Via Madre di Dio era un'antica strada popolare del Centro Storico, nel 1973 le ruspe la cancellarono definitivamente per lasciare spazio ai
Dove oggi i giardini Baltimora sono abbandonati al silenzio e alla desolazione, circondati dal gelo dei casermoni della Regione e costeggiati da auto e moto, sorgeva l’antico quartiere Madre di Dio.
Venne demolito interamente tra il 1969 e il 1973, una decisione che, a distanza di decenni, appare ai più avventata e ingiustificata. Via Madre di Dio era l’arteria principale, collegava la zona di Ponticello (poi piazza Dante) e, passando fra le arcate del ponte di Carignano, sfociava in corso Quadrio a pochi passi dal mare.
Fra il sestriere del Molo e quello di Portoria, Madre di Dio era una delle zone più antiche del nostro Centro Storico, vicoli stretti, passi e scalinate la collegavano a via Fieschi, Campo Pisano e via del Colle. Al nr. 38 di passo Gattamora, un vicolo del quartiere stretto fra Madre di Dio e via del Colle, il 27 ottobre 1782 nacque Nicolò Paganini: neanche quell’edificio fu salvato dalle ruspe.
I sapori e gli odori che caratterizzavano la zona erano quelli delle case popolari, il pianto dei bambini, l’abbaiare dei cani e il denso cicaleccio delle comari. Ma era soprattutto il sonoro biancheggiare delle lenzuola e della biancheria stesa che regalava a via Madre di Dio l’aspetto di un fiume in piena verso il mare.
Uno scritto del patrizio genovese Stefano De Franchi è utile per comprendere meglio l’atmosfera di quei vecchi vicoli: “Figlia mia! Qui non c’è pace, né di giorno, né di notte. Mille voci risuonano dal mattino appena giunta l’alba sino alla sera… Ho la testa che mi rintrona come un tamburo, per il frastuono e lo schiamazzo che fa la gente!”
Spesso Madre di Dio viene raccontata come zona difficile, povera, degradata… caratterizzata dallo svolgersi di attività non propriamente legali. Ma accanto a ciò, ci si dimentica spesso di raccontare quello che era il suo volto umano, semplice, profondamente genovese. La maggior parte degli abitanti della zona lavorava in porto, tutte le famiglie si conoscevano e le porte d’ingresso delle abitazioni venivano chiuse soltanto con una catenella. Era buona norma comunicare da una finestra all’altra e se c’era bisogno di qualcosa bastava gridarlo al vicino e si creava una specie di telefono senza fili…
Abbiamo ascoltato con piacere il racconto di un genovese nato in via Madre di Dio, il quale ricorda come una sera, dopo l’improvviso malore della nonna, senza la possibilità di telefonare, arrivò un medico in casa pochi minuti dopo, chiamato dai vicini che si erano accorti del problema.
La lunga strada durante il giorno era stracolma di bambini che spesso raggiungevano la spiaggia per giocare, una distesa di sabbia e pietre sino a Puntavagno. I bambini più poveri erano soliti frequentare salita del Prione, giocavano fra le macerie dei bombardamenti lontano dallo sguardo dei genitori, quelli che invece erano considerati “ben educati” venivano accompagnati in piazza Caricamento, seguiti dalle mamme. Controllare i figli era segno distintivo di una “buona famiglia”.
La sera, invece, Madre di Dio andava a dormire più tardi rispetto al resto della città. Salita del Prione era la zona dei bordelli e delle case chiuse, ma la zona era rinomata soprattutto per le tante osterie, le più frequentate a Genova. Gli uomini, fra un bicchiere e l’altro, uscivano in strada e giocavano a mora, d’estate i tavolini per il gioco delle carte invadevano la strada…
E, per finire, la curiosità: a cavallo fra gli anni cinquanta e sessanta in via Madre di Dio viveva la “Tina”, una donna quantomeno borderline… Quando si arrabbiava con qualcuno (spesso) usava aprire le persiane e mostrare le chiappe chiare a tutto il quartiere. La Tina abitava in cima alla strada, nella parte più in salita… Era dunque semplice per tutti comprenderne l’umore, giorno dopo giorno, chiappa dopo chiappa.
Come mai non si parla piazza della Villetta che si trovava vicino a via Madre di Dio e sotto alle suore Ravasco in Carignano e parallela a salita Sassi dove c’era la scuola Marino Boccanegga di qui ho frequentato da ragazzo grazie.