Con due appuntamenti di rilievo all'interno della rassegna FuoriFormato, di cui Era Superba è media partner, il contest Stories We Dance, a cura di Augenblick Associazione Culturale, porta a Genova il meglio della videodanza internazionale
La videodanza non è un genere di recentissima costituzione e, tuttavia, è ad oggi una delle forme ibride più interessanti e discusse a livello internazionale: festival sparsi in tutto il mondo, studi e ricerche accademiche in pieno sviluppo, una rete di contatti e collaborazioni fondata sull’ideale comune di esplorare una forma creativa, quella della danza unita all’audiovisivo, al centro di una rapidissima evoluzione. Nell’ambito di FuoriFormato, la rassegna sulla danza contemporanea che a Genova sarà in scena dal 28 al 30 giugno prossimi, e di cui Era Superba è media partner, Augenblick Associazione Culturale ha curato una call internazionale che, dopo una lunga e ardua selezione a partire da 98 candidature, porterà a Palazzo Ducale 14 film, quasi tutti in anteprima italiana, ciascuno espressione delle tante possibili declinazioni di questo percorso.
Il focus di Stories We Dance, questo il nome dato da Augenblick al contest, è la possibilità di fare della danza, o più estensivamente del corpo in movimento, una forma narrativa, a partire dalla quale non solo sia plausibile restituire le tappe di un racconto, ma indagare anche storie inedite, dove il primato della parola venga meno in favore della gestualità e della capacità che le tecniche audiovisive contemporanee hanno nel tempo accumulato per metterla in scena. I finalisti del contest – che saranno presentati a una tavola rotonda mercoledì 29 giugno alle 18.00 in Sala Liguria, a Palazzo Ducale, alla presenza della giuria incaricata di giudicarli, e saranno poi integralmente presentati al pubblico la sera del 30 giugno in Sala del Munizioniere, alle ore 21.00 – arrivano a Genova dopo una serie molto ricca di selezioni internazionali, che ne hanno già abbondantemente decretato qualità e originalità.
Augenblick è in questo senso un attore consapevole all’interno dell’iniziativa: seppur nato nel settembre 2014, il collettivo di videodanza e performance ha realizzato un primo film di videodanza, Su misura, che nell’arco di un anno e mezzo ha partecipato a oltre 35 festival internazionali, collezionando 6 riconoscimenti che hanno incentivato i suoi membri (Alessandra Elettra Badoino, Marina Giardina, Fabio Poggi e Marco Longo) a differenziare il più possibile la propria attività, con percorsi creativi in costante ampliamento, performance cittadine dal vivo, collaborazioni legate alla didattica (a Genova con “Officina Letteraria” di Emilia Marasco) e, recentemente, l’adesione a FuoriFormato.
Nel tentativo di predisporre il pubblico alla visione dei film selezionati, Era Superba esaminerà in tre puntate le opere finaliste, in rigoroso ordine alfabetico, partendo da approaching the puddle (8’ 33’’), un cortometraggio incentrato su una situazione molto semplice, la relazione tra una danzatrice con una pozzanghera, nello spazio di un parcheggio pubblico svuotato dalle auto, per esplorare qualcosa di molto complesso e stratificato come l’istintività del gioco e dell’infanzia. Una coreografia curata al millimetro e un gioco di effetti visivi semplicemente sorprendente fa del film di Sebastian Gimmel, prodotto nel 2014 in Germania, un’opera colorata e fantasiosa, che moltissimi festival in tutto il mondo hanno già selezionato e premiato.
Su tutt’altro territorio si muove l’irlandese The Area (24’ 42’’), diretto nel 2014 da Ríonach Ní Néill e Joe Lee: la ricognizione di un sobborgo dublinese diviene l’occasione per esplorare, a tempo di danza, la memoria collettiva di una comunità intergenerazionale, tra rimpianti, emozioni perdute e una radicale rivendicazione di appartenenza ai propri luoghi e alle proprie storie. Commovente e ricco di continui cambi di location, The Area è un film che intreccia la fantasia al documentario, la realtà alla trasfigurazione poetica che la danza può donare a chi le resta fedele nel tempo.
Filosofico e astratto, il cortissimo svedese Beware of Time (1’ 20’’), diretto da Cynthia Botello nel 2015, vede due donne danzare su un luogo di rovina e trasformazione, un cantiere aperto dove il lavorio incessante di una ruspa è metafora del tempo che scorre e rigenera la realtà. Virato in tinte seppia dove le stesse figure femminili coinvolte si spartiscono, negli abiti e nel colore della pelle, tonalità chiare e scure, il film rincorre la consapevolezza dell’istante più effimero, riconducendola a motivo della stessa performance.
The Birch Grove (20’ 10’’), della statunitense Gabrielle Lansner, è un film del 2015 che, partendo da uno spunto letterario, mette in scena in forma romanzesca la relazione di due fratelli in aperto conflitto e il percorso che li potrebbe condurre a un’agognata riconciliazione. Un lavoro di ampio respiro scenografico, riconosciuto a livello mondiale, dove la danza dei corpi si intreccia alla voce narrante fuori campo restituendo l’epopea, ben nota anche al cinema, delle dinamiche familiari.
Infine – ma la disamina delle opere finaliste a Stories We Dance continuerà nei prossimi giorni – il film tedesco di Filipe Frozza e Ulrike Flämig, Disruptions (4’ 55’’), prodotto nel 2015 e ricorrente in moltissime selezioni dell’ultimo anno: ambientato in Palestina davanti al muro che separa la regione dallo Stato di Israele, il film racconta la tentata performance di una danzatrice in un territorio dove la realtà è più forte di ogni possibile messinscena, e la videocamera deve accettare di abitare un conflittuale teatro dell’imprevisto: il film si può fare, o è destinato a interrompersi?