sensibilizzare sul tema della promozione di questa parte della città e avevamo posto la questione in commissione consiliare. Chiedevamo di dare impulsi e organizzare visite dalla zona di Piazza S. Giorgio fino alla chiesa dei Santi Giacomo e Filippo e Torre Embriaci, ma ci siamo ritrovati con un nulla di fatto».
Oggi i volontari ci rassicurano con parole più distese: raccontano di avere contatti con l’amministrazione comunale, che li conosce e li stima per il loro lavoro. Tuttavia, non è in atto alcuna collaborazione tra i soggetti, anche perché il complesso è di proprietà dei frati domenicani. «Anni fa Tursi corrispondeva un canone ai domenicani per la manutenzione e per apportare migliorie alla chiesa e agli spazi annessi. Nel tempo, questo canone – vittima della crisi e della progressiva riduzione di fondi – è andato a scemare, fino a scomparire. Noi, nello specifico, non riceviamo alcun incentivo: le nostre iniziative sono completamente gratuite, ci sovvenzioniamo con le quote che versiamo per l’iscrizione, e le offerte versate dai visitatori sono destinate ai frati».
Certo, è molto faticoso portare avanti questo progetto così ambizioso e fortunato, come si sta rivelando, senza alcun tipo di finanziamenti: i costi sono alti, qui ci sono molti oggetti preziosi (dipinti, tombe, tessuti, ecc.) che necessitano di restauro e manutenzione. Si pensi che la ristrutturazione del coro è costata 270 mila euro, mentre 60 mila solo per il restauro della cappella di San Vincenzo Ferrer. Tuttavia, il lavoro dell’associazione prosegue a gonfie vele e sembra non volersi arrestare: un’iniziativa degna di plauso e importante per tutta la città.
Elettra Antognetti